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Antro Polo Gia

riassunto

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CAPITOLO 1 : LO STUDIO DELLE DIVERSITà L’antropologia è la disciplina che studia le somiglianze e le diversità della specie umana,la quale è composta da individui uguali ma ognuno un pò diverso dall’altro. L’oscillazione tra somiglianza e diversità è parte integrante delle relazioni tra i gruppi che costituiscono l’intera l’intera società umana. Nella Nella costituzione di gruppi gruppi e alleanze tra gruppi la valorizzazione delle somiglianze ha un ruolo fondamentale,cosi come la valorizzazione delle diversità la quale permette di instaurare rapporti ostili. Tuttavia  può accadere che due gruppi siano ostili tra loro proprio per la loro forte somiglianza so miglianza o che si accordino più facilmente per la loro diversità e quindi complementarità. Le diversità e le somiglianze costituiscono il tema principale dell’interesse antropologico. Questa stessa disciplina,nata e sviluppatasi nei nei paesi occidentali tra il XIX e XX secolo,grazie alle conquiste coloniali che questi hanno compiuto. E’ solo dopo la II Guerra mondiale e la conquista d’indipendenza da parte dei popoli prima colonizzati che comincia a svilupparsi un’antropologia autonoma,locale,chiamata “dei nativi”. Il termine stesso “antropologia” deriva dal greco e significa studio dell’uomo che in tal caso non sta per singolo individuo,ma per tutta l’umanità. Essa nasce dalla constatazione che la specie umana è una specie sociale,ovvero gli esseri umani che la compongono non vivono se non in società,relazionandosi con gli altri. Gli oggetti di studio dell’antropologia sono proprio le relazione che intercorreìono tra gli individui e che li tiene insieme,le strutture sociali ovvero i sistemi di relazioni,i fatti sociali quindi il loro funzionamento e le persistenze e i mutamenti che strutture e fatti sociali  presentano. I punti di discussione,riguardanti la specie umana,nell’ambito antropologico sono stati due: quali requisiti distinguono gli esseri umani dagli altri esseri viventi; e quali requisiti hanno gli esseri umani appartenenti a ai gruppi umani. Uno dei requisiti,nell’antichità, considerato l’elemento l’elemento essenziale per appartenere alla alla specie umana era il “possesso dell’anima”. Nei primi secoli del cristianesimo ci si chiese se le donne fossero in posesso di un’anima;ciononostante non era della stessa qualità di quella maschile per questo vennero escluse dal sacerdozio. Quando fu scoperta l’America gli studiosi europei si chiesero se gli abitani del Nuovo Mondo fossero  provvisti di anima, e per svilupparla al pieno avrebbero dovuto convertirsi convertirs i al cristianesimo. Gli abitanti della Melanesia, furono ritenuti senz’anima per la loro  pelle scura così come portatori di menomazioni congenite conge nite o inclinazioni sessuali. Si  parla quindi non solo di appartenenza alla specie umana,ma anche di riconoscimento/misconoscimento poiché dei gruppi umani,per includere/escludere altri gruppi dalla specie umana, si affidano alle diversità (subumani),che qualcuno nota, e alle somiglianze(umani).L’inclusione o esclusione di gruppi rispetto altri può essere pacifica e quindi dando vita alle alleanze,o violenta se il rapporto tra i gruppi è  basato sulla violenza. La specie umana presenta capitali somiglianze come la capacità di creare relazioni, di pensare per mezzo dei concetti,di comunicare per mezzo di linguaggi verbali costituiti da parole, di adattarsi all’ambiente circostante.  Non si è diversi perche si ha una certa caratteristica, ma perché qualcuno la nota.Le diversità possono essere immutabili quando le si collega ad un fattore immutabile,che spesso proveniente da un intervento divino, da un fondamento scientifico a causa della trasmissione di caratteri ereditari scritti nel DNA. Attraverso la trasmissione di questi si costituiscono vere e proprie razze che non ereditano solo tratti somatici,anche morali;da qui la convinzione che esistano razze inferiori o superiori.Altre teorie sulla diversità possono ricondurci a fattori ambientali,secondo i quali una popolazione si addatterebbe all’ambiente in cui vive apportando cambiamenti anche ai proprio caratteri sociali,culturali e somatici. Le