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02 Antropologia E Nazionalismo

Il nazionalismo dal punto di vista dei nativi . Breve rassegna su cosa sia il nazionalismo e sui tentativi di spiegarlo

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Piero Vereni - Materiali per il modulo di Antropologia delle Istituzioni 2006-2007 opposizione tra tradizione e modernità (un’opposizione in buona parte costruita proprio dall’analisi degli scienziati sociali), né raccontare come i diversi studiosi hanno articolato la specificità del nazionalismo entro il processo di modernizzazione. Ci limiteremo invece a riassumere la prospettiva del principale teorico del nazionalismo da questo punto di vista, Ernest Gellner, perché in essa troveremo praticamente condensati molti punti della teoria della modernizzazione che cercheremo di valutare anche in senso critico. Gellner espose le linee fondamentali della sua teoria in un saggio del 1964, ma rielaborò estesamente questa posizione in un volume pubblicato nel 1983 e intitolato Nazioni e nazionalismo. In questo libro il nazionalismo è “spiegato” nelle sue cause economiche e nelle sue conseguenze sociali partendo dalla premessa che si può individuare un vero e proprio “fossato”, cioè una differenza radicale, tra le società agrarie e le moderne società industriali. Secondo Gellner, la differenza fondamentale è costituita dalla relativa “mobilità” dei membri di questi due tipi di società: le prime infatti erano meno mobili e meno egualitarie, mentre le seconde hanno posto come caposaldo della loro ideologia la mobilità (geografica e/o sociale) dei singoli. La ragione di questa differenza dipende dal modello economico di base, che per le società moderne è quello di tipo industriale orientato alla crescita costante della produzione. Se la crescita economica è un obiettivo considerato necessario dalle società moderne, e può essere raggiunto solo con l’industrializzazione, ne consegue che questo tipo di società dovranno essere (almeno in linea teorica) estremamente flessibili dal punto di vista sociale: nuove fonti di crescita economica devono essere individuate e sfruttate nel più breve tempo possibile, nuova forza lavoro deve essere disponibile in tempi brevi per essere riallocata nei contesti più favorevoli (se si scopre un giacimento minerario in una regione periferica e poco abitata, bisogna che gli operai si spostino da altre zone), e in generale la popolazione deve essere in grado di muoversi da un posto all’altro al fine di massimizzare la crescita. Nelle società moderne non è necessario (e anzi spesso svantaggioso) che ognuno vada a fare lo stesso lavoro dei genitori, e i singoli saranno invece aperti al mutamento e a nuove prospettive, completamente sconosciute alla generazione precedente. Gellner propone un’interessante metafora per esemplificare questo collegamento tra modernizzazione e mobilità: Se la crescita cognitiva presuppone che nessun elemento sia indissolubilmente legato a priori a qualunque altro, e che ogni cosa sia passibile di ripensamento, la crescita economica e produttiva pretende esattamente lo stesso tipo di atteggiamento per le attività umane e quindi per i diversi ruoli che gli uomini possono occupare. I ruoli diventano cioè opzionali e strumentali. La vecchia stabilità della struttura sociale basata sui ruoli è semplicemente incompatibile con la crescita e l’innovazione. Innovazione significa fare nuove cose, i cui confini non possono essere gli stessi delle attività che vengono rimpiazzate. Senza dubbio la maggior parte delle società possono affrontare un riposizionamento occasionale del sistema lavorativo e delle strutture corporative, così come una squadra di calcio può sperimentare all’occasione diverse formazioni pur mantenendo una continuità di fondo. In questo senso, un singolo mutamento non produce progresso. Ma cosa succede quando i mutamenti stessi diventano costanti e continui, quando la stessa condizione di mutamento occupazionale diventa in sostanza il tratto persistente di un ordine sociale? Se si trova una risposa a questa domanda, gran parte del problema del nazionalismo trova una sua soluzione. Secondo Gellner, il nazionalismo è il miglior supporto ideologico alla modernizzazione, e un supporto praticamente necessario. Se l’obiettivo da conseguire è la crescita economica, e questa è raggiungibile solo grazie alla mobilità sociale e geografica degli individui, quegli stessi individui devono essere in grado di adattarsi a condizioni di produzione in costante mutamento. Per poter essere in grado di gestire questa mutevolezza di condizioni e di contesti produttivi, i soggetti devono necessariamente condividere un corpus comune di conoscenze e di valori. Il nazionalismo, facendo credere alle persone di avere in comune dei valori e una cultura, in pratica le dota di quegli elementi culturali, rendendo così possibile la creazione del cittadino moderno, flessibile e uniformato, che costituisce lo strumento fondamentale del processo di modernizzazione. Se cioè lo stato moderno ha bisogno di operai pronti a spostarsi su tutto il territorio nazionale, di burocrati impegnati nella razionalizzazione della produzione, di tecnici in grado di proporre soluzioni produttive omogenee e quindi vantaggiose economicamente, sarà necessario che quegli operai, quei burocrati e quei tecnici condividano, ad esempio, un’unica lingua. In questo modo, un manuale di istruzioni per una nuova pala meccanica potrà essere letto dagli operai ovunque si trovino. Un medesimo ciclo produttivo potrà essere riprodotto in differenti contesti, e quindi sarà necessario che i diversi addetti condividano una serie di informazioni di base che rendano apprendibile quel ciclo produttivo ovunque lo si voglia realizzare. In pratica, dice Gellner, il nazionalismodice ai singoli che fanno parte di una solida comunità di valori e di cultura, ma in questo modore n de le persone disponibili ad accettare moltissime novità (imparare a leggere e scrivere, imparare a riconoscere un insieme di valori e simboli) necessarie al contesto economico e chepro d u c o n o4