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Tocco Appoggiato

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TOCCO APPOGGIATO – SCHEDA TECNICA  L'impiego della parola "impostazione" riferita alle mani, ha spesso generato gravi fraintendimenti. Se infatti essa si addice alla postura del corpo e alla sistemazione dello strumento in quanto elementi pressoché statici, male si adatta a due elementi mobili per eccellenza quali sono le mani. Occorre dunque bandire l'idea che le mani debbano assumere e conservare una determinata postura fissa che avrebbe il merito, secondo alcuni, di garantire funzionalità e sicurezza, per porre invece in primo piano la ricerca delle azioni dinamico-gestuali più idonee a ricreare la realtà sonora dell 'opera musicale in tutta la sua pienezza formale ed espressiva. Una scelta precisa delle modalità di contatto con le corde s'impone sin dal primo momento, ma tale scelta non deve essere determinata da motivazioni di ordine estetico (bellezza della posizione) o tecnico (facilità di azione) ma da prioritarie considerazioni di ordine musicale. Poiché il primo approccio non può consistere, con ogni evidenza, che nella esecuzione di singole note sulle corde a vuoto, i parametri sonori da tenere nel massimo conto sono due soli: l'intensità e il timbro, entrambi di competenza della mano destra. Circa l'intensità, è ben noto che alla chitarra si rimprovera generalmente la carenza di volume sonoro, cosa innegabile se la si confronta con altri strumenti, ma non è raro constatare che, oltre ai principianti, ben pochi chitarristi conoscono e sanno sfruttare pienamente la non indifferente gamma dinamica dello strumento moderno.1 La ricerca di una consistente sonorità è da ritenersi dunque la prima esigenza cui si deve far fronte in fase di approccio iniziale, non solo perché la chitarra non sfiguri quando nei saggi pubblici viene messa a confronto con altri strumenti ma anche, soprattutto, per fornire all'allievo quanto più precocemente possibile, sensazioni dinamiche di tale entità da essere ben percepibili e quantificabili per via sensoriale. sensoriale. Solo conoscendo di quanta forza può disporre, egli può infatti giungere ad acquisire la capa cità di dosarla con precisione e a seconda delle diverse situazioni musicali. Se è imperativo produrre un suono forte non rimane che ricercare, fra le diverse modalità di tocco possibili, la più pertinente. Osservando i diversi livelli dinamici attribuibili a ciascuno dei tre tipi di tocco, (fig.1) si può notare che con un attacco in tocco libero non si andrebbe oltre al mezzo forte; con un attacco in tocco teso si arriverebbe al forte, e solo con un attacco in tocco appoggiato si potrebbe giungere al fortissìmo. Fig.1 – I tre livelli della gamma dinamica Il tocco appoggiato risulta quindi essere, se correttamente effettuato, il più opportuno per l’esecuzione dei primi esercizi. Ciò premesso, occorre considerare che il suono prodotto nel toccare una corda reca con sé, legati indissolubilmente in quanto frutto di un unico contatto, la forza e il timbro, per cui occorre definire quale possa essere la migliore modalità di sollecitazione della corda per ricavare la qualità timbrica più confacente all’esecuzione dei primi esercizi. Tra le diverse direzioni di attacco illustrate in fig.2, quella inclinata, generatrice di un suono morbido, può ritenersi la più idonea. Sulla direzione della spinta va osservato che, quale che sia la direzione, verso destra o verso sinistra, l’esito sonoro non cambia, ma va osservato che nel caso della spinta verso destra le dita agiscono in direzione del palmo della mano con un’azione muscolare di ripiegamento molto simile al gesto di agganciare le corde, mentre nel caso della direzione verso sinistra non v’è alcun intervento dei muscoli digitali, non avendo le dita alcuna possibiltà di articolazione laterale, per cui la spinta viene prodotta dall’intera mano solidale con l’avambraccio. Fig.2 –  La scala s cala di consistenza mostra gli esiti sonori derivanti dalle diverse direzioni di attacco N.B. Non va mai dimenticato che al principiante non si richiedono velocità elevate ma semplici azioni