diversità  possono anche essere rapportate all’ambiente sociale in cui si vive, attraverso i  processi educativi e di inculturazione derivanti dall’ambiente circostante. Tuttavia la valorizzazione delle diversità e delle ostilità associati a comportamenti umani, ha dato vita al fenomeno dell’”etnocentrismo”:è il termine che designa una concezione  per la quale un gruppo è considerato il centro di ogni cosa e gli altri sono valutati in  base ad esso. E’ etnocentrismo affermare che un gruppo umane svolge una cosa in malo modo rispetto un altro, basandosi su una percezione del tutto soggettiva. L’etnocentrismo inoltre afferma che nessuna società può vivere se i suoi membri non rispettano delle regole condivise,se non aderiscono ai costumi e alle tradizioni di quella stessa società;per far si che questo accada si attua un processo di inculturazione,ovvero il processo attraverso il quale i bambini apprendono la cultura della propriasocietà,all’inizio basata sull’imitazione dei comportamenti degli adulti. Secondo l’antropologo italianoVittorio Lanternari esistono,riguardo l’inculturazione, due tipi di entocentrismo:-“attitudinale” checomprende i modi di fare,le abitudini,i sapori,i suoni e i profumi che siamo abituati a sentire durante ilnostro quotidiano,quelle azioni che svolgiamo in modo naturale;-“ideologico” che,come suggeriscel’antropologo Carlo Tullio Alcan, questo porta a limitazioni della libertà,repressione di certi desideri esacrifici e rinunce per il corretto funzionamento della società. Questo tipo di etnocentrismo può talvoltabasarsi su idee riguardanti la superiorità o inferiorità del proprio gruppo rispetto un altro;questoporterebbe a vere e  proprie teorie razziste.Per evitare queste forme violente di entocentrismo,nasce il“relativismo culturale”,ovvero quell’atteggiamento tollerante,disposto a dar spazio ad usanzestrane,garantendo la convivenza civile fra culture diverse. Il relativismo è:“cognitivo” durante il quale nonvariano solo i contenuti dei saperi riguardo le esperienze storiche,ma le stesse strutture di pensieroodierno;-“Morale”, secondo il quale nessuna azione umana può essere giudicata al di fuori del contestoculturale in cui viene compiuta. In difesa del relativismo nasce il “razzismo differenzialista” grazie al quale siafferma che ogni cultura può essere accettata,purchè resti circoscritta a coloro che ad essa appartengono. FARE ANTROPOLOGIA: in passato molti studiosi definivano l’antropologia una disciplina scientifica poichéquesta avrebbe dovuto scoprire le leggi naturali secondo le quali le realtà umane funzionano. Nel corso delXX secolo ci si è resi conto che è una disciplina ben diversa da quelle scientifiche ,piuttosto appartiene allediscipline umanistiche poiché è un’attività di ricerca,investigazione e riflessione.Essa infattiosserva,descrive,cataloga le diversità umane che riguardano la cultura,la corporeità,la riproduzione,ilsostentamento,l’insediamento umano e le relazioni tra i gruppi. Per poter comprendere al meglio letradizioni,gli usi e i costumi altrui,ogni antropologo deve confrontarsi con il proprio entocentrismo,dovendocosì sospendere i giudizi e le valutazioni proprie della cultura a cui appartiene. L’obiettivo della ricercaantropologica non è l’immedesimazione,ma la comprensione dei “diversi”,che non si raggiunge attraversol’imitazione ma attraverso il confronto.Secondo l’antropologo italiano Ernesto de Martino, confrontarsi conun’altra cultura debba mettere in discussione anche la nostra,assumendo il modo di pensare e di esserecome metro per misurare noi stessi, non dimenticando mai però la nostra origine storica (etnocentrismocritico).Un ulteriore scopo dell’antropologia è appunto di diffondere conoscenza,descrivendo le culturealtrui. CAPITOLO 3: CULTURE E PARENTELE Per molto tempo in Europa il termine cultura,oltre ad essere riferito solo al  patrimonio delle conoscenze“intellettuali”, era anche riferito solo all’élites ovvero alle persone dotate di istruzione superiore,consideraticome i “cittadini migliori” delle nazioni civili.E’ quindi chiaro che la cultura è vista come un bene acquisitograzie agli studi e non innato,visto in Francia negli anni ottocenteschi come una crescita spirituale e inGermania come un patrimonio spirituale non individuale ma appartenente