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Geosinonimi

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  stiche del sociale. Tra questi figura la geolinguistica variazio-nale, definita da H. Thun, uno dei suoi promotori, una «scienzadella variazione» in quanto implica l’estensione dei tradizionaliparametri diatopici, mediante l’inclusione di nuove dimensionidella variazione derivate dall’analisi delle dinamiche sociolin-guistiche proprie dell’ambiente urbano per analizzare la va-riabilità linguistica su più livelli, messi in relazione tra loro.L’ampiezza dell’orizzonte teorico prospettato da Thun simanifesta con chiarezza nell’impianto progettuale pluridimen-sionale dell’  Atlas Lingüístico Diatópico y Diastrático del Uru- guay (ADDU), dove sono prese in considerazione, oltre alle di-mensioni diatopica, diastratica e diafasica ( ➔ variazione dia-topica ; ➔ variazione diastratica ; ➔ variazione diafasica ), al-tre cinque dimensioni della variazione, correlate le une alle al-tre. Nello specifico, la dimensione dialinguale considera le di-namiche di competizione tra i due sistemi linguistici in contattoportati dai conquistatori, vale a dire spagnolo e portoghese;quella diatopico-cinetica è correlata all’opposizione tra parlantiappartenenti a gruppi relativamente stabili nel territorio e al-tri caratterizzati da una più elevata mobilità; quelle diasessuale e diagenerazionale considerano i fenomeni di variazione lin-guistica connessi rispettivamente al sesso dei parlanti e alla loroetà; quella diareferenziale si riferisce alla differenza tra la rap-presentazione metalinguistica della lingua, ricavabile dai com-menti degli informatori, e il suo impiego corrente. Questa mol-tiplicazione delle prospettive porta certamente a una com-prensione più approfondita della distribuzione degli elementilinguistici nello spazio geografico e sociale, anche se la termi-nologia utilizzata non sempre risulta convincente.Un altro modello teorico attento alla pluridimensionalità èquello concepito da Th. Krefeld allo scopo di rappresentare lanatura complessa dello spazio linguistico, in cui la spazialitàdella lingua si intreccia con quella del parlante, vale a dire con itratti collegati alla sua provenienza e al suo grado di mobilità, econ la spazialità del parlare, ovvero con i condizionamenti deri-vanti dalla posizione reciproca dei locutori. Vanno parimenti se-gnalate le riflessioni teoriche di G. Ruffino e M. D’Agostino ma-turate intorno alla progettazione dell’  Atlante Linguistico dellaSicilia , secondo cui la variazione linguistica risulta strettamentecorrelata alle dinamiche socioeconomiche e urbane della regionesiciliana. L’analisi geolinguistica viene invece a combinarsi conla matematica e la statistica nella corrente dialettometrica, inau-gurata da J. Séguy intorno al 1975 e sviluppata, con l’ausilio dimoderni strumenti informatici, dal linguista austriaco H. Goebl,finalizzata alla misurazione e alla cartografazione della distanzastrutturale tra dialetti sulla scorta dei materiali reperibili sullecarte degli atlanti linguistici, con l’intento di abbracciare la va-riabilità dei dati degli atlanti in una prospettiva globale. Il me-todo di analisi elaborato consente, con l’applicazione di formulematematiche, di passare da un enorme numero di singoli datiqualitativi a un numero molto più ridotto di classi, gruppi o fa-miglie dialettali e di misurarne la distanza strutturale rispetto auna varietà presa come riferimento.Uno sviluppo recentissimo di tale filone di ricerca è rap-presentato dalla dialettometria correlativa, che studia le rela-zioni numeriche intercorrenti nello spazio tra il calo della si-milarità linguistica e la distanza