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La Sonata Op. 23 Di W. T. Matiegka E I Q

Artigo sobre arranjos de música de Haydn para violão

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Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano Diploma Accademico di II livello in CHITARRA LA SONATA Op. 23 DI W. T. MATIEGKA E I QUATRE DIVERTISSEMENS Op.13 DI F. DE FOSSA: DUE "TRASCRIZIONI" PER CHITARRA DA COMPOSIZIONI COMPOSIZIONI DI F. J. HAYDN di Leopoldo Saracino Docente guida: M° Paolo Cherici Anno Accademico 2010-2011 Ringraziamenti I miei ringraziamenti vanno al M° Paolo Cherici per aver con pazienza seguito i mi ei mutevoli interessi in questi anni, incoraggiand i ncoraggiandomi omi sempre. Devo anche ringraziare per i numerosi suggerimenti e stimoli, durante i numerosi scambi di idee, l'amico di lunga data Marco Riboni. Il ringraziamento più grande va però a mia moglie Paola per il sostegno e l'aiuto che non mi ha mai fatto mancare. Ringraziamenti I miei ringraziamenti vanno al M° Paolo Cherici per aver con pazienza seguito i mi ei mutevoli interessi in questi anni, incoraggiand i ncoraggiandomi omi sempre. Devo anche ringraziare per i numerosi suggerimenti e stimoli, durante i numerosi scambi di idee, l'amico di lunga data Marco Riboni. Il ringraziamento più grande va però a mia moglie Paola per il sostegno e l'aiuto che non mi ha mai fatto mancare. Indice 1. Introduzione 2. La trascrizione nella musica strumentale del 19 sec nei suoi diversi aspetti 2.1. La trascrizione: definizioni e tipologie 2.2. La chitarra come strumento per le trascrizioni 3. La Sonata op.23 di Wenzeslaus Thomas Matiegka (1773-1830) 3.1. Wenzeslaus Thomas Matiegka: note biografiche 3.2. La sonata op. 23 di Matiegka e la Sonata Hob. XVI n.32 di Haydn Drang, Haydn e Matiegka 3.3. Lo Sturm und Drang, 3.4. Analisi comparativa 3.5. Terzo movimento: Rondò 4. I "Quatre Divertissemens pour la guitare seule extraits des ouvres de J. Haydn" op.13 François de Fossa (1775-1849) 4.1. François de Fossa: note biografiche 4.2. I Quatre Divertissemens op.13 di F.De Fossa e le Sinfonie Hob I 53, 63, 85, 86 di Haydn 4.3. Analisi comparativa 4.4. Secondo Divertimento in Fa# minore 5. Conclusioni 1. Introduzione Come è noto la chitarra nel periodo fra la fine del secolo XVIII e la prima metà del XIX conobbe una delle fasi più felici per il suo repertorio solistico e cameristico. Nell'ambito di questa ampia letteratura non mancano numerosi esempi di trascrizioni nella forma del pot-pourri, della fantasia oppure della riduzione o arrangiamento delle più famose ouvertures o arie d'opera. Se la parte principale di questa produzione musicale può farsi risalire al mondo operistico, meno numerosi, ma sicuramente non di minore interesse, sono gli adattamenti di lavori strumentali del classicismo viennese che nel corso di tutto l'Ottocento godettero di diffusa notorietà ed amateurs. apprezzamento apprezzamento presso gli amateurs. Scopo del presente lavoro è quello di approfondire la conoscenza della prassi della trascrizione per chitarra all'inizio del XIX sec. attraverso l’analisi comparativa di due opere, la Sonata op. 23 di Matiegka e i Divertimenti op. 13 di De Fossa, che, seppure scritte in i n ambienti musicali diversi, sono accomunate dal fatto di prendere spunto entrambe da composizioni di F.J. Haydn. Nel primo caso, infatti, il lavoro di ricerca di Mario Carreira (Mário Carreira: Matiegka's sonata op.23 for guitar and Haydn's pianoforte sonata in B minor, Hoboken XVI:32. Tecla editions) ha brillantemente messo in luce come il brano sia basato sulla sonata in si minore Hoboken XVI:32 di Haydn. Per i Divertimenti op. 13 di De Fossa, invece, lo stesso autore dichiara già nel titolo la diretta provenienza dalle opere di Haydn “ Quatre Divertissemens (sic) pour la guitare seule extraits des ouvres de J. Haydn”. Haydn ”. Vedremo inizialmente come si possono inserire le trascrizioni per chitarra nell'ambito della prassi più generale della trascrizione nel periodo preso in esame. Verrà successivamente approfondito lo stato delle conoscenze relativamente ai due autori in esame. Si tratta si due figure non di primissimo piano nel panorama degli autori del periodo. Matiegka infatti, pur figurando insieme ad Anton Diabelli fra i chitarristi e compositori più accreditati nella Vienna di inizio 800, venne presto eclissato dalla fulminante apparizione di Giuliani sulle scene concertistiche della capitale asburgica. De Fossa, invece, di famiglia nobile e militare di carriera, pur avendo durante tutta la vita costantemente coltivato la pratica strumentale e compositiva, non scelse mai di fare della musica una professione. Nonostante ciò si tratta di due autori che hanno prodotto opere di pregevole valore e presentano dei caratteri personali che, come vedremo, li differenziano e li qualificano anche in confronto con la produzione di autori più unanimente riconosciuti come Sor e Giuliani. Il corpo principale del presente lavoro sarà, quindi, basato sull’analisi comparativa fra gli originali di Haydn e le composizioni in esame con particolare riferimento alle diverse modalità della trascrizione ed evidenziando l'opera di "riscrittura" dell'originale impostata dai due autori sia ad uso strettamente strumentale, sia (come vedremo, soprattutto nel caso della Sonata di Matiegka) legata più prettamente a scelte di natura stilistica e musicale. 