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Era Una Notte Incantevole Il Cielo Era Stellato

LIBERA UNIVERSITÀ MARIA SANTISSIMA ASSUNTA - LUMSA - Era una notte incantevole Il cielo era stellato INTRODUZIONE I SIMBOLI COSMICI NELLA BIBBIA E NELLA LETTERATURA Massimo Marelli Silvia Fanfani Schiavoni

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LIBERA UNIVERSITÀ MARIA SANTISSIMA ASSUNTA - LUMSA - Era una notte incantevole Il cielo era stellato INTRODUZIONE I SIMBOLI COSMICI NELLA BIBBIA E NELLA LETTERATURA Massimo Marelli Silvia Fanfani Schiavoni Roma - A.A Ad uso degli studenti Era una notte incantevole il cielo era stellato Simboli cosmici nella Sacra Scrittura e nella Letteratura Di Massimo Marelli Parte letteraria a cura di Silvia Fanfani Schiavoni Introduzione «Era una notte incantevole, una di quelle notti che ci sono solo se si è giovani, gentile lettore. Il cielo era stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo così potessero vivere uomini irascibili e capricciosi. Anche questa domanda è da giovani, caro lettore, proprio da giovani, ma che Dio la faccia sorgere più spesso nell anima tua!... A proposito di persone irascibili e ostinate, non posso non ricordare come mi comportai bene durante tutta quella giornata. Una certa angoscia aveva iniziato a tormentarmi fin dal mattino. A un tratto mi era sembrato che tutti mi lasciassero solo, che tutti mi abbandonassero».1 L apertura del romanzo breve di Dostoevskij, Le notti bianche, è forse uno degli incipit più belli che sia stato mai scritto. Egli elabora questo libro - che porta come sottotitolo «memorie di un sognatore» - all età di 27 anni. La memoria, ora evocata, richiama qualcosa che afferisce al sacro, perché è ciò che viene custodito nel più intimo di sé stessi. Non è semplicemente memoria psicologica di qualcosa che non è più, sebbene abbia un effetto ancora su di noi capace di produrre emozioni. Qui Dostoevskij sta affermando l essenza stessa dell uomo: il suo essere memoria (ri-cordo) e presenza del sacro. L uomo, dunque, non è profano anche se le sue azioni lo possono rendere tale. L essere sognatori, poi, rievoca la speranza: infatti, il disilluso non sogna più, non sa più prendere le distanze dalla crudezza della realtà, non la sa vedere con occhi nuovi, limpidi sognatori appunto. Per questo sognare appartiene alla giovinezza dell anima, perché con la senilità si possono anche perdere i sogni, per trattenere nelle mani solo la polvere delle proprie delusioni. Protagonista o co-protagonista di questo inizio narrativo è la notte. Una notte che il sognatore non teme, perché il silenzio dell oscurità lo porta naturalmente a volgere lo sguardo verso l alto, a elevarsi dalle inquietudini dell animo, per incontrare il cielo trapunto di stelle. La notte, che ha suscitato i sogni di molte generazioni, paradossalmente oggi, nelle nostre città, viene esorcizzata, avendola resa luminosa come il giorno2 in modo artificiale, tanto che non si è più capaci di vedere le stelle. L inquinamento luminoso delle nostre metropoli ci impedisce di riconoscere le costellazioni dell universo, di percepirci immersi in un grande silenzio e in una profondissima quiete.3 La notte silenziosa - ma non vuota di suono - è riempita di rumori, spesso assordanti, che impediscono all animo di riconoscere l alterità e di lasciarla emergere all orizzonte. Siamo in un mondo sempre più globalizzato, eppure siamo sempre più soli e abitati da paure che tentiamo continuamente di scongiurare con rituali notturni che ne ottundano la coscienza, quali per esempio la movida della notte, piuttosto che l happy hour o il drink della sera... Si cerca lo 1 F. DOSTOEVSKIJ, Le notti bianche, Einaudi, Torino È stata volutamente usata l espressione che torna nel Preconio pasquale cantato nella Santa Notte di Pasqua, dove si afferma espressamente: «Haec nox est, de qua scriptum est: Et nox sicut dies illuminabitur et nox illuminatio mea in deliciis meis» (Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, e sarà fonte di luce per la mia