chilometrica. Benché i risultatiottenuti dalle applicazioni di tale metodo all’ALF, all’AIS e al-l’  Atlantelinguistico del Ladino Dolomitico (ALD) si mostrino inalcuni casi interessanti e rivelatori, è stato tuttavia obiettato cheesso contiene un’aporia di fondo, poiché ricava informazioni ri-guardo alla struttura del sistema linguistico sulla scorta di datiricavati dagli atlanti, il cui valore è per definizione contingentee relativo. Si colloca invece in una prospettiva preminentementeonomasiologica la linea di ricerca avviata da M. Alinei conl’ideazione dell’  Atlas Linguarum Europae (ALE), un atlante les-sicale di quarta generazione, vale a dire di tipo interpretativo edi dimensione sovranazionale, comprendente lingue apparte-nenti alle sei famiglie linguistiche presenti nell’Europa geo-grafica (altaico, basco, caucasico, indoeuropeo, semitico e ura-lico). Infatti, secondo Alinei, soltanto la scelta di un orizzontepaneuropeo, ricavabile dall’esame della distribuzione spazialedei dati dialettali degli atlanti europei già pubblicati o in corsodi realizzazione, consente di far affiorare, anche tra le differenzeinterne, lo strato più profondo dell’identità culturale europea.L’aspetto più innovativo di tale indirizzo di ricerca consi-ste nella combinazione di tradizionali carte geolessicali distampo onomasiologico, contenenti le etimologie ricavabilidall’analisi formale dei materiali linguistici, con carte di tipomotivazionale, in cui figurano le motivazioni magico-religiosesottese alle forme linguistiche attestate, accompagnate da uncommento che ne spiega e ne ricostruisce le stratificazionistorico-culturali. Infatti, quando le attestazioni dialettali sirivelano ancora semanticamente trasparenti, in esse, al di làdelle loro differenze formali, si possono ravvisare relitti diantichissime credenze mitologiche e religiose precristiane, inalcune circostanze riconducibili al totemismo preistorico, non-ché i riflessi delle religioni successivamente impostesi nel-l’area considerata, ricostruendo così lo stretto legame esistentetra lingua e cultura. In tale ottica la geografia linguistica, inunione con altre discipline quali l’archeologia, la preistoria,l’etnologia, la storia delle religioni e l’antropologia culturale,diventa uno strumento euristico nodale in seno a un nuovo mo-dello di linguistica comparata, basato sul livello motivazionale,che si focalizza sull’identità o la somiglianza delle rappresen-tazioni ideologiche e culturali. Federica Cugno - Lorenzo Massobrio Studi  Bartoli, Matteo (1945), Saggi di linguistica spaziale ,Torino, Rosen-berg e Sellier.Gilliéron, Jules & Roques, Mario (1912), Études de géographie lingui-stique d’après l’Atlas linguistique de la France , Paris, Champion.Jaberg, Karl (1936),  Aspects géographiques du langage ,Parigi, Droz.Terracini, Benvenuto (1954-1955),  Aspetti geografici dei problemi delladialettologia italiana ,Parte I-II, Torino, Gheroni. geosinonimi 1.Definizione I  geosinonimi  sono parole di uso regionale ( ➔ regionalismi ) che,nelle varie parti del territorio italiano, designano uno stesso oggetto.Al pari dei ➔ sinonimi , sono quindi dotati di significato uguale eforma diversa (rispetto ai corrispondenti termini dell’ ➔ italianostandard ), ma, a differenza dei sinonimi, hanno nel territorio incui è parlata una lingua una diffusione areale limitata. 