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Cattolicesimo Liberale E La Chiesa In Italia

Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia Volume I - Dalle Origini All'Unità Nazionale Roma 2015 Copyright 2015 Voce pubblicata il 14/01/2015

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Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia Volume I - Dalle Origini All'Unità Nazionale Roma 2015 Copyright 2015 Voce pubblicata il 14/01/ Aggiornata al 17/01/2015 CATTOLICESIMO LIBERALE e la Chiesa in Italia Autore: Fulvio De Giorgi Origini anti-cesaristiche. Le origini del cattolicesimo liberale sono da rintracciarsi nell opposizione cattolica al cesarismo napoleonico, di marca non reazionaria, ma con ascendenze nella cultura muratoriana e vichiana del XVIII secolo. Un tipico esempio, in questo senso, fu l opera Le Notti romane di Alessandro Verri. Da questo anti-dispotismo si dipartono, per così dire, due sviluppi culturali e di ideali politici, i quali, ancorché contigui e, in qualche caso, sovrapposti, sono tuttavia da distinguersi: il cattolicesimo liberale in senso stretto e il guelfismo. In Europa. Per cattolicesimo liberale in senso stretto va dunque inteso quel movimento, a raggio europeo, che accompagnò la progressiva affermazione di regimi liberali nell Ottocento: si trattò dunque, in sintesi, dell adesione di cattolici alle ideologie liberali. Il momento di emersione fu il 1830, con la rivoluzione di luglio in Francia e con la rivoluzione indipendentista in Belgio. Le figure più rappresentative furono i francesi Lamennais, soprattutto nella sua fase post-1830 (e correnti di lamennesismo si ebbero pure in Italia: il rappresentante più originale fu il teatino Gioacchino Ventura), Tocqueville e Montalembert. A questi possono essere accostati gli inglesi John E.E. Dalberg-Acton e il card. John Henry Newman. Il cattolicesimo liberale e, in particolare, le dottrine dell Avenir, la rivista di Lamennais, furono condannati da Gregorio XVI con la Mirari vos (1832). Tale condanna sarebbe stata, più tardi, ripresa da Pio IX. In generale il liberalismo, come ideologia politica o politico-economica, è rimasto estraneo alla Chiesa cattolica contemporanea. Neo-guelfismo e giobertismo. Dall anti-cesarismo e, in particolare, dal mito che si sviluppò attorno al pontefice Pio VII e alla sua resistenza a Napoleone derivò pure un altra corrente, in cui alla libertas Ecclesiae si legava strettamente la libertas Italiae: il Papato, cioè, era visto come paladino storico dell indipendenza italiana. Si tratta di un indirizzo che, mutuando le sue definizioni dal medievalismo allora in auge, si dice guelfo e che indicava soltanto una prospettiva filoitaliana e antiaustriaca, che tuttavia poteva anche essere estranea o ostile al liberalismo (come in alcuni gesuiti). All interno di tale più generale guelfismo, si distinse poi, con Gioberti e con la sua opera Del Primato morale e civile degli Italiani (1842), un più puntuale neo-guelfismo, che fu una delle correnti ideologiche fondamentali del Risorgimento e che può essere, non arbitrariamente, accostato al cattolicesimo liberale europeo, considerandolo come una sua variante italiana: esso mirava ad una Confederazione italiana, presieduta dal Papa. Nel 1846, con l elezione di Pio IX e con le sue aperture sembrò, per un momento, che si realizzasse il disegno giobertiano, con un papa neo-guelfo. Ma le successive vicende della I guerra d indipendenza e, soprattutto, della Repubblica Romana smentirono questa lettura. Dal 1849 Pio IX si attestò su rigide posizioni intransigenti: di condanna del liberalismo, del giobertismo, del neoguelfismo, in difesa del temporalismo papale e dello Stato pontificio. I centri. I luoghi più importanti del cattolicesimo liberale o filo-liberale nella prima metà del XIX secolo furono Milano, Torino e Firenze. Milano era il centro culturalmente più innovativo e più aperto all Europa. A Milano vivevano Giuseppe Arconati Visconti, Giulio Carcano e, soprattutto, Alessandro Manzoni che mostrava