2. La trascrizione nella musica strumentale del 19. sec. nei suoi diversi aspetti 2.1 La trascrizione: definizioni e tipologie La studiosa Maria Caraci Vela (CARACI VELA, Maria  La filologia musicale, Lucca, Lim, 2009, p. 149-150) nel suo fondamentale testo sulla filologia musicale ci dà la seguente definizione del termine trascrizione: Col termine trascrizione si intendono diversi tipi di interventi su testi musicali: a) la ri-scrittura di un testo musicale in notazione diversa da quella in cui era stato originariamente fissato; b) la elaborazione di musica preesistente, che approda ad un proegtto compositivo nuovo, pur mantenendo trasparente il suo rapporto con l'ipotesto che segue e su cui si struttura (trascrizione di tipo creativo); c) l'adattamento di una composizione musicale ad un altro organico, condotto in maniera tendenzialmente fedele all'ipotesto (trascrizione di tipo oggettivo) eventualmente con interventi  funzionali all'utilizzo e/o alla diffusione della musica trascritta; d) il processo che fissa nella notazione musica tràdita oralmente o in documenti sonori. Secondo questa definizione, le tipologie trascrittive oggetto del presente lavoro rientrano essenzialmente nel gruppo b e c. La prassi trascrittiva, ha una storia antichissima e, per così dire, parallela all'esecuzione e alla composizione in senso stretto. Essa nasce da una pluralità di esigenze ben evidenziate da Cesare Fertonani: “Si trascrive per imparare e per insegnare, per assimilare uno stile, per adattare un brano alle risorse esecutive offerte dalle circostanze oppure alle richieste del mercato editoriale,  per rendere una composizione fruibile da parte di un pubblico più ampio, per valorizzarne e  potenziarne la dimensione timbrica. E per molte altre ragioni ancora, magari tra loro intrecciate, tanto che è spesso arduo ricondurre una trascrizione a un'unica funzione, incasellarla ed etichettarla senza residui e ambiguità.” (FERTONANI, Cesare  La trascrizione, nuovi riflessi in "Amadeus", Milano 2007, n.213, p.28) In particolare, nell'Ottocento, la trascrizione ha avuto un ruolo molto importante. A questo riguardo Marco Riboni osserva, relativamente alle trascrizioni operistiche per chitarra, ma sicuramente estensibile anche ad altre tipologie di trascrizioni: “..... si facevano trascrizioni per scopi didattici e concertistici; per far sfoggio di profonda sensibilità musicale o di mero e sterile virtuosismo; per venire incontro alle richieste dei tanti "amateurs"; per ingraziarsi le simpatie di un personaggio importante dedicandogli le variazioni sull'aria favorita; per poter rivivere il  fascino dell' opera suonando insieme agli amici questo o quel motivo più in voga; infine, più  prosaicamente ma altrettanto inevitabilmente, per vendere agli editori qualche numero d'opera e quindi poter fronteggiare i conti della dura realtà quotidiana. Insomma un autentico coacervo di tendenze i cui risultati furono una produzione editoriale poco men che sterminata: nella sola Vienna, dove nel primo quarto di secolo operarono professionalmente numerosi chitarristi, furono date alle stampe centinaia e centinaia di trascrizioni.” (RIBONI, Marco  Le trascrizioni per chitarra di Mauro Giuliani, in "Il Fronimo", Milano, 1993 n. 85 p. 13). Sebbene le diverse esigenze alla base della pratica della trascrizione sono, in alcuni casi, non così nettamente distinte, esse però si possono sicuramente individuare in diverse forme indicate dalla Caraci Vela. Ecco quindi che la riduzione di un opera per canto e pianoforte si può ricondurre facilmente al tipo c mentre un potpourri o parafrasi su temi noti può rientrare nel modello b. Al di là di queste considearzione, l’aspetto che, però, rende particolarmente interessante la pratica della trascrizione è quello della componente creativa messa in atto dal compositore. A questo riguardo sono illuminanti le parole di Fertonani: “ Al di là delle finalità di volta in volta diverse, la trascrizione è comunque un atto compositivo creativo e non puramente meccanico come il termine potrebbe lasciar ingannevolmente intendere. Attraverso la trascrizione la sostanza musicale del brano, pur rimanendo invariata, acquista e rivela necessariamente nuovi riflessi, nuovi aspetti, nuovi significati: la composizione mantiene la propria identità e al contempo diventa altra da sé. Così si può