delizia). Qui, però, la luce non è un artificio perché è l uomo stesso, in Cristo luce del mondo, a essere divenuto tutto luminoso. La notte del peccato è infatti senza stelle perché, lontani da Dio e dal suo sguardo che è salvezza, si perdono tutti i punti di riferimento e l orientamento della propria vita. La luce pasquale è prima di tutto la luce di uno sguardo che, misericordioso e pietoso, si volge sulla creatura amata per salvarla. La luce pasquale da cui l uomo viene tutto illuminato fino a diventare esso stesso luce è l amore, che dalla croce, luogo di massima lontananza da Dio, si riverbera su tutta l umanità e su tutta la creazione perché ogni cosa sia com-presa in essa. 3 Cfr. G. LEOPARDI, L infinito. Introduzione sballo come soluzione per superare la caligine del vivere e l angoscia del vuoto, perché il bisogno di luce è insito nell uomo che è fatto per la Luce che è Dio.4 Ma, già nel 1848, la solitudine è la paura che abita il cuore di questo sognatore innamorato e lo tormenta: «Una certa angoscia aveva iniziato a tormentarmi fin dal mattino. A un tratto5 mi era sembrato che tutti mi lasciassero solo, che tutti mi abbandonassero». Pure abitato da questi fantasmi notturni, il giovane sognatore sa ancora alzare lo sguardo verso il cielo per ammirarvi le stelle e cercarvi un orientamento, ed esse gli appaiono come una realtà (dimensione) fondamentale per la vita dell uomo. In latino stella si dice sidus, e alle stelle sono legate molte parole della nostra lingua e della nostra esperienza: con-siderare, per esempio, indica la capacità di esaminare con attenzione una realtà in tutti i suoi aspetti, e deduce il suo significato proprio dall esperienza di guardare insieme, in un solo colpo d occhio, le stelle del cielo. Oppure, il verbo de-siderare e il suo sostantivo desiderio che indica un moto dell anima, la cui particella intensiva de- li fa derivare dalla capacità di fissare profondamente le stelle per scorgervi il significato divino delle cose. Di fronte al miracolo del cielo stellato, il giovane sognatore cerca così il senso della propria vita a partire dai desideri che muovono il suo intimo. Davanti alle stelle sorgono le grandi domande dell esistenza: qual è il senso della mia vita e su cosa essa si fonda? Io, perché vivo? Per chi vivo? Dove sto andando? Da queste domande di senso inizia un cammino tormentato che porterà il protagonista a scoprire l amore a scoprire di essere amato. Le stelle sono fondamentali per l uomo simbolico: Dante vi costruisce tutto l impianto della Divina Commedia come un cammino verso la Vita. Inferno, Purgatorio e Paradiso non sono condizioni che attendono l uomo alla fine della sua esperienza terrena, ma realtà che egli esperisce già mentre entra nella selva oscura dell esistenza e compie il suo tragitto per uscir fuori (nascere) a riveder le stelle. Dante delinea attraverso i tre mondi della Commedia delle qualità del cuore: solo affrontando le proprie paure e il male che è dentro di sé, l uomo può riemergere alla realtà, non disilluso ma ancora sognatore, ossia capace di futuro trovando questo futuro in Dio (Paradiso), dopo aver purificato i propri desideri (Purgatorio). E la domanda esistenziale del sognatore di Dostoevskij, appunto, nasce dallo stupore che sotto un cielo così meraviglioso possa esistere il male (ira e ostinazione), una realtà che non è fuori di lui ma in lui! Tuttavia, a partire da questa constatazione dolorosa che accende il tormento dell anima e la percezione dell essere lasciato solo nel suo male (de-solato) si avvia il suo processo di purificazione e di liberazione e le stelle rimarranno per lui la memoria sacra del suo essere sognatore, cioè del suo essere giovane nell anima, del suo essere vivo. La letteratura è uno dei luoghi privilegiati per l espressione dell esperienza simbolica dell uomo: nelle pagine che seguono il lettore troverà spunti, suggerimenti, elementi di riflessione sull eterna attualità di questa esperienza, declinata in funzione degli elementi cosmici. Esperienze del cielo (dell aria) dunque, ma anche