un cattolicesimo moderno, con inflessioni agostiniane (di ascendenza tardogiansenista), ma coniugate all eredità dell illuminismo lombardo, di Beccaria e dei fratelli Verri. A Milano soggiornarono, per qualche tempo, Tommaseo e Rosmini. Torino, invece, subiva ancora il forte influsso della cultura di Francia, a cui era stata annessa durante il periodo napoleonico. Qui i cattolici guardavano a regimi costituzionali di libertà: Santorre di Santarosa e, soprattutto, con spirito più moderato, Cesare Balbo, Massimo d Azeglio e poi Gioberti furono gli esponenti più importanti (ma sono da ricordare pure Federico Sclopis e Gustavo di Cavour). A Firenze infine gli ambienti cattolici erano sensibili all influenza del protestantesimo liberale ginevrino, per la presenza di Vieusseux: Capponi e Lambruschini le personalità emergenti. A causa delle caratteristiche assunte dalla restaurazione borbonica, Napoli non fu invece un centro importante e vitale in cui fermentasse un originale tendenza riportabile al cattolicesimo liberale, anche se si ebbero dei nuclei giobertiani. Conciliatorismo. Un particolare aspetto o caratteristica dei cattolici liberali italiani fu un aspirazione alla libertà politica ma come espressione di un più ampio e generale ideale di conciliazione tra cattolicesimo e civiltà moderna: così che forse, per l Italia, sarebbe corretto parlare di cattolicesimo conciliatorista, piuttosto che di cattolicesimo liberale. Si pensi alla cultura romantica, alla rivista significativamente intitolata Il Conciliatore, a Silvio Pellico. Più eloquente ancora è il già ricordato caso di Alessandro Manzoni. Ma certo su questa linea anche altri intellettuali cattolici possono essere visti, in particolare gli storici, che avevano vivo il senso del progresso e dei cambiamenti dell epoca moderna: così lo stesso Manzoni e la cosiddetta scuola cattolico-liberale (Troya, Tosti, Cantù, Capecelatro). Costituzionalismo. Il liberalismo mirava ad ottenere la Costituzione: così che i cattolici liberali erano spesso più favorevoli a regimi costituzionali di libertà che a regimi in senso stretto liberali. Tra coloro che lavorarono alla stesura dello Statuto Albertino vi erano pure cattolici. E cattolico costituzionale (più che cattolico liberale) può definirsi Rosmini, il quale stese pure dei progetti di Costituzione, su principi diversi da quelli del liberalismo francese, contro il quale polemizzava. In questo senso il rosminianesimo ( vedi) fu una variante alterna/interna del cattolicesimo liberale italiano. Molti cattolici costituzionali piemontesi (come Roberto d Azeglio e Gustavo di Cavour, fratello di Camillo e seguace di Rosmini) si collocavano su tale lunghezza d onda, per non parlare di alcuni prelati, come mons. Luigi Moreno, vescovo d Ivrea. Rispettoso della Costituzione fu pure, nel Regno sabaudo, don Bosco: così che se anche non fu un cattolico liberale, tuttavia fu in relazione con Rattazzi e con esponenti della classe politica liberale e le sue posizioni furono pertanto diverse da quelle anti-liberali e anti-costituzionali di tanto intransigentismo cattolico. Costituzionali furono pure don Cocchi e Leonardo Murialdo. Unità nazionale. Il Risorgimento italiano è stato sia un processo di nation-building (e dunque di sentimenti e passioni nazionalitarie) sia un processo di state-building (in senso liberale), pertanto le vicende del cattolicesimo liberale italiano si sono fuse con la rivoluzione nazionale, facendo sì che alcuni cattolici liberali entrassero nel canone politico del Risorgimento con le loro opere e con la loro azione: così fu per le Speranze d Italia di Cesare Balbo, per i diversi scritti (successivi al Primato) di Gioberti, per I casi di Romagna e per l impegno di capo del governo di Massimo d Azeglio. Ciò significò che ci si dovette scontrare con il problema del temporalismo. La riflessione sul potere temporale dei papi e sulla sua non essenzialità ai fini della vita spirituale della Chiesa divenne un urgenza e si coniugò a forti istanze spirituali di riforma cattolica