2.Criteri di distinzione e tipi Esistono vari parametri per classificare i geosinonimi. Rüegg(1956) suggerisce i criteri del raffronto con il toscano (parolatoscana opposta a parola non toscana) e della maggiore o mi-nore ‘forza’ di espansione (parola forte opposta a parola de-bole), che sono alla base delle quattro categorie individuate daSobrero (1988: 733):(a)geosinonimi toscani forti, che rivelano buona capacitàespansiva nel resto d’Italia (ad es., ciotola di contro al setten-trionale scodella e al meridionale tazza );(b)geosinonimi non toscani forti, ovvero decisamente con-correnziali rispetto ai tipi toscani corrispondenti (ad es., insipido , scipito , insulso , ecc., contro il toscano sciocco «privo di sale»);(c) geosinonimi che coesistono alla pari, ognuno in un pro-prio ambito geografico (ad es., il toscano babbo accanto al set-tentrionale  papà );(d) geosinonimi deboli, che tendono a scomparire mentreil tipo toscano si estende alle altre aree (ad es., il veneto sàn-tolo e il meridionale compare rispetto a  padrino ).Altre classificazioni hanno preferito non servirsi del con-fronto con il toscano per concentrarsi, invece, sul parametrodella forza espansiva. De Felice (1977: 110-111) parla, a taleproposito, di ‘rango’ e distingue tra:(a)geosinonimi di rango nazionale, che, adeguati nellaforma al sistema linguistico italiano, hanno un’area di diffu-sione rilevante e rispondono a reali esigenze di conoscenza, dicomunicazione e di espressione di tutta la collettività nazionale;ad es., i termini asino e somaro , pur mantenendo una connota- geosinonimi 561 561-576:Progetto Italiano 03/11/2010 16.04 Pagina 561  zione areale abbastanza precisa (settentrionale il primo, cen-trale il secondo), sono oggi da considerarsi comuni all’interodominio italiano;(b)geosinonimi di rango regionale, che, anch’essi adattatiai paradigmi fonomorfologici dell’italiano, non raggiungono nésul piano linguistico né sul piano culturale un livello d’interessenazionale; possono aversi parole interregionali (o superregio-nali) come stracco «stanco» (settentrionale),  paciugo «fango,pasticcio» (veneto e ligure),  faticare «lavorare» (meridionale),ecc., oppure propriamente regionali come  pateca «anguria»(Liguria), camiciola «maglietta» (Toscana), caciara «frastuono»(Lazio), conca «testa» (Sardegna), ecc.;(c) geosinonimi di rango dialettale, a volte difformi dal si-stema fonomorfologico dell’italiano, con un’estensione d’usoe di notorietà locali (come basana «fava», genovese; tampa «buca; osteria», piemontese;  pezzuola «fazzoletto da naso», to-scano; capa «testa», napoletano; ecc.).L’esemplificazione sarebbe in questo caso molto ampia, ve-nendo a coincidere, di fatto, con il tesoro lessicale di un dia-letto oppure a sovrapporsi, per le voci comuni a più varietà dia-lettali, alle unità interregionali sopra menzionate.Come si sarà notato, il rango, nelle intenzioni di De Felice,non deriva da una semplice stima della distribuzione statisticadei geosinonimi concorrenti, ma anche dalla loro connota-zione culturale e dalla valutazione degli usi stilistici e conte-stuali (Telmon 1994: 599-600). Proprio per questa complessitàintrinseca, la forza di espansione di un’unità lessicale è spessomultifattoriale e segue di rado una norma precisa. Alla pro-mozione di un geosinonimo contribuisce certamente il presti-gio, che è però, a sua volta, refrattario a caratterizzazionitroppo nette (Telmon 1993: 133 segg.). A un prestigio che sisuole associare ai modelli provenienti da aree dotate di pre-minenza economica e culturali, si va affiancando, sempre piùspesso, un prestigio di tenore diverso (ingl. covert prestige «prestigio nascosto»), che trae la propria spinta irradiatrice inparticolare dal medium televisivo-cinematografico.La prima accezione di prestigio è ben rappresentata dal-l’attuale prevalenza del settentrionale  formaggio sul toscano,centro-meridionale e sardo cacio , mentre la seconda trova unbuon esempio nell’affermazione passeggera, nei ricorrenti mo-menti in cui si accendono scandali per rifiuti non rimossi a