all’intero popolo.Nella secondametà del XIX secolo,Edward Burnett Tylor formula una nuova definizione di cultura,visto ora da lui comel’insieme delle conoscenze,credenze,dell’arte,della morale,del diritto,costume e qualsiasi altra capacità eabitudine che l’uomo acquisisce come membro della società.Vede la cultura come un prodotto dell’attivitàumana,e non come un ideale da realizzare,dichiarandola: “universale”,propria cioè di tutte lesocietà;”appresa”,escludendo la trasmissione biologica dei tratti culturali; “sociale”,è il possesso dellacultura della propria società che ci permette di vivere nella nostra società. Per Tylor le culture come lesocietà sono soggette all’evoluzione e proprio situarsi a livelli diversi del percorso evolutivo,spiega ladiversità tra le culture.  Nei primi vent’anni del XX secolo,nasce una concezione evoluzionistica della cultura riguardo la ricercaantropologica.Fondatore di questo indirizzo fu l’antropologo tedesco Franz Boas,trasferitosi poi negli StatiUniti, sviluppato da alcuni suoi allievi tra cui Alfred Louis Kroeber.Ora la cultura viene concepita come unarealtà mentale che ha la sua sede nella mente di ogni uomo,ed è un modo di vedere,concepire,giudicare ilmondo.E’ l’insieme delle conoscenze (tutto ciò che si sa) e dei valori (i principi che orientano scelte ecomportamenti) ed è definita una realtà sociale poiché,appunto,da forma ai comportamenti umani.Secondo un’altra allieva di Boas,Margaret Mead, l’idea di cultura come realtà mentale,se estremizzata  può portare alla collocazione delle culture al di sopra dei comportamenti umani,come se fossero le culture adeterminare gli uomini. Tuttavia,anche se la loro definizione è in mutamento,ogni cultura ha delle strutture in comune: tuttepresentano una lingua,una concezione del tempo e dello spazio e una struttura di idee riguardantil’esistenza della specie umana. LINGUA. Tutti gli esseri umani sono in grado parlare una o più lingue;prima però devono impararle.Questo potere è un fenomeno universale in quanto non c’è essere umano che non parla una lingua ocultura che non abbia la propria;è poi un fenomeno  particolare poiché le lingue sono tutte diverse l’unadall’altra. La lingua ha una caratteristica fondamentale:è simbolica,ovvero ci consente di usare parole  peridentificare oggetti attraverso i suoni, ci offre i verbi che permettono di pensare e direazioni,avverbi,aggettivi,ed è ricca di regole grammaticali grazie alle quali è  possibile formulare con estremaprecisioneciò che si vuol dire e pensare.Senza la lingua,il pensiero inteso come attività complessa dellamente umana,lo scambio di messaggi,non sarebbe chiaro.Questa però non è solo parlata,ma anchescritta:le prime forme di scrittura si basavano su piccole figure (pittogrammi).Nel corso dell’evoluzioneumana si è passati ai geroglifici (antico Egitto), ai glifi (aztechi), agli ideogrammi (Cina).La scrittura che più siavvicina a quella alfabetica è quella cuneiforme (Mesopotamia),inventata dai Fenici intorno alla metà del IIMillennio a.C. oltre quella parlata e quella scritta, il linguaggio è esprimibile anche attravarso i gesti,leposture,le acconciature, le decorazioni del corpo,gli abiti e i gioielli indossati. TEMPO. In natura,in realtà,non esistono tempo e spazio,esiste l’alternarsi della luce solare e il ciclo dellestagioni, fenomeni denominati “discontuinità tra corpi solidi”;questa ha dei riscontri diretti sugli esseriumani (veglia/sonno/attività/riposo).Inoltre gli esseri umani intrerpretano questo fenomeno come uninsieme di usi sociali che determinano così un tempo sociale, ovvero un tempo regolamentato sulla base didistinzioni tra tempi diversi (ore,stagioni) destinato quindi ad attività diverse.Anticamente il tempo socialeveniva distinto in tempo sacro (riservato ai rapporti con il soprannaturale), e il tempo profano (destinatoalle altre attività).Vi sono inoltre tempi permessi e proibiti,nei quali certe categorie di  persone possono/nonpossono svolgere delle attività.L’invenzione dei calendari poi stabilirono un’altra distinzione tra i tempi: ciclico (è il tempo degl eventi che tornano), e lineare (è il tempo che passa e non torna).Vi è infine il tempomitico, quello in cui accade l’evento unico,quello a partire dal quale “tutto è cominciato”. Il rapporto della specie