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  Luigi W ALT   P APIA DI H IERAPOLIS , Esposizione degli oracoli del Signore. I frammenti ,Introduzione, testo, traduzione e note di Enrico N ORELLI , «Letture cristiane del primomillennio» 36, Paoline, Milano 2005, 594 pp. Di Papia, vescovo di Hierapolis in Frigia (Asia Minore), sappiamo pochissimo.Alcuni frammenti di una sua opera in cinque libri, intitolata Exêgêsis ton logion kyriakôn  (letteralmente: Esposizione degli oracoli del Signore ), ci sono noti attraverso citazioni di autoriche vanno dal II al XIII secolo: fra queste, sono soprattutto quelle fornite da Ireneo diLione e da Eusebio di Cesarea, le più antiche, ad aver attirato lungamente l’attenzionedegli studiosi. Ireneo definisce Papia «uomo (del tempo) antico», «uditore di Giovanni ecompagno ( hetairos ) di Policarpo», appartenente cioè alla stessa generazione dei «presbiteriche hanno visto Giovanni il discepolo del Signore» (  Adv. Haer. 5,33,4). Egli cita pure undetto di Gesù trasmesso da Papia, relativo alla straordinaria fecondità della terra nelRegno messianico dei giusti. Il detto è quasi certamente spurio, ma ci permette di capireper quale motivo Eusebio, nella sua Storia Ecclesiastica  , abbia poi potuto qualificare Papiacome l’inventore del millenarismo, dottrina escatologica peraltro assai diffusa negliambienti cristiani del II secolo. Basandosi su alcune citazioni dai libri di Papia, Eusebioconsiderava il vescovo di Hierapolis uditore non del Giovanni “discepolo del Signore”, madi un altro Giovanni, che lo stesso Papia menzionava come facente parte della cerchia dei“presbiteri”, ossia dei discepoli della seconda generazione. Questa distinzione fra i dueGiovanni, destinata a suscitare ampi dibattiti in sede storico-esegetica (si pensi al fortunatovolume di Martin Hengel sulla “questione giovannea”: Die johanneische Frage. EinLösungsversuch. Mit einem Beitrag zur Apokalypse von J. Frey  , Tübingen 1993; tr. it. Brescia1998), risultava funzionale agli interessi apologetici di Eusebio: slegando la composizionedel quarto vangelo canonico, attribuita al primo dei due Giovanni, da quelladell’Apocalisse, attribuita invece al secondo, Eusebio poteva infatti svincolare le tesimillenariste (basate proprio su un’interpretazione letterale di Ap 20,1-3) dal contatto  Luigi Walt Rivista Biblica 54/4 (2006), 481-488 diretto con gli apostoli. Negli stessi frammenti citati da Eusebio, troviamo anche latestimonianza più antica sulla circolazione di tradizioni orali riguardanti Gesù, e sullacomposizione dei vangeli di Matteo e di Marco. Marco viene indicato come hermeneutes  (interprete, traduttore, redattore) di Pietro, responsabile di una trascrizione priva di“ordine” ( taxis ) della catechesi di quest’ultimo; Matteo, invece, avrebbe redatto unaraccolta di logia in lingua semitica, donde sarebbero state tratte in seguito alcune versioni,in un greco più o meno fedele all’srcinale. Nel prologo dell’opera, sempre stando adEusebio, Papia avrebbe inoltre riferito di apprezzare maggiormente, rispetto alletestimonianze scritte, la «voce viva e permanente» della tradizione orale, trasmessa dimaestro in discepolo ( Hist. Eccl . 3,39,1-17).Da questi pochi cenni, si comprende facilmente come l’analisi critica di tutti iframmenti papiani – desumibili di volta in volta da Ireneo, Eusebio, Ippolito, Apollinare diLaodicea ed altri ancora – risulti imprescindibile per chiunque intenda occuparsi diquestioni legate alla nascita dei vangeli e alla vita delle prime comunità cristiane, da unpunto di vista storico, letterario o dottrinale. L’impresa è stata condotta ora, con notevoleperizia, da Enrico Norelli, docente di Storia del cristianesimo presso la Facoltà di Teologiaprotestante di Ginevra. Norelli – al quale già dobbiamo, fra l’altro, un magistralecommento all’  Ascensione di Isaia (comparso nel 1995 per i tipi di Brepols, Turnhout) e una Storia della letteratura cristiana antica (con Claudio Moreschini, Brescia 1995-1996) – non ènuovo all’interesse per Papia: ci sembra utile, in proposito, rimandare il lettore a unprecedente studio che contiene in forma embrionale alcune delle considerazioni quisviluppate: Le statut des textes chrétiens