Na-poli, del meridionale-romanesco (e diastraticamente marcato) monnezza a scapito dello standard immondizia .Accanto al prestigio, che è un agente di promozione tipi-camente extralinguistico, gioca spesso un ruolo la distanzastrutturale, reale o presunta, tra il dialetto che funge da sostratoper il regionalismo e il modello di riferimento generale dellalingua nazionale (Telmon 1993: 134-135). La serie geosinoni-mica relativa a ragazzo (fig. 1), ad es., induce a ipotizzare chedifficilmente il lombardo-veneto toso avrà fortuna al di fuoridel territorio regionale, mentre sorte diversa potrebbe toccare(ed è in parte già toccata) al laziale (romanesco) ragazzino , che,ascrivibile a un fondo dialettale vicino al modello italiano, giàgode di una discreta esposizione mediatica.Fig. 1 – Distribuzione dei geosinonimi di ragazzo. tosotoso,fioguaglionecaruso, picciottoragazzinobardassoquatrano Il criterio della distanza strutturale parrebbe, a prima vi-sta, favorire i geosinonimi toscani; in realtà, le parole prove-nienti da quest’area, sebbene godano ancora di un certo pre-stigio, scontano il declino della varietà toscana come modellonazionale (De Mauro 1970 2 : 166). Nota infatti D’Achille(2002: 37) che i regionalismi toscani hanno oggigiorno minorcapacità di espansione sul piano nazionale che in passato espesso regrediscono di fronte a voci di provenienza setten-trionale o, più raramente, romana e meridionale; è il caso dellapreminenza di adesso su ora o di brufolo su  foruncolo e  pedicello ,della netta vittoria di rubinetto su chiavetta , della sempre mag-giore diffusione di anguria rispetto a cocomero (di area più la-tamente centro-meridionale). 3.Varietà e stabilità dei geosinonimi Come testimoniano i ricchi repertori di Coveri, Benucci &Diadori (1998: 53-55) e del LIPSI (2009: 539-541), la geosi-nonimia è, tanto nell’italiano della Penisola quanto nell’italianodella Svizzera (Ticino e Grigioni), un fenomeno molto diffuso.Alcuni anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, ilcitato Rüegg interrogò mediante un questionario 124 personein 54 diverse province italiane sui modi in cui esprimevano abi-tualmente 242 nozioni (appartenenti ai domini famiglia, in-fanzia, corpo, salute, cibo, abbigliamento, lavoro, commercio,denaro); da questa indagine risultò che una sola nozione, «caffèforte al bar», veniva resa con un unico termine, espresso , men-tre tutte le altre nozioni conoscevano dal minimo di due al mas-simo di tredici geosinonimi. Ovviamente l’uso di una parolanon escludeva l’impiego di geosinonimi concorrenti; ma, an-che in questo caso, le nozioni che potevano essere denotate conuna parola unica nelle 54 province ammontavano ad appena 12(il 4,7% del totale) e concernevano, per la maggior parte,aspetti della vita moderna ( albergo , cappuccino , espresso , limo-nata ) e tecnicismi vari ( camion ,  finestra , maniglia , tetto ), mail’ambito della tradizione.Due commenti s’impongono: innanzitutto, come ha evi-denziato De Mauro (1970 2 : 169), «è palese il nesso tra stan-dardizzazione degli usi linguistici e processo di industrializ-zazione e ammodernamento della società italiana»; in secondoluogo, risulta evidente che inchieste di tal fatta sono soggettea un invecchiamento precoce. La stessa popolarità del termine espresso , registrata quasi sessant’anni or sono, è andata pro-gressivamente scemando (in Italia, ma non all’estero) e ha ce-duto infine il passo all’ormai ubiquitario caffè (con espresso re-gredito, talora, alla funzione di modificante: caffè espresso ).Tuttavia, non appena si abbandoni la nozione di «caffè forte albar» per approdare al campo semantico dei «prodotti di caf-fetteria», non si può che restare colpiti, da