umana con la discontuinità dei corpi è legato anche alla struttura del corpo umano,che grazie alla posizione eretta e alla rotazione su noi stessi,può costruirci una visone a 360° dello spazioche ci circonda.Anche nell’organizzazione dello spazio incontriamo opposizioni tra spazio sacro eprofano,tra spazi accessibili e proibiti.Talvolta, lil controllo degli spazi è più efficace di quello deltempo,poiché quello comporta la reclusione,conosciuta come una pratica punitiva in tutte le culture, o puòaddirittura significare la valorizzazione dell’eccezionalità di una o più persone. Al di là di queste diversità,tutte le culture presentano tutte un insieme di idee relative a come è fatto ilmondo.Questo può esser dato dalla comune esperienza umana degli esseri viventi in quanto consapevoli diessere destinati alla morte.Probabilmente  proprio per fare i conti con la prospettiva della fine che sicostruiscono storie sulla nascita del mondo.A queste storie si da il nome di cosmogonie (modo di nasceredal cosmo).Queste hanno delle particolarità in comune:si parte da una condizione caotica o da unacreazione da parte dell’artefice o dal demiurgo,cioè un produttore di ordine incaricato dal creatore che oraresta sullo sfondo.A lavoro finito gli artefici del cosmo abbandonano il modo per ritornare da dove sonovenuti,prevedendo però il suo ritorno in casi di aiuto,punizione,modifica dei destini individuali e collettivi. La cosmogonia pone le basi della cosmologia (conoscenza del cosmo),ovvero la narrazione di come ilmondo è e di come gli esseri umani stanno nel mondo.Alla cosmogonia-cosmologia, si aggiungono altrenarrazioni costruendo il patrimonio mitico di un gruppo umano.I miti di un popolo si collegano strettaenteai riti che comprendono la celebrazione e quindi l’attualizzazione dei miti,mettendo in scena la storia chenel mito è narrata. L’insieme dei miti e dei riti danno vita alla religione di un popolo;queste sonocaratterizzate anche dalla fede nell’esistenza del soprannaturale (potere che va oltre i limiti dell’agire umano e agisce là dove l’agisce umano è impotente) e della salvezza (avviene grazie all’intervento delsovrannaturale e le pratiche buone dei credenti,è intesa come salvezza dal male). Secondo gli antropologi vi sono diverse forme di  potere soprannaturale,formulate in base alle credenze deicredenti: ANIMISMO (il soprannaturale è presente in forma di anima in tutte le realtàesistenti,persone,animali,fiumi,alberi,e così via. Le anime non muoiono e costituiscono un secondo mondoa cui si accede per emzzo di sogni o visioni); CULTI DEGLI ANTENATI (visti come depositari di poteri che gliesseri viventi non hanno.Sono pensati in un luogo inaccessibile dove si trovano anche i bambini ancora nonnati,e da lì inviano agli esseri umani eventi e vicende); TOTEMISMO (il potere appartiene al totem,il quale èun elemento della natura,ma anche un antenato mitico del clan,ed è fonte di protezione o di rigideproibizioni dette tabù. L’analisi antropologica delle religioni è complicata dalla presenza delle pratiche magiche.La magia èl’insieme delle pratiche cerimoniali ritualizzate il cui scopo è catturare e controllare il poteresoprannaturale per farlo operare a vantaggio di chi lo ha catturato.Sono quindi protettive contro i mali e ledisgrazie,attraverso la recitazione di una formula indossato un amuleto e compiendo determinati gestievitandone altri.Esiste poi la magia riparatrice,quella che libera chi è vittima di un maleficio,chi si ammala.Nella cultura occidentale ha ruolo importante la pratica del malocchio: qualcuno cattura il potere negativoche è nell’aria e lo getta sulla vittima. Vi è infine la magia nera, praticata per far danno a qualcuno o perridurlo in proprio potere attraverso una fattura. Vi sono inoltre figuri di guaritori e di interrogatori dimorti,o si parla di adorcismi,l’opposto degli esorcismi,cioè pratiche di evocazione degli spiriti perchéentrino in chi li evoca. Anche se entrambe presentano credenze nel soprannaturale,la magia e la religionesono opposte poiché la prima riguarda il  presente e le cose materiali,mentre la seconda un futuroultramondano e di ordine spirituale. Secondo l’antropologo italiano Ernesto de Martino gli esseri umaninon “sono nel mondo” come un qualsiasi oggetto naturale,ma “ci sono”,coscienti