della terra, del fuoco e dell acqua. L idea di interrogarsi e di riflettere sui simboli cosmici in riferimento alla Sacra Scrittura è allora legata a una constatazione che può apparire scontata. Nei racconti evangelici le azioni di Cristo sono legate a elementi naturali: la grotta della Natività e della Risurrezione, il fiume del 4 Il sacramento del Battesimo era definito dai Padri della Chiesa come illuminazione, ossia come un venire alla luce della grazia e della comunione con Dio, fino a esserne luminosa trasparenza. Anche l episodio evangelico della Trasfigurazione annuncia questo mistero di luce che è l uomo. Infatti, il Signore trasfigurato non manifesta tanto qualcosa di Dio ma la bellezza dell uomo, ovvero il suo essere luce nella comunione Trinitaria, fonte di ogni chiarità. 5 Dostoevskij fa un costante uso nelle sue opere dell avverbio russo vdrug che in italiano è stato reso con «a un tratto» o «improvviso». Come è stato osservato dagli studiosi, può essere considerato come un nuovo tipo di cronotopo (rappresentazione letteraria del rapporto tempo/spazio). Sebbene lo scrittore lo usi quasi in maniera inconscia e noi inconsciamente lo recepiamo, esso traduce in realtà il Kairòs biblico, il momento in cui cielo e terra si uniscono, così come tempo ed eternità. L angoscia della solitudine diventa il momento favorevole, improvviso, in cui fare vera esperienza del Sacro, ossia del Santo. 5 Introduzione Battesimo, la montagna delle Beatitudini, il giardino dell agonia del Getsemani e quello dell incontro con Maria di Magdala. Anche le teofanie veterotestamentarie hanno tutte una cornice cosmica: il fuoco del roveto ardente, il mare dell Esodo, la roccia nel deserto, la grotta di Elia. In una sua conferenza ormai data diversi anni fa, il gesuita iconografo Egon Sendler6 sostenne che per comprendere il senso di una icona della vita di Cristo bisognava partire dal topos, poiché il luogo è significativo del senso del mistero reso presente dall immagine. Questa caratteristica non è esclusiva del linguaggio figurativo ma appartiene a ogni linguaggio spirituale. Per tale motivi esso trova riferimento anche nella grande letteratura dell umanità, oltre che nei miti archetipici di ogni cultura. Gli autori cristiani, che ne erano ben consapevoli, colsero immediatamente il legame tra la cornice cosmica e il significato spirituale. Anastasio Sinaita, per esempio, compone una Omelia sulla Trasfigurazione del Signore, dove invita le montagne a innalzare una lode cosmica al Signore: «Montagne del Giordano, montagne dell Hermon, montagne della Grecia e dell Olimpo, montagne di Gebal, montagne dell Arnon, montagne dell Epiro, montagna di Galaad, montagna di Sion, monte del Golgotha e monte degli Ulivi, cantate insieme un inno e rallegratevi, cantate il Cristo a una sola voce sul monte Tabor e celebratelo tutte insieme, dicendo. Rallegrati, creatore di ogni cosa, Cristo Re, Figlio divino risplendente di luce, che hai trasfigurato a tua immagine tutta la creazione e l hai ricreata in modo migliore».7 Questo inno è un esempio del passaggio dalla cornice cosmica alla lode liturgica. Ci sono realtà, infatti, che sono esprimibili con un linguaggio concettuale, altre, più profonde, che sono dicibili solo attraverso un linguaggio simbolico. Vi e poi, per quanta riguarda in particolare l espressione figurativa cristiana, un altro ordine di considerazioni, più sottile, più delicato, più nascosto, quasi inafferrabile, che non riguarda il fatto puro e semplice di rappresentare un elemento della natura, ma il modo come questa viene realizzato. È noto che la pittura antica aveva raggiunto raffinatezze estreme sia nella raffigurazione di elementi della natura a scopo ornamentale che nella resa di paesaggi espressionistici. Ma se ad esempio guardiamo la palma sull arco trionfale di S. Apollinare in Classe, vediamo che non è vista con occhi da naturalista, né vuole evocare un atmosfera di sogno. Una palma così non esiste nella natura: con i suoi rami giallo puro e verde puro e i frutti di un oro carico, si staglia