un lato, per il calei-doscopio geosinonimico dell’italiano, dall’altro, per il caratteretransitorio che la geosinonimia possiede.Il caffè lungo dell’italiano standard diventa caffè alto a Fi-renze; il caffè macchiato corrisponde al cappuccino di alcune re-gioni settentrionali ( cappuccino piccolo a Trieste), nelle quali il cappuccino dello standard è invece detto cappuccio (spesso an-che caffelatte a Trieste) (da D’Achille 2002: 37, eccetto le ag-giunte tra parentesi). Un cenno a parte merita la nozione di«caffè macchiato con una spruzzata di cacao», che, fino a qual-che anno fa, era resa con marocchino in Piemonte (ma collino nelPinerolese), montecarlo a Milano, triestino nel Gargano ( espres-sino in larga parte della Puglia) (da Paolini 2001, eccetto le in-tegrazioni tra parentesi). Il marocchino di area piemontese haora conquistato la Lombardia occidentale – con Milano, che harinunciato a montecarlo  – e si è esteso alla Liguria (prima sol-tanto alla riviera di Ponente, adesso pure a quella di Levante)e al Piacentino, che ignoravano il referente. Si osservi, per in-ciso, che la fortuna del termine marocchino è da considerarsistrettamente commerciale, essendo legata all’azione pubblici-taria di una nota casa produttrice torinese di caffè.Il problema della transitorietà dei geosinonimi (il successoeffimero di monnezza o l’improvvisa scomparsa di montecarlo )è variamente intrecciato alla dicotomia fra geosinonimi desueti(o meglio non vitali) e geosinonimi vitali (Telmon 1993: 135).Un geosinonimo può cessare di essere vitale (a) perché è ve- geosinonimi 562 561-576:Progetto Italiano 03/11/2010 16.04 Pagina 562  nuto a mancare il referente o (b) perché si è imposto un altrogeosinonimo. Un esempio del caso (a) è il regionalismo set-tentrionale cochetto o bigatto «baco da seta», non più conosciutoe usato a causa dell’abbandono della bachicoltura come attivitàeconomica; quanto al caso (b), si segnala l’uscita di scena delregionalismo piemontese  giambone , che, complice la crisi, pre-cedente, del dialettale  giambùn , è stato ovunque soppiantato da  prosciutto .I geosinonimi vitali, per contro, sono connessi con attivitào concetti di importanza rilevante a livello regionale e presen-tano un carattere di stabilità. Il regionalismo toscano appalto (nel senso di «concessione statale» e, un tempo, «regia») è ungeosinonimo che resiste alla pressione dello standard tabac-cheria , così come il regionalismo piemontese losa è ancoraoggi assai diffuso per indicare la lastra (di pietra).Interessanti per la loro particolare natura di termini ca-ratterizzanti una varietà diatopica di italiano che è lingua stan-dard e ufficiale in un paese straniero sono i numerosi geosi-nonimi dell’italiano di Svizzera ( ➔ Svizzera, italiano di ),come cassa malati  «mutua», nota «voto scolastico», deponia «di-scarica», municipale «assessore comunale», birrino «birra pic-cola»,  plafone «soffitto», ecc. 4.Geosinonimi e significato A un’indagine più attenta, è facile accorgersi che non semprei geosinonimi onorano il principio dell’equivalenza di signifi-cato (Sobrero 1988: 733). Nel fatto che la variazione lessicaleveicoli anche, spesso, una variazione semantica offrono buonaprova i nomi assegnati negli italiani regionali alla professionedell’ idraulico (fig. 2).Fig. 2 – Distribuzione dei geosinonimi di idraulico. Se l’ idraulico dello standard è l’«operaio specializzato ad-detto all’installazione e manutenzione delle tubazioni dell’ac-qua e degli impianti igienici e sanitari, nell’edilizia e nelle co-struzioni stradali», lo stagnino di area centro-meridionale èl’«artigiano che, nella propria officina, fa lavori di latta e la-miera e saldature con lo stagno»; quest’ultimo