di esserci.La presenzaumana è però spesso minacciata da circostanze che possono metterla in crisi,la quale si manifesta intremore,ansia,depressione e violenza.Secondo de Martino la magia è quel bene culturale elaborato dagliesseri umani per risolvere la crisi della presenza e la ripetizione del rito destorifica la crisi e la causa che l’haprodotta. RIPRODUZIONE. Tutte le specie viventi sostituiscono un defunto con nuovi individui,con neo-nati,cosi damantenere integro il gruppo.Per far avvenire ciò due individui di sesso diverso,grazie alla riproduzionesessuata,concepiscono un  bambino.Quando questo è maturo per la nascita avviene il parto,il quale segna laconclusione di una fase e l’inizio di un altro problematico periodo.Ora l’essere umano appena nato èinetto,incapace di compiere delle azioni che non siano respirare,urlare e succhiare ed ha bisgono diqualcuno che si prenda cura di lui.La specificità della specie umana sta nella lunghezza del temponecessario affinchè il neo-nato diventi adulto,affinchè diventi atto a sopravvivere.La lunghezza del tempo dicrescita è determinata dalla sostituzione del comportamento governato dall’istinto con il comportamentogovernato dalla cultura,la quale permette l’aumento dell’efficienza delle prestazioni e soprattuttol’inserimento nella società del soggetto.Questo avviene gradualmente poiché il comportamento umano èsociale in quanto culturalmente regolato. Per compiere varie azioni durante la crescita,come appuntol’ingresso alla società,si ha bisogno della PARENTELA,cotituita da più individui di comune discendenza,conun legame matrimoniale o di affinità. Perché due umani si riconoscano parenti si ha bisogno di unsegno,una caratteristica fisica,il  possesso di un oggetto rivelatore o la testimonianza di qualcuno dicredibile. L’esempio di parentela per antonomasia è la FAMIGLIA NUCLEARE (uomo,donna,prolediscendente dal padre e della madre), che è l’elemento base della costituzione della società. Le più antichestrutture di parentela prendevano in considerazione solo una linea di discendenza,femminile(DISCENDENZA MATRILINEARE) o maschile (DISCENDENZA PATRILINEARE). Quando l’appartenenza siattribuisce ad una sola delle due discendenze,al gruppo di persone da cui la prole discende si darà il nomedi LIGNAGGIO (PATRILIGNAGGIO/MATRILIGNAGGIO). Dal principio l’appartenenza era riconosciuta in viamaterna poiché era il padre arecarsi fuori dal proprio lignaggio per sposare una donna di un altro lignaggio.La forma di accoppiamento proibita in tutte le culture è però l’incesto:l’accoppiamento tra consanguinei,dicui la violazione comporta sanzioni molto gravi. Questa proibizione ha spiegazioni di tipo  biologico,definizione però inaccettabile poiché questi non farebbero altro che rafforzare i caratteri comuni ai due coniugi.Resta il fatto che gli incesti accadono ben  più spesso di quanto non si voglia ammettere,anche sepuniti. Secondo lo studioso contemporaneo delle strutture di parentela Claude Levi-Strauss,questo avvienepoiché se ad un maschio è vietato di accoppiarsi con una donna del suo gruppo,è costretto a cercare unadonna esterna al suo gruppo;intanto la prima donna si concede ad un uomo esterno al suo gruppo creandocosì rapporti parentali di affinità. … (LA CONDIZIONE FEMMINILE). Secondo Levi-Strauss,sono gli uomini a scambiare le donne e non viceversapoiché nella vita quotidiana i maschi avrebbero giocato un ruolo attivo e creativo,creando appunto laproibizione e la regola,lo scambio e la parentela, mentre le donne un ruolo passivo. Nel passato come nelpresente,le donne hanno meno libertà e potere persino per decidere autonomamente della propria vita.Apartire dal XIX e XX secolo ci furono molti movimenti femministi intenti non a rovesciare la loro situazionesociale,quanto meno a rendere la donna rispettabile. … Alla pratica dello sposarsi fuori dal proprio lignaggio si da il nome di ESOGAMIA,mentre alla pratica disposarsi dentro al proprio lignaggio,Endogamia. Inoltre,nelle società tradizionali,i matrimonio venivanoprogrammati dai genitori degli sposi o dagli anziani del lignaggio,il cui obiettvo non era garantire la serenitàdegli sposi,quanto avviare transazioni economiche tra le due famiglie attraverso la trattazione delladote,ovvero di un insieme di beni appartenenti alla