de l’oralité à l’écriture et leur rapport avec l’institutionau IIe siècle  , in E. Norelli (ed.), Recueils normatifs et canons dans l’Antiquité. Perspectivesnouvelles sur la formation des canon juif et chrétien dans leur contexte culturel  , Lausanne 2004,pp. 147-194 (su Papia, in particolare, le pp. 157 e seguenti).Il volume sui frammenti di Papia si presenta suddiviso in tre sezioni. La prima ècostituita da un’ampia introduzione, divisa in cinque capitoli: «In frammenti» (pp. 13-29);«Chi era Papia?» (pp. 30-58); «I libri di esegesi degli oracoli del Signore» (pp. 59-112); «Lefonti di Papia» (pp. 113-138); «Papia nel processo di formazione del cristianesimo» (pp.  Luigi Walt Rivista Biblica 54/4 (2006), 481-488 139-153). Segue una presentazione dei brani individuati, per un totale di 26 frammenti: perciascuno di essi viene offerto il testo in lingua srcinale, la traduzione, una breve notaintroduttiva e un commento dettagliato attraverso le note. Fra le novità di questa raccolta,va segnalata l’aggiunta di due frammenti (21 e 22, provenienti da Giovanni di Dârâ,traslitterati e tradotti dal siriaco a cura di Monica Casadei): pur non aggiungendosostanzialmente nulla di nuovo (se ne dimostra infatti la dipendenza da altri), erano statisempre esclusi dalle raccolte precedenti. Una terza sezione, strutturata in forma diappendici, è invece dedicata all’approfondimento di alcune questioni particolari, con utiliaddentellati bibliografici; oltre a una tabella comparativa che riporta la numerazione deiframmenti di Papia nelle principali collezioni (da quella di Routh, risalente al 1846, sino aquella curata da Lightfoot/Harmer/Holmes, del 1989), l’Autore discute in modo piùspecifico i seguenti argomenti: «Tentativi di identificare altri frammenti di Papia» (pp. 504-530), «I frammenti dei presbiteri in Ireneo» (pp. 531-536), «Chi sono i presbiteri di Papia?»(pp. 537-547), « Hermêneia e i termini apparentati nei passi di Papia riportati da Eusebio»(pp. 548-559). In fondo al volume, il lettore può contare infine su una serie di indici:scritturistico, onomastico e analitico. Data la complessità del lavoro, non possiamo chelimitarci a una discussione della parte introduttiva, facendo ovviamente riferimento,laddove risulti necessario, alla spiegazione dei singoli frammenti e agli approfondimentiin appendice.Nel primo capitolo dell’Introduzione (pp. 13-29), Norelli propone alcuniinterrogativi, anche di natura metodologica. Si parte dalla constatazione che la perdita diun’opera significativa come quella di Papia non può essere imputata sbrigativamente aragioni di ordine dottrinale, com’è accaduto per altri testi dell’antichità cristiana, alcunisopravvissuti solo in versioni “normalizzate” o grazie alla conservazione in ambientisvincolati all’influsso dell’ortodossia: il panorama che si presenta di fronte allo storicorisulta sì composto da «relitti», ma la condanna per eterodossia non fu la sola causa diquesto «immenso naufragio». Molte opere scomparse nel tempo – osserva puntualmenteNorelli – «erano semplicemente legate a circostanze che persero di attualità, come inumerosi scritti polemici contro il montanismo prodotti negli ultimi decenni del II secolo,  Luigi Walt Rivista Biblica 54/4 (2006), 481-488 oppure come le apologie che nel II secolo difendevano il cristianesimo, religione ancoraillecita, dai pregiudizi e dagli attacchi altrui. Questo fu probabilmente il caso dell’opera diPapia, che raccoglieva tradizioni su Gesù e sui suoi discepoli le quali dovettero parere inparte superate, in parte sospette (perché difformi) dopo che l’area delle tradizioninormative su Gesù e sulla prima generazione cristiana fu definita con la canonizzazionedei libri che formarono il Nuovo Testamento» (pp. 15-16). Tale canonizzazione, che funotoriamente un processo lungo e complesso, non impedì comunque l’utilizzo privato dimolte opere, o la loro fruizione (e trasformazione) in altri ambiti, ad esempio in quelloliturgico. Qual è allora il primo problema che si pone allo studioso che voglia seriamente“editare” Papia? Sicuramente quello dei criteri da adottare per la scelta e la presentazionedei singoli brani, alcuni dei quali non trasmettono nemmeno citazioni letterali