nel segno dell anti-gesuitismo. Pedagogia nazionale. La cultura di ascendenza cattolico liberale divenne dunque l asse portante della cultura nazionale dopo l Unità. In particolare, vista la particolare necessità pedagogica ( Fatta l Italia, bisogna fare gli italiani, secondo la celebre espressione azegliana), il canone educativo nazionale fu permeato in tal senso: sia con Casati e con la legge del 1859 che delineava il sistema scolastico sia, sul piano degli indirizzi pedagogici, secondo una linea che da Rosmini e Lambruschini (e, anche qui, Gioberti) giungeva a Giovanni Antonio Rayneri, Domenico Berti, Giovanni Maria Bertini, ma anche a Antonino Parato, Giuseppe Allievo, Emma Perodi, Jacopo Bernardi, Pietro Baricco, Francesco Bonatelli, Francesco Acri. Un ambito particolarmente sensibile, poiché avversato dal cattolicesimo intransigente e dunque di grande portata simbolica, fu quello dell educazione dell infanzia: Ferrante Aporti e l indirizzo aportiano rappresentarono, dunque, la proposta cattolico-liberale, per lungo tempo canonizzata come metodo italiano (contrapposto al germanico froebelismo). Dalla Destra storica ad un cattolicesimo di destra. La prima Destra storica post-unitaria costituì, comunque, un nuovo capitolo nella storia del cattolicesimo liberale (o, in questo caso, liberalismo cattolico e filo-cattolico) in Italia. Vi rientra in parte lo stesso Cavour, il cui separatismo ebbe forse matrici protestantico-ginevrine (Vinet) ma anche cattolico-liberali (Montalembert). E certo vi rientrano i capi del governo nazionale dopo Cavour: in particolare Bettino Ricasoli (con i suoi collaboratori Corsi, Borgatti, Cassani), con una forte carica di riformismo neo-piagnone toscano, e Marco Minghetti. Ma si possono ricordare anche Diomede Panteleoni, Pier Carlo Boggio, Luigi Carlo Farini, Ruggero Bonghi, Carlo Cadorna, Fedele Lampertico, Achille Mauri, il gruppo toscano (Tabarrini, Guasti, Conti). Una figura eminente fu quella dell ex-gesuita Carlo Passaglia, che si adoperò, in senso filoitaliano, per una conciliazione con Roma, ma fu condannato dal Vaticano. Liberal-conciliatoriste furono pure, tra il 1859 e il 1864, le riviste Il Conciliatore e Il Carroccio di Milano, Il Mediatore (diretto da Passaglia) e La Pace di Torino, gli Annali cattolici (dal 1866 Rivista Universale ) di Genova, Esaminatore di Firenze. Il motto di quest area, favorevole allo Stato unitario liberale, era: cattolici con il Papa, liberali con lo Statuto. Fonti e Bibl. essenziale E. Passerin d Entrèves, Religione e politica nell Ottocento europeo, a cura di F. Traniello, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento, 1993; A. Pellegrini (a cura di), Tre cattolici liberali. Alessandro Casati, Tommaso Gallarati Scotti, Stefano Jacini, Milano, Adelfi, 1972; F. Traniello, Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese ( ), Milano, Marzorati, 1970. A cura della Redazione Cantiere Storico: La Chiesa in Italia integrazioni, completamenti, aggiornamenti alla Voce da parte di Autori diversi Immagine: Basilica superiore di San Francesco d Assisi, affresco di Cimabue, particolare: la scritta Italia compare sopra la città di Roma CATTOLICESIMO LIBERALE e la Chiesa in Italia Autore: Fulvio De Giorgi Con la presa di Roma nel 1870 e con Quintino Sella, l egemonia si spostò progressivamente su un laicismo massonico, che infine si espresse con vivacità nei governi della Sinistra storica. Del resto, i tentativi transigenti e conciliatoristi di Luigi Tosti (1887) e di mons. Geremia Bonomelli (1889) fallirono, per l irrigidimento vaticano. Il nascente movimento cattolico organizzato (l Opera dei Congressi) si attestava su posizioni intransigenti. Il cattolicesimo liberale non ebbe, da allora, mai più in Italia il grande ruolo storico che aveva avuto nella prima metà dell Ottocento e fino al primo decennio post-unitario. Con lo sviluppo delle correnti democratiche, repubblicane, radicali e infine socialiste, il liberalismo si spostò sempre più a destra: in qualche modo, anzi, il liberalismo