sposa o allo sposo. In occidente i patti matrimoniali imponevano che lo sposo “portasse nel matrimonio” la casa, e la sposa i mobili, le suppellettili e il corredo. Il matrimonio monogamico (tra due persone) non è l’unico tipo di matrimonio esistente:vi è anche quellopoligamico,vale a dire il matrimonio di una persona di un sesso con più persone dell’altro sesso.Questo sidistingue a sua volta in poliginico (uomo con più donne) e poliandrico (donna con più uomini). E’abbastanza diffusa nel passato anche la teoria della DOPPIA MORALE SESSUALE, ovvero l’imposizione alladonna della verginità prematrimoniale e la fedeltà coniugale assoluta. Oltre al matrimonio poliginico esisteperò anche il concubinato,ovvero il legame pubblico dell’uomo con una o più donne che non sono mogli.Inoltre in molte società vigeva l’obblico del LEVIRATO,quindi l’obbligo per una donna di sposare il fratellodel defunto marito,o in India esisteva l’obbligo del SATI,durante il quale la vedova doveva lasciarsi bruciaresulla pira funeraria del defunto marito poiché una donna sola era un elemento di disordine nella vitasociale.  Nell’Europa medioevale,vennero create delle istituzioni-rifugio per le vedove ,come iconventi,dove potevano monacarsi o rifugiarsi. Un altro matrimonio praticato è quello INFANTILE,ciòcomporta il matrimonio tra bambine ancora molto piccole e uomini già adulti . Durate il processo di inculturazione assumono notevole importanza anche alcuni riti che definiscono letappe della crescita sociale e culturale;questi sono chiamati riti di iniziazione e sanciscono il passaggiodall’età adolescenziale a quella adulta costituiti in genere da alcune prove fisiche e psichiche,superando igiovani diventano adulti a  pieno titolo e soprattutto riconosciuti come tali dalla società. WOMEN’ STUDIES. Le ricerche antropologiche hanno posto in evidenza che il rapporto tra sesso e generevaria a seconda delle aree geografiche,delle società e soprattutto delle culture d’appartenenza.Adevindenziare questo particolare aspetto fu l’antropologa inglese Margaret Mead,la quale fu la primaantropologa a porre al centro della sua ricerca sul campo le differenze tra sessi,affermando con convinzioneche le differenze maschili e femminili non dipendono da questioni fisiologiche e biologiche,bensì da icondizionamenti culturali delle società di appartenenza.A lei si affiancano anche antropologhefemministe,e si darà vita a quelli che sono i Women’studies,settore di studi che sottolinea come in ogniambito del sapere non siano state considerate né la presenza né il pensiero delle donne,ora pronte adavviare studi specifici. Importante diventa perciò contrastare il pregiudizio degli uomini. CAPITOLO 6. LA RICERCA ANTROPOLOGICA La ricerca antropologica si identifica con la ricerca sul campo,ovvero una spedizione in terrelontane,un’avventura intellettuale ed un’esperienza di allargamento dei nostri orizzonti culturali,col fine dicomparare,interpretare e riflettere riguardo culture “altre”. Questo lavoro richiede curiosità intellettuale esoprattutto la sospensione del  proprio giudizio,ovvero evitare di anteporre la propria valutazione,comprendendo il comportamento di coloro che praticano un determinato comportamentosenza trasformarlo in un pregiudizio. La ricerca antropologica parte da ipotesi teoriche e va in cerca di loroconferme,smentite e sviluppi. Uno strumento fondamentale per attuare ciò è l’uso dell’approccio olistico ,ovvero studiare tutti gli aspetti salienti della vita di un popolo. Un tratto fondamentale della ricercaantropologica è sicuramente il PUNTO DI VISTA DEI NATIVI :osservando i membri di un gruppo possiamovedere con precisione le attività che loro svolgono,ma non si avrà mai un’informazione diretta sul valoreche il loro agire ha per loro stessi. Spesso,i soggetti inculturati,non sono però coscienti del loro modo diagire e lo considerano un fatto naturale e non culturale. La fase fondamentale della ricerca antropologica èil soggiorno sul campo; questo non deve essere di durata breve per  poter osservare,interrogarsi e ascoltarei membri del gruppo e il loro contorno sociale (sistema economico,politico,insediativo). Inoltrel’antropologo deve avvalersi di un’ottima conoscenza della lingua locale,immergendosi totalmente nellacultura studiata;però la