di contatto lento come quelle che, in seguito, si troverà ad effettuare eseguendo melodie con c on accompagnamento arpeggiato Per passare alle modalità di realizzazione del tocco appoggiato, è forse utile illustrare con un esempio pratico come si possa sensibilizzare la mano destra alle sensazioni di spinta e di reazione della corda. Il lettore che si sia si a trovato nella situazione di dovere spostare un mobile, non avrà alcuna difficoltà ad immedesimars i mmedesimarsii nell’azione illustrata qui di seguito. Fig.3                                                  Come è facile intuire, in fig.3 il mobile opponendosi alla spinta dell’omino  lo respinge all’indietro, mentre in fig.4 questi, curvandosi in avanti viene ad assumere una più consistente figura inerziale che gli consente di vincerne la resistenza. Non altrimenti vanno le cose quando si voglia spingere non più un mobile, ma un qualsiasi altro oggetto come, ad esempio, una corda. Si noti come in fig.5, dove viene rappresentata la disposizione di un dito nell’atto di spingere una corda, la sagoma arcuata della mano, simile a quella rovesciata dell’omino, risulti essere la più idonea a spingerla in direzione del piano armonico. Fig.5 – Disposizione curva della mano per effettuare l’azione di spinta Come si può osservare, per creare un bell’arco funzionale dell’avambraccio, sono determinanti la curvatura e la posizione del polso, che viene a trovarsi alto e distante dalla tavola. Una volta stabilita l’angolazione più corretta della falangetta rispetto alla corda, verrà a determinarsi in maniera naturale il punto di contatto p che potrà risultare più prossimo al gomito in caso di braccio corto, o più prossimo al polso in caso di braccio lungo. Con un preliminare esercizio di molleggio a più riprese del dito sulla corda, senza porla in vibrazione, si realizza praticamente la prima fase del tocco appoggiato, ossia la messa in tensione della corda. La ripetizione assidua e corretta di tale gesto sulle diverse corde, finisce per generare nel braccio, nella mano e sul polpastrello, una sorta di impronta sensoriale dinamica e tattile che l’allievo andrà sempre e inconsciamente a ricercare nell’attimo di produrre un suono. Alla pratica di questo primo contatto muto, da esercitarsi per qualche tempo, potrà seguire la seconda fase del tocco appoggiato, ossia l’azione di sganciamento della corda che, dalla situazione di affondamento, verrà posta in vibrazione facendo scivolare il dito con una lieve rotazione della mano, solidale col braccio, verso sinistra e senza il minimo cedimento della falangetta, fino al suo arresto per un brevissimo attimo sulla corda sottostante (fig.6-7). Fig.6 – Esecuzione del  tocco appoggiato.                                Fig.7 – C Il  dito  spinge  la  corda  fino  a  lasciarla                                 sfuggire,   arrestandosi    per   un    attimo sulla  corda  sottostante  e  staccandosene immediatamente, quasi rimbalzando. Per realizzare l’auspicato  tocco   tocco appoggiato morbido, l’estremità l’estremi tà del dito dovrà scivolare lievemente verso la paletta, descrivendo una breve traiettoria curva come quella rappresentata in fig.8a fig.8a. Per meglio comprendere il tipo di gesto da effettuare, può essere utile fare scorrere più volte il dito indice su tutte le corde, dalla prima alla sesta , facendo intervenire l’intero arto: avambraccio, mano e dita solidali, ossia senza alcuna flessione laterale del polso (fig.8b (fig.8b). a) b) Fig.8 – Scorrimento inclinato del dito sulla corda (a) e traiettoria obliqua dell’arto destro (b). Infine, circa l’opportunità di toccare con o senza unghie, si deve considerare che un principiante, quale che sia la sua età, non è generalmente in grado di sagomarle correttamente, conservarle in buono stato e servirsene in maniera efficace e motivata per cui, il più delle volte la loro presenza è di intralcio allo scorrimento dei polpastrelli sulle corde e induce al cedimento passivo delle falangette, cosa che compromette la forza del suono e la sicurezza degli attacchi. E’ pertanto raccomandabile ridurne al minimo la lunghezza per evitare che tocchino le corde. Mauro Storti