significato va at-tribuito anche al piemontese tolaio , peraltro in forte regresso,mentre lo stagnaro di Roma svolge, pressappoco, le mede-sime mansioni dell’idraulico. Se il trombaio toscano, essendol’«artigiano o operaio che fa lavori in lamiera, docce per lo scolodell’acqua dai tetti, ripara tubature e condutture d’acqua nelleabitazioni, ecc.», assomma in sé le funzioni proprie dell’ idrau-lico e dello stagnino , ancora diverso è il ruolo del tubista cam-pano, «operaio addetto, in vari settori industriali, alla fabbri-cazione di tubi; anche, operaio aggiustatore incaricato dellariparazione e del rinnovo di tubazioni d’acqua, aria compressa,ecc.».Per restare al settore dell’idraulica, qualche spunto può es-sere offerto anche dalla carta dedicata al lavabo (fig. 3). tolaiostagninostagnaro,stagninostagninotubistatrombaio Fig. 3 – Distribuzione dei geosinonimi di lavabo. Il toscano acquaio «impianto destinato alla lavatura dellestoviglie e ad altri usi di cucina» ha un valore dissimile dal la-vabo dello standard, che è in genere collocato nelle stanze dabagno o da letto; i termini scafa (emiliano e veneto) e sciac-quaturo (marchigiano, abruzzese e meridionale in genere) ma-nifestano, dal canto loro, una genericità avvicinabile a quelladel settentrionale lavandino , che può essere impiegato sia perla pulizia personale, sia per il lavaggio delle stoviglie, sia, an-cora, per la pulitura di oggetti e materiali di laboratorio. 5.Geosinonimi e geoomonimi Così come i geosinonimi sono dei «sinonimi marcati in diato-pia» (al di là della precisione nella corrispondenza di significato,che abbiamo visto non essere sempre data), allo stesso modo igeoomonimi sono «omonimi marcati in diatopia» ( ➔ varia-zione diatopica ), ovvero parole che presentano uguale formae significato diverso in aree geografiche differenti (Telmon1993: 137; Coveri, Benucci & Diadori1998: 56).Nella seconda categoria è opportuno operare una distin-zione tra geoomonimi (a) che hanno etimologie distinte e (b)che, pur avendo la medesima srcine, hanno conosciuto evolu-zioni semantiche indipendenti. Riconducibile al tipo (a) è lea ,il quale, nell’italiano regionale piemontese, significa «viale» edè un probabile prestito dal fr. allée «viale» (part. pass. di aller  «andare» < lat. ambulare ), nell’italiano regionale veneto, vale«fango» ed è un continuatore del lat. laetamen . È invece un ge-oomonimo di tipo (b) il termine  fregno , che ha maturato i si-gnificati di «abile, scaltro, bello» (Abruzzo), «balordo, sciocco»(Lazio), «ragazzo» (Marche) a partire da una base dialettale co-mune  fregna «vulva», di etimo incerto; com’è spesso il caso, unaparola indicante gli organi sessuali ha portato a esiti semanticitanto negativi (Lazio) quanto, per polarità psicologica, elogia-tivi (Abruzzo) oppure neutri (Marche). 6.Geosinonimi e dizionari In linea di massima, i dizionari di consultazione includono senzarestrizioni i ➔ dialettismi , cioè le parole di srcine dialettale rite-nute ormai parte del lessico italiano comune (di scarso interesse perla sinonimia geografica), mentre giudicano caso per caso i regio-nalismi, che si fermano a un uso spazialmente ristretto (la distin-zione tra dialettismo e regionalismo è in Canepari 1990: 90-91).Decisiva risulta allora, per il lessicografo, la ‘qualità’ del regiona-lismo, che lo condurrà a escludere l’ibridismo tolaio ( ➔ ibridismi ),fortemente caratterizzato in diatopia e diastratia, e ad accogliere,per converso, le voci stagnino , stagnaio , tubista , ecc., aventi diffu-sione interregionale e/o morfologia lessicale italiana.Un nutrito numero di geosinonimi (con illustrazioni e carte)è presente nel dizionario dei sinonimi di Simone (2003). Riccardo