padronanza totale della lingua dei nativi è difficile da raggiungere così bisogna averpazienza,far ricorso alla curiosità,domande e un attento ascolto. Calandosi nella cultura“altra”,l’antropologo diventa uno di loro ma senza però insistenza,bensì attendendo di essere ben accettoda tutti ed evitando coinvolgimenti affetti estremizzati. Il lavoro sul campo pone all’antropologo anche unasfida intellettuale,poiché,secondo Ernesto de Martino,quando l’antropologo studia una cultura “aliena” ,nelmomento stesso in cui lui osserva deve dare un nome a ciò che osserva ,ma è inevitabile che lui dia deinomi che appartengono alla propria cultura e non a quella dei nativi.Per questo,secondo l’antropologo deMartino,è necessario adottare come metodo l’ETNOCENTRISMO CRITICO, il quale consiste nel considerare icomportamenti “alieni” che si osservano non come stravaganze affascinanti,ma come manifestazioni di“strana” gente,primitiva e non civile.Questa definizione può però portare l’antropologo a restareinsconsapevolmente dentro il  proprio etnocentrismo non superando la difficoltà di comprendere i concettidei nativi. Per compiere,quindi,la ricerca antropologica, è necessario seguire uno schema lineare,avendo prontezzaperò nell’adattarsi alle varie circostanze.La prima decisione da prendere è il TEMA che si intendestudiare,con la conseguente scelta dell’area,del territorio in cui studiarlo.A questo punto è necessarioconstatare gli eventuali vincoli temporali e di calendario così da permettere la buona riuscita della ricerca.Ilpasso successivo è quello di individuare un PROBLEMA TEORICO, un fenomeno che il ricercatore intendeaffrontare nella sua ricerca senza però soffermarsi troppo su questo escludendo l’insieme. LE REGOLE GENERALI DEL LAVORO SUL CAMPO: presentarsi per quello che si è,senza occultarenulla,essendo chiari per non compromettere la fiducia e la disposizione a collaborare del gruppostudiato;evitare di esprimere proprie opinioni troppo nette sulla politica,religione,regole morali così da nonriscontrare oppositori e non perdere la confidenza altrui:il rapporto ideale sarebbe di una cordialeequidistanza/equivicinanza con tutti. GLI STRUMENTI DEL LAVORO SUL CAMPO: Il primo è il taccuino,dove verranno segnatiorari,luoghi,nomi,note che andranno a comporre poi le note di campo,redatte la sera con tutti i particolarisegnati nel taccuino e sviluppati ora.Quì scrive tutto ciò che ha visto ed udito,rifletterà sulle somiglianze edifferenze con la  propria cultura e sulle ragione e funzioni dei comportamenti dei nativi a cui ha assistito.Con più note si formerà il diario della ricerca. La parte fondamentale del lavoro sul campo è venire a conoscenza del modo di  pensare dei nativi;uno deimetodi per far avvenire ciò è intervistare i membri del gruppo,ponendo loro delle domande formulate in unquestionario e magari estraendo dal gruppo un campione rappresentativo dell’intero gruppo. Fare ricerca in città pone all’antropologo problemi.Questo accade poiché qui spetta all’antropologo laresponsabilità di definire il suo territorio di ricerca,con la consapevolezza che nessuno spende la propriavita in un solo luogo a causa del lavoro,della vita privata,delle attività svolte.Tuttavia si è sviluppata daqualche decennio l’ANTROPOLOGIA URBANA E METROPOLITANA. Terminata la ricerca sul campo,ritornati a casa bisogna interrogare il materiale acquisito,formulando ipotesie dando libero sfogo alla propria interiorità avendo conosciuto,visto in prima persona quello di cui ha scritto.Ora l’antropologo avrà la responsabilità di scrivere e trasmettere nel migliore dei modi quello che haacquisito,decidendo lui stesso come “presentare in pubblico” i nativi studiati. CAPITOLO 8 FRANZ BOAS: è il fondatore dell’antropologia culturale statunitense.Tedesco per nascita ed educazione,sitrasferisce negli Stati Uniti in seguito ad un progetto di studio sugli indiani della costa del Canada dove fuprofessore della Columbia University di  New York. Durante le sue prime spedizioni esplorative il suo ruoloera di geografo, nel tempo però i suoi interessi si spostarono dallo studio dell’ambiente fisico a quello dellopopolazioni. Questa miscela di interessi per i i gruppi umani e l’ambiente naturale portò alla formazione diuna sua precisa teoria:per Boas ciascuna cultura