come luce preziosa e fresca sullo sfondo blu intenso. Senza peso, senza spessore, senza ombre, emana da sé la sua luce, in una fuga verso l alto che si apre in un ventaglio luminoso. Di che cosa parla senza parole questa palma in cui la luce si è sposata con il colore, se non della pura felicità di essere palma? In altre parole, l artista che l ha consegnata così sul grande portale che apre l accesso simbolico al mondo di Dio - il santuario -, ovvero ci ha trasmesso la sua visione interiore della palma come creatura di Dio, già trasfigurata dalla luce del Paradiso. Prendiamo un secondo esempio: la piccola anatra che naviga nel cielo d oro della cappella arcivescovile di Ravenna: l anatra, per la sua forma e i suoi colori, è un soggetto ornamentale già diffuso nell arte antica; ma, quest anatra sorride o, meglio, sorrideva, pensandola, colui che la faceva. È giovane, ha la grazia un po goffa dei cuccioli, procede come fanno le papere, spostando il peso da una zampa all altra e sbilanciandosi un po - per dir questo le sue zampette non sono dello stesso colore -; le sue piume cangianti brillano; ha l occhio vispo. Torna alla mente il testo in cui il Creatore chiama le sue creature ed esse gli rispondono: «Le stelle brillano nelle loro postazioni e gioiscono. Dio le chiama per nome ed esse rispondono: Eccoci! E brillano di gioia per il loro Creatore» (Bar 3, 34-35). 6 E. Sendler, gesuita iconografo, autore di due testi fondamentali: L icona immagine dell invisibile, ed. Paoline, Milano 1992 e Le icone bizantine della Madre di Dio, Ed. San Paolo, Milano Homélie inédite d Anastase le Sinaïte sur la Transfiguration, in Joie de la Transfiguration d après les Peres d Orient, coll. Spiritualité orientale. 39, Bellefontaine1985, pp Introduzione L autore sacro attraverso questa immagine poetica descrive il mistero della creazione, l obbedienza delle realtà create alla chiamata di Dio cosa che, invece, non farà l uomo decidendo di disobbedire e narra così simbolicamente la sua esperienza di credente. C è anche qui un sorriso di fondo che è come il riflesso del mistero di quel compiacimento divino degli inizi: «E Dio vide che era tutto bello-e-buono». Come tradurre in termini umani questa mistero della creazione che tocca il mistero stesso di Dio, se non con un sorriso quasi impercettibile che nel testo ispirato arriva a noi attraverso la prontezza della risposta: Eccoci! Anche la piccola anatra di Ravenna dice al suo Creatore: Eccomi! E degli uomini di fede hanno voluto trasmettere ad altri credenti nel Dio Creatore e Redentore che questa è, in realtà, il messaggio silenzioso di una piccola anatra. Ora, se gli eventi più importanti della storia della salvezza possiedono una cornice cosmica e se gli elementi della natura diventano essi stessi significanti sia nell espressione verbale che in quella figurativa, questo significa che sono strettamente legati con il contenuto dell evento o della realtà spirituale. Esiste, in altri termini, un passaggio e una donazione di senso che va dall evento alla cornice cosmica e ritorna dalla cornice cosmica all evento, ognuno illuminando ed essendo illuminato dall altro, ognuno rivelando e essendo rivelato dall altro Il cosmo biblico Tutto l Antico Testamento si inquadra in uno scenario cosmico: l acqua primordiale, il mare, il deserto, il fiume, la terra fertile, il giardino di Canaan, la montagna, il cielo trapunto di stelle, i lampi, il fuoco, la caligine Vincent Mora in un opera dedicata allo studio dei simboli della creazione nel vangelo di Matteo scrive: «Per l uomo biblico, l uomo è inseparabile dalla terra; è nato da essa; è un pezzo di terra sollevato dalla vita. Si nutre di essa e ritorna nel suo seno [ ]. L uomo, secondo la Bibbia, può vivere solo in osmosi con il cielo e la terra».8 La natura è teofanica, perché è manifestativa di Dio ed è la via della prima conoscenza di lui: «I cieli narrano la gloria di Dio, l opera delle sue mani annuncia il firmamento» (Salmo 18). L uomo biblico però sa bene che il cosmo non è Dio, né si confonde con lui. Il