Regis secchiaro,scafasciacquaturoscafaacquaio geosinonimi 563 561-576:Progetto Italiano 03/11/2010 16.04 Pagina 563  Fonti  LIPSI 2009 = Pandolfi, Maria Elena, LIPSI. Lessico di frequenza del-l’italiano parlato nella Svizzera italiana , Bellinzona, Osservato-rio Linguistico della Svizzera Italiana.Simone, Raffaele (dir.) (2003), Sinonimi e contrari  , Roma, Istitutodella Enciclopedia Italiana. Studi  Canepari, Luciano (1990), Teoria e prassi dell’italiano regionale. A pro- posito del “Profilo della lingua italiana nelle regioni”  , in L’italianoregionale. Atti del XVIII congresso internazionale della Societàdi Linguistica Italiana (Padova - Vicenza, 14-16 settembre 1984),a cura di M.A. Cortelazzo & A.M. Mioni, Roma, Bulzoni, pp. 89-104.Coveri, Lorenzo, Benucci, Antonella & Diadori, Pierangela (1998), Le varietà dell’italiano. Manuale di sociolinguistica italiana , Roma,Bonacci.D’Achille, Paolo (2002), L’italiano regionale , in I dialetti italiani. 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Trifone, Torino,Einaudi, 3 voll., vol. 3° ( Le altre lingue ), pp. 597-626. gerghi di mestiere 1.Definizione I  gerghi di mestiere o di categoria condividono, storicamente,con quelli della malavita un nucleo lessicale comune ( ➔ gergo )cui va aggiunto, come specificità, un lessico tecnico propriodelle diverse attività lavorative, spesso desunto dai dialetti enon sempre distinguibile dal patrimonio lessicale di questi.La prima differenziazione tra gergo dei mestieri e gergodella malavita risale a Bernardino Biondelli, che, negli Studii sulle lingue furbesche (1846: 13-16), osservava come i lavoratori,nativi per lo più delle valli alpine i cui abitanti professavano dasecoli, o si tramandavano di padre in figlio, l’uno o l’altro me-stiere, fossero soliti emigrare ogni anno in varie città italianeed europee, e ben presto si associassero ai loro «colleghi d’arte»,con i quali condividevano fatiche e guadagni, il modo di vestiree, appunto, la parlata. Diversamente, secondo Biondelli, il«gergo de’ malandrini» o «gergo furfantino» si rifà all’eserciziodi attività illecite, e si tramanda quindi attraverso gruppi di de-linquenti e vagabondi, storicamente associabili a quelli deimendicanti o questuanti che fin dal medioevo popolavanonelle loro peregrinazioni ogni parte d’Europa: per cui «trovasiun solo gergo comune ai malandrini d’ogni singola nazione».Il rapporto tra i due tipi di gergo e le reciproche influenzeè una questione a lungo dibattuta dagli studiosi, che si sono do-vuti misurare con la difficoltà di tracciare srcine e percorsidella propagazione e individuare l’entità degli scambi tragruppi di parlanti in situazione di migrazione permanente (apartire dall’età medievale, epoca a cui viene fatta risalire la na-scita dei gerghi di mestiere).Alcuni (fra cui Trumper 1996) sono propensi a ritenere chei gerghi siano codici rappresentativi del periodo in cui inizia ildisfacimento del mondo medievale, nascono nuove classi so-ciali e nuove tecniche di lavoro (della metallurgia, della tessi-tura), spostando l’attenzione su quelli che oggi potremmo de-finire lessici settoriali di mestiere ( ➔ linguaggi settoriali );senza per ciò negare la componente di contatto con i linguaggidella malavita, altrettanto vitali e compresenti. Sul versante de-gli studi storico-antropologici è stata in effetti recuperatal’unitarietà di fondo che lega alcune categorie sociali, a partiresempre dal tardo medioevo, quando povertà e marginalità ac-comunano sia i frequentatori di strade e di piazze che vivonodi attività illecite, sia i gruppi di lavoratori, soprattutto mi-granti, che si spostano di paese in paese con occupazioni sal-tuarie o stagionali. Le frequentazioni e i contatti reciprociavrebbero determinato il cosiddetto  fondo gergale comune . 