è una realtà specifica prodotta da una specifica vicendastorica in rapporto a uno specifico ambiente geografico;questo fa di ogni cultura una realta integratapoiché tutti gli elementi che la compongono sono in relazione con tutti gli altri. Inolte Marvin Harrisdefinisce la concezione mentalistica di Boas come “particolarismo storico”.Secondo Boas inoltre le culturesono apprese e non innate,non esiste alcuna forma di ereditarietà culturale ma è l’ambiente culturale chedetermina l’apprendimento di una cultura,persino la trasmissione dei caratteri somatici dai genitori ai figlipoteva modificarsi sotto l’azione dell’ambiente.Secondo uno degli allievi di Boas, Alfred Kroeber,la cultura èper sua natura superorganica,ovvero che l’insieme dei fenomeni culturali costituisce un livello di fenomeniumani specifico;inoltre essa determina i modi di pensare e di agire e si  produce per mezzo di fatti culturali. In seguito alla guerra fredda (contrapposizione tra Usa e Urss),i governi degli Stati Uniti premevano suglistudiosi col fine che questo orientassero le loro ricerche secondo ipotesi “anticomuniste” (DETERMINISMOCULTURALE) fino agli anni ’70,rafforzando così la teoria boasiani che rilevava che le strutture psichiche degliesseri umani sono modellate dall’ambiente culturale in cui vivono.Questa teoria fu portata avanti daun’allieva di Boas,Ruth Benedict la quale affermava che ogni nazione imponeva modi di essere al propriopopolo, un modo di reagire tipico degli appartenenti ad una determinata nazione, concetto definito poi“personalità di base” da Ralph Linton. BRONISLAW MALINOWSKI:è la figura che più ha saputo dar valore alla ricerca sul campo.Passa quattroanni in Australia duranti i quali organizza tre spedizioni,e  proprio qui,nelle isole Trobriand (Melanesia)concentra la sua ricerca sul lavoro sul campo.Egli apprende la lingua nativa vivendo fianco a fianco con lapopolazione studiata,osserva i comportamenti quotidiani dei nativi,i loro rituali e ascolta miti eleggende.E’,insieme a Radcliffe-Brown, il fondatore del FUNZIONALISMO:tutte le parti di ogni società e ognicultura sono collegate tra loro e allo stesso tempo complementari. I diari di Malinowski pubblicatipostumi,ci fanno capire che aveva una personalità più tormentata e il lavoro sul campo non era semplicecome appariva  poiché i sentimenti verso i nativi non erano sempre positivi. Secondo l’antropologo Levi-Strauss invece il lavoro sul campo era un’attività complessa nella qualeprevalgono momenti di stanchezza e irritazione.Lui infatti si concentrò sulla rilettura e risistemazioneteorica dei dati entografici poiché credeva che il compito dell’antropologia fosse studiare l’infrastrutturainconscia dei fenomeni e non i fenomeni stessi. IL LAVORO DI DE MARTINO: L’Èquipe. De Martino svolge le sue ricerche sul campo affindosi ad una èquipecomposta dal direttore scientifico a cui spetta l’individuazione del problema e la costruzione dell’ipotesi acui il lavoro è finalizzato;inoltre si serve di intervistatori,fotografi, e chiunque fosse in grande di esplorarearchivi e biblioteche;lo accompagnano inoltre medici,psicologi,psichiatri,sociologi e antropologi,capaci diaffrontare scientificamente i contenuti delle interpretazioni avanzate. Durante il Settecento,con il tramonto dell’Ancien Régime,vengono portate vie le antiche tradizionipreesistenti. Questa nostalgia quindi induce negli studiosi l’ansia di studiare quelle culture in via diestinzione. Nasce così lo studio del FOLKLORE (cultura popolare) in Inghilterra con la rivoluzioneindustriale.Al folklore inizialmente si interessano gli antiquari,ovvero gli studiosi delle tradizioni delpopolo.Infatti fu l’antiquario inglese William Thoms a creare il termine folklore inteso come sapere delpopolo.Questo filone si sviluppa anche riguardo le tradizioni francesi e italiane,solo col romanticismo inGermania,il quale proproneva un rovesciamento dei valori:natura contro cultura,esaltando lapassione,l’emozione e la fantasia. La situazione cambia con l’avvent del Positivismo,di cui gli esponenti nonsi sentono letterati come i romantici,ma scienziati. Uno dei grandi esponenti del folklore è Giuseppe Pitrè,ilquale non si occupa solo di canti e fiabe ma documenta la cultura tradizionale siciliana(proverbi,indovinelli,giochi,spettacoli).