di sinistra e che tendeva ormai alla liberaldemocrazia (Zanardelli, Giolitti, Nitti) esibiva un identità laica, se non anticlericale. Il cattolicesimo liberale divenne sempre più una corrente politica conservatrice di destra: dagli sfortunati tentativi di dar vita ad un partito conservatore nazionale (con il torinese Sclopis, il lombardo Stefano Jacini sr., il gruppo romano di casa Campello) fino alle iniziative editoriali (il giornale Lega lombarda ) e politiche (l Associazione per gli interessi pubblici Religione e Patria) di Carlo Cornaggia Medici, eletto in parlamento dal 1904, vicino a Sonnino e a Salandra, favorevole alla guerra di Libia. Un caso di grande valore culturale ma di relativa incidenza civile fu l esperienza della rivista Rassegna Nazionale che coniugò un conservatorismo politico con un riformismo religioso. Essa rappresentò l ideale passaggio alle nuove correnti primo-novecentesche, stimolate dal confronto con la giovane democrazia cristiana. Figure principali di questa transizione tra XIX e XX secolo furono due intellettuali il giurista Contardo Ferrini e il romanziere di grande successo Antonio Fogazzaro, in cui confluivano rosminianesimo e cavourismo e il sen. Tancredi Canonico, sensibile alla mistica di Towianski, molto più che i politici gentilonizzati e clerico-moderati dell età giolittiana. Il nuovo Cattolicesimo liberale. Nell eccitante rigoglio culturale del primo Novecento, quando il modernismo rappresentò la più seria ripresa di ideali tanto di conciliazione tra cattolicesimo e civiltà moderna quanto di riforma cattolica, si ebbe l avvio di un nuovo cattolicesimo liberale, più aperto e progressivo, che guardava con simpatia al murrismo e dunque si evolveva in senso liberaldemocratico. La figura principale fu quella di Tommaso Gallarati Scotti, ma si possono ricordare anche Alessandro Casati e Stefano Jacini jr. Sul piano spirituale ebbe molta influenza il barnabita Semeria. La rivista Il Rinnovamento raccolse molti di questi nuovi spiriti, valorizzando pure l eredità risorgimentale. Costituendo un filone minoritario dell interventismo democratico, questa sensibilità di liberalismo rinnovato giunse al primo dopoguerra, non confluì nel Partito Popolare e si trovò accanto a Gobetti, ad Amendola, a Parri nell esprimere un netto antifascismo, coniugato ad un liberalismo di sinistra (mentre alcuni anziani cattolici liberal-conservatori, come Cornaggia Medici, diventavano clerico-fascisti). Assieme a Gallarati Scotti vanno ricordate le figure di Giacomo Noventa, di Novello Papafava, di Alessandro Passerin d Entrèves. Variamente emarginate nel periodo fascista, queste figure riemersero nel periodo resistenziale. Nella Repubblica italiana. Costituitasi la Repubblica, con istituzioni democratiche, e affermatasi alla guida del governo italiano la Democrazia cristiana, come partito unitario dei cattolici, il cattolicesimo liberale praticamente scomparve come presenza politica, per quanto minoritaria e senza organizzazione unitaria. Ci furono, certo, alcuni membri autorevoli del Partito Liberale che nutrivano, nel privato della coscienza, una fede cattolica: il più importante di tutti fu Luigi Einaudi. Il vecchio fondatore del Partito Popolare, don Luigi Sturzo, tornato in Italia dall esilio, espresse tesi liberiste di politica economica. All interno della Democrazia Cristiana, mentre comune era la tensione anti-totalitaria e liberaldemocratica, vi furono pure esponenti di area moderata, sensibili alla tradizione risorgimentalrosminiana o favorevoli ad una politica liberista: ma né loro né Sturzo si possono propriamente considerare cattolici liberali. Sul piano delle elite culturali, una certa continuazione ideale del nuovo cattolicesimo liberale della prima metà del Novecento si ebbe sia nei cenacoli ex-azionisti e radicali (si veda la collaborazione di Arturo Carlo Jemolo a riviste come Il Ponte di Piero Calamandrei e Il Mondo di Mario Pannunzio) sia, soprattutto, in quel luogo di incontro tra intellettuali liberali di sinistra e cattolici