2.Casi Solo in alcuni casi la presenza di elementi lessicali comuni hatuttavia permesso di ricostruire l’interrelazione tra ondate dicorrenti migratorie. Ne dà un esempio Sabatini (1956), rela-tivamente al gergo dei muratori di Pescocostanzo in Abruzzo,definito lingua lombardesca , ossia di provenienza settentrionale.L’srcine settentrionale delle maestranze specializzate ger-ganti, corporazioni di muratori (analoghe corporazioni, con iloro gerghi, erano attive anche a Ferrara e a Bologna), sarebbeprovata da alcune spie lessicali, oltre che da documenti che te-stimoniano nel XVI e XVII secolo l’insediamento di un nucleodi emigranti lombardi: per es., tarrunà «parlare», ossia «parlarein tarón ’» (termine designante alcuni gerghi trentini, lombardie piemontesi); o ngalmì «capire», collegabile a calmone , che nonè soltanto termine storico, ma è usato anche per individuare al-cune parlate gergali lombarde e trentine.Un’altra corrente migratoria problematica è stata suppo-sta per spiegare le concordanze tra il gergo dei calderai di Isiliin Sardegna, di Tramonti in Friuli, di Monsampolo nelleMarche e di Dipignano nel Cosentino. Fu infatti notata (daPellis 1934 e Cortelazzo 1977) una sorprendente affinità lin-guistica tra tali diversi gruppi, geograficamente molto lontani,a partire dalla stessa designazione di mestiere o della parlatache a Isili è detta arbaresca o sa rromanisca , a Monsampolo rəvarèsca , mentre arvàr o rəvara è il «calderaio», corrispon-dente all’ erbàru di Dipignano (propriamente il «compagno»,cioè colui che appartiene allo stesso gruppo) e all’ arvâr  diTramonti: queste voci sono tutte accostabili ad arbër  «albanese»e arbërìshte «lingua albanese d’Italia». A questi bisognerà ag-giungere l’ arivarésco , il gergo di mestiere dei calderai di VicoPancellorum sull’Appennino lucchese.Sulle relazioni interne a questa grande area gergale di ca-tegoria sono state fatte varie ipotesi, tra le quali ha trovato mag-gior credito la ricostruzione di un percorso linguistico, sup-posto da Cortelazzo (1977), per il quale il centro di irradiazionedel lessico dei calderai sarebbe da individuare in Dipignano nelCosentino, dove la parlata arbëreshe degli albanesi d’Italia sa-rebbe all’srcine della presenza di forme analoghe in varietàdell’Italia centrale, della Sardegna, del Friuli. Il problemache rimane ancora insoluto è se il flusso migratorio parta da-gli stessi gerganti cosentini o se la propagazione sia avvenutaattraverso la mediazione di gruppi di zingari, che esercitavanoil mestiere di calderai itineranti in diversi paesi ( Kalderaša ).Tra i mestieri più rappresentati nelle parlate gergali, con-centrati soprattutto nel Nord, in area abruzzese-marchigianae nel cosentino, ci sono i calderai (detti anche magnani  o sta- gnini  ), i ramai, gli arrotini, i seggiolai, gli spazzacamini, i mu-ratori, gli ombrellai, i ciabattini, i bottai, i cordai, i venditoriambulanti, i merciai, i posteggiatori, le residue attività della‘piazza’ e della vendita con imbonimento, i pastori.Parole o espressioni di ambito gergale sono entrate nelle va-rietà dell’italiano:  posteggiare era termine dei musicisti giro-vaghi napoletani che dovevano trovare un posto dove esibirsi;  gonzo «sciocco, credulone» è entrato anche nel linguaggio gior-nalistico americano, per indicare uno stile che mischia fatti efinzione: un articolo gonzo ; verbi polisemici come sgamare «ac-corgersi», o cuccare , quest’ultimo già presente in usi gergali nelXVI secolo, nel senso di «rubare» e «derubare», e poi innovatonel parlato giovanile. gerghi di mestiere 564 561-576:Progetto Italiano 03/11/2010 16.04 Pagina 564