cosmo è manifestativo di una sapienza altra, ed è attraverso questa sapienza - di cui il cosmo diviene trasparenza e rimando - che l uomo può risalire a Dio. L uomo biblico non ha un sentimento romantico rispetto alla natura; non si dice mai che una data cornice naturale di un evento provochi un particolare stato d animo, ma la cornice naturale costituisce un dato oggettivo dell evento. Al sentimento di immensità del cosmo si unisce quello della sua inconsistenza e precarietà: il sole, la luna, le stelle sono sospesi nel firmamento e possono cadere in ogni momento, perché Dio può scuotere le potenze del cielo e può togliere il respiro agli esseri viventi. Anche in questo senso che potremmo considerare negativo il creato possiede un carattere teofanico e l uomo sente di condividere con tutte le realtà create la fragilità del proprio essere corporeo e la relazione in lui intima con il suo Creatore: «Se nascondi il tuo volto vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere» (Sal 104). Paradossalmente per l uomo biblico il creato è più vasto che per noi moderni: esso include oltre agli esseri terrestri e acquatici, anche altri esseri viventi, i quali pur non essendo terrestri, esercitano un influsso sugli abitanti della terra: si tratta delle potenze del cielo e delle potenze degli inferi, ossia angeli e demoni. 8 V. MORA, Les symboles de la création dans l évangile de Mathieu, Cerf, Parigi Introduzione Sebbene l uomo biblico non parli mai delle risonanze interiori degli elementi cosmici su di lui, tuttavia gli eventi salienti della storia della salvezza sono tutti legati a elementi cosmici che non sono assolutamente casuali. La rivelazione del Nome del Signore a Mosè avviene per esempio sulla sommità di una montagna ed è indissolubilmente legata all elemento fuoco e all elemento vegetale del cespuglio incombusto: «Dio lo chiamò dal roveto» (Es 3, 4). Qui appare chiaramente l impossibilità di separare l evento spirituale teofanico dal suo supporto cosmico. Questa oggettività relativa all elemento cosmico trova la sua espressione più limpida nella rivelazione fatta a Mosè della struttura della Tenda, il cui archetipo è il tempio cosmico, opera di Dio: «Guarda ed esegui secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte» (Es 25, 40) Il cosmo e l uomo contemporaneo Per l uomo moderno non esiste più questo legame diretto tra le realtà cosmiche e la sua vita. La natura diventa solo oggetto di godimento estetico (Faust), oppure come un bene di consumo (isole tropicali) o come un ambiente da sfruttare (pozzi petroliferi), oppure come un bene da conservare e da salvaguardare (movimenti ecologici). La superiorità che l uomo moderno pone tra sé e la natura - poiché si sente in grado di dominarla di fatto oggettualizza il cosmo. Teoricamente anche per l uomo moderno il cosmo è immenso dal punto di vista delle conoscenze teoriche lo è anche di più che per l uomo antico ma le conoscenze scientifiche e la padronanza tecnica sulla materia e sullo spazio affievoliscono in lui questa coscienza di relazione. In forza di questo rapporto di padronanza l uomo moderno non percepisce più gli elementi cosmici come creature imparentate con lui, ma come oggetti che si possono manipolare, utilizzare e dominare. Tra l uomo e la natura c è così un distacco fondamentale che si ripercuote anche nella percezione del tempo. L uomo moderno, infatti, non si corica più con il tramonto del sole né si alza con il suo sorgere, alterando così in sé i ritmi naturali della veglia e del riposo. Il rapporto con il mondo dell uomo contemporaneo è fondamentalmente dualistico: circondato quasi esclusivamente da manufatti umani (costruzioni, mezzi di trasporto ), egli non è più in grado di percepire la comunanza, il legame essenziale che a causa della sua condizione corporea lo lega alla natura. Questo distacco però non è senza conseguenze, come spiega Eloi Leclerc: «Il guaio è che la natura non è soltanto davanti a noi e fuori di noi; è anche in noi. Noi siamo indivisibilmente corpo e anima, libertà e necessità. L u