liberal (che cioè guardavano all esperienza della cultura statunitense) che furono la rivista e l editrice Il Mulino (dal 1951): Luigi Pedrazzi e, poi, Pietro Scoppola ed altri. Viva fu, in questi cenacoli, l attenzione alla laicità delle istituzioni, all autonomia delle scelte politiche, ai diritti civili. Negli anni 70 molti di questi intellettuali sarebbero stati tra i promotori della Lega Democratica ( ). Un particolare ambito intellettuale fu, poi, quello della storiografia. Alcuni storici si dedicarono cioè allo studio del cattolicesimo liberale italiano (dell Ottocento, ma anche del primo Novecento e del modernismo) con atteggiamento simpatetico e, in forma diversa, con una identificazione ideale: Arturo Carlo Jemolo, Ettore Passerin d Entrèves, Pietro Scoppola, Nicola Raponi, Francesco Traniello. Alla fine del XX secolo e nell avvio del XXI, il superamento del sistema politico nato nel dopoguerra (con la fine dell unità politica dei cattolici e della DC e con la nascita di nuovi partiti di centro-destra) ha fatto emergere piccole formazioni politiche che si sono rifatte al cattolicesimo liberale. Fonti e Bibl. essenziale O. Confessore, Conservatorismo politico e riformismo religioso. La «Rassegna Nazionale» dal 1898 al 1908, Bologna, Il Mulino, 1971; U. Gentiloni Silveri (a cura di), Cattolici e liberali. Manfredo da Passano e «La Rassegna Nazionale», Soveria M., Rubbettino, 2004; A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, Einaudi, 1949; E. Passerin d Entrèves, Il cattolicesimo liberale in Europa e il movimento neoguelfo in Italia, in AA.VV., Nuove questioni di storia del Risorgimento e dell Unità d Italia, Milano, Marzorati, 1961, vol. I, ; N. Raponi, Cattolicesimo liberale e modernità. Figure e aspetti di storia della cultura dal Risorgimento all età giolittiana, Brescia, Morcelliana, 2002; F. Traniello, Religione cattolica e Stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 2007. A cura della Redazione Cantiere Storico: La Chiesa in Italia integrazioni, complementi, aggiornamenti alla Voce da parte di Autori diversi Immagine: Roma, veduta dell abside della Chiesa di San Pancrazio nel giugno del Metà del XIX secolo. Olio su tela Roma, Museo Centrale del Risorgimento CATTOLICESIMO POLITICO e la Chiesa in Italia Autore: Andrea Ciampani Le conseguenze socio-politiche della Rivoluzione francese e dell Impero napoleonico produssero negli Stati della penisola italiana un dibattito sull evoluzione delle strutture di antico regime e sugli scenari politici proposti dalle tendenze costituzionali. Mentre si costituiva una Santa Alleanza tra la Prussia protestante, l ortodosso impero russo e il cattolico impero asburgico, la sovranità temporale del papato si era indebolita. Nel contesto della Restaurazione europea e della nascita di nuovi Stati costituzionali (come nel caso del Belgio del 1831), le classi dirigenti cattoliche e lo stesso clero si confrontarono con le proposte che tendevano ad affermare l autonomia dell azione politica dalla religione e, talora, l interferenza della prima nella sfera d azione della seconda. Nell epoca romantica si segnalò, peraltro, come ricorderà Tocqueville ancora nel 1848, un ritorno generale e quasi inatteso [ ] verso le cose religiose di molti ceti nazionali. Nella riflessione dottrinaria e nel concreto confronto pubblico della classe politica europea ottocentesca, comunque, era presente una significativa schiera di personalità cattoliche, espressione della società che rappresentavano. Anche all interno delle élites degli Stati preunitari esponenti del cattolicesimo italiano animarono la discussione sui diversi profili del confronto politico e, naturalmente, sull evoluzione dell unificazione nazionale, partecipando anche ai moti del Risorgimento, cui presero parte anche sacerdoti e religiosi. Alcune figure si segnalarono non solo per aver indirizzato il dibattito del moderatismo liberale con i loro scritti, ma per il ruolo politico svolto, come al governo del Regno di Sardegna dopo la concessione dello Statuto