dell’opera,ma si limitano a fornire informazioni indirette, talune persino di seconda o di terza mano.Seguendo l’esempio delle raccolte curate da Hübner/Kürzinger e da Körtner, Norelli hascelto di riprodurre tutte le testimonianze possibili, verificandone di volta in voltal’autenticità, ossia la plausibilità che esse trasmettano informazioni valide per laricostruzione storica del personaggio e dell’opera (e non per la storia della sua ricezione).Anche per questo motivo, la disposizione dei frammenti segue l’ordine cronologico deitradenti: di fatto, qualunque tentativo di disporre i brani secondo un supposto ordinesrcinario sarebbe risultato del tutto congetturale.Ma chi era Papia? A questa domanda si cerca di rispondere nel secondo capitolo(pp. 30-58), prima di tutto con la discussione di alcune proposte cronologiche. Per quantoconcerne le date di nascita e di morte, è impossibile una precisione assoluta: per la primavengono indicati gli anni 60-70, per la seconda l’oscillazione è maggiore, fra il 120 e il 160.Una discussione articolata di tutte le testimonianze potrà condurre a una datazione menoapprossimativa soltanto per la stesura dei cinque libri dell’ Esposizione  , che viene collocatada Norelli fra il 110 e il 120. Il terminus ante quem è fornito ancora una volta da una notiziadi Eusebio, che segnala già attivo a Hierapolis un altro vescovo (Claudio Apollinare), nel170. Un frammento contenuto nel Codice Barocciano 142, della Bodleian Library di Oxford(fr. 10, pp. 364-383), ci informa del fatto che Papia avrebbe scritto di alcune persone che,  Luigi Walt Rivista Biblica 54/4 (2006), 481-488 risuscitate da Cristo, erano ancora vive al tempo dell’imperatore Adriano (117-138); questoperiodo è definito nella citazione di Papia come «nostri tempi»: ciò spingerebbe acollocare la stesura del passo srcinale ben addentro nel regno di questo imperatore, e nonsuccessivamente, come aveva ipotizzato in passato Harnack (cf. però le note 3-6 al fr. 10,pp. 369-383). Il limite post quem più sicuro, invece, è rappresentato dalla composizione deivangeli di Marco e di Matteo, della cui srcine Papia discute, oltre che dalla presenza dicitazioni 1Gv e 1Pt, testi che al più tardi rimontano al principio del II secolo. Pur essendospesso inserito nel novero dei cosiddetti Padri apostolici, Papia non avrebbe avuto, a dettadi Norelli, un contatto diretto con gli “apostoli” (il termine stesso non ricorre mai neiframmenti a nostra disposizione): nondimeno, possiamo esser certi del fatto ch’egli siconsiderasse un fedele continuatore delle tradizioni apostoliche.A un’analisi complessiva dei cinque libri di Papia è consacrato il terzo capitolo (pp.59-112). Il primo enigma da sciogliere è rappresentato dal titolo dell’opera. Qual è il sensoda attribuire all’espressione logia kyriaka ? Queste sono le principali proposte di traduzione,passate in rassegna da Norelli: parole di Gesù (F. Schleiermacher, 1832; H.J. Holtzmann,1863); collezione di testimonia  , cioè di passi biblici indicati dai primi cristiani come profeziesu Cristo e sulla Chiesa (J. Gregory, 1894; J. Rendel Harris, 1916-1920); oracoli, ossiaenunciati autorevoli di srcine divina (H.J. Lawlor, 1922; R. Gryson, 1965); Sacre Scritture,o addirittura vangeli canonici (J.B. Lightfoot, 1889; T. Heckel, 1999); parole del Signoredesunte dai vangeli canonici, ma anche dalla tradizione orale (A.D. Baum, 2000), osolamente da quest’ultima (T. Zahn, 1866); narrazioni relative al Signore (T. Kürzinger,1979). A tutte queste proposte, dopo attenta analisi, l’Autore preferisce quella avanzata daU.H.T. Körtner (1998), che intende i logia   kyriaka come “detti e fatti” del Signore. Nei passicitati da Eusebio, in effetti, il termine logia può indicare anche materiali narrativi, come ilvangelo di Marco, e appare in ogni caso distinto da logoi ( Hist. Eccl. 3,39,9-10.14). Anche laparola exêgêsis  , all’epoca di Papia, doveva designare qualcosa di più di un semplice“commento” o di una “spiegazione”. Stando a Norelli, il termine indicava «l’insieme delleoperazioni definite hermêneiai », esposizioni organizzate di materiale preesistente,riguardante Gesù e il suo messaggio: «per Papia non si trattava comunque di commentare