dire che la trascrizione è un modo per illuminare la poliedricità semantica di una composizione; il che ovviamente è tanto più vero quanto più elevate sono la dignità artistica della composizione originale e il talento creativo del trascrittore. Inoltre quando autore del pezzo e trascrittore non sono la stessa persona, [......] ,la trascrizione è un prodotto che getta luce non soltanto sul brano originale e sul suo autore bensì anche - e soprattutto - sulla personalità, sullo stile e sulla poetica del trascrittore, il quale diventa, di fatto, coautore.” (Fertonani, cit, p.28, 29) 2.2 La chitarra come strumento per le trascrizioni Se il pianoforte si può considerare lo strumento protagonista della vita musicale dell'Ottocento, come emerge chiaramente dal gran numero di trascrizioni e riduzioni di ogni tipo che fiorirono all’epoca per soddisfare il desiderio di schiere di dilettanti e virtuosi, la chitarra nondimeno rivestì un ruolo non secondario nella diffusione di un vasto repertorio musicale, grazie anche alla produzione di un considerevole numero di trascrizioni, pot-pourri, e riduzioni dei brani di maggior successo della più varia provenienza. La chitarra, infatti, si era conquistata una vasta popolarità nella società borghese dell'inizio del sel sec. XIX grazie anche all'enorme successo che ebbero alcuni importanti alfieri di questo strumento nelle capitali europee, Parigi e Vienna su tutte. Carulli e Sor a Parigi, Giuliani a Vienna esaltarono le platee ed i salotti e riscossero un grande successo editoriale anche grazie alla grande diffusione che ebbero le loro opere didattiche. Di conseguenza il numero di dilettanti e amateurs dello strumento a sei corde si moltiplicò, favorendo, quindi, la nascita di un repertorio comprendente anche arrangiamenti e trascrizioni delle melodie più note ed in voga. Così Marco Riboni descrive il fenomeno: “La sua grande popolarità (della chitarra ndr.), soprattutto fra i ceti medio alti della borghesia viennese e parigina, si rivelò subito un terreno fertilissimo per le trascrizioni che infatti si svilupparono ampiamente radicandosi in innumerevoli direzioni: dal breve pezzo di elementare semplicità ai vertici del più esasperato virtuosismo, dal brano di modesta levatura musicale a  pagine di autentica ispirazione artistica, dal genere solistico alle più svariate formazioni cameristiche” (RIBONI cit. p.13). Della vasta letteratura per chitarra che si venne producendo in questi anni di popolarità, Riboni (RIBONI cit. p.13) propone una classificazione in tre diversi gruppi delle opere di trascrizione: 1) temi con variazioni, 2) riduzioni, 3) pot-pourris, In particolare, il secondo gruppo (riduzioni) è qui inteso come trasporto del t esto originale ad un nuovo organico, limitando allo stretto necessario gli interventi del trascrittore. E' questo il caso dei numerosi adattamenti di ouvertures o arie d'opera. La parte del leone nel vasto corpus di trascrizioni chitarristiche ottocentesche la fanno senza dubbio le composizioni che si riferiscono al mondo operistico. Basterebbe pensare all'enorme popolarità e successo su scala europea delle opere di Rossini per capire come autori ed editori abbiano pensato bene di approntare un gran numero di riduzioni e adattamenti per i più svariati organici strumentali di parti anche consistenti delle opere rossiniane più note e non solo. Riguardo a queste opere esiste ad oggi un’ampia letteratura, meno studiato, ma non per ciò meno interessante, è invece il repertorio di trascrizioni che prende spunto dalle opere strumentali dei grandi autori del classicismo viennese. Di seguito un breve e parziale elenco di composizioni per chitarra sola contenenti adattamenti di opere di Haydn, Mozart e Beethoven: - Ferdinando Carulli: Choix de plusieurs morceaux d'Haydn Mozart Beethoven e Hummel arrangés pour la guitare op.235 - Fernando Sor: Six Airs choisis de l'opera de Mozart Le flute magique arrangés pour guitare seule op.19 - Napoleon Coste: Le livre d'or Suite de pieces et fragments extraits d'oeuvres des grands Maitres et appliques a la guitare op. 52 - Sigismund Volker: Marche funebre sur la mort d'un Heros composeé par L. Van Beethoven arrangée pour la guitare - Francois de Fossa: Suivi de Huit Valses Choisies de Mozart [sic] pour la Guitare op.9 - Marco Aurelio Zani de Ferranti Andante de Beethoven reduit pour guitar seule - Francois de Fossa: Quatre Divertissemens pour la guitare seule extraits des oeuvres de J Haydn op.13 - Wenzeslaus T. Matiegka: Sonata op.23 (basata su temi di Haydn) In questo elenco, sicuramente incompleto, non figurano temi con variazione o pot-pourris e le numerose trascrizioni per due chitarre o chitarra e altri strumenti. Ciò nonostante è possibile notare l'interesse che questi tre autori classici hanno suscitato già nei primi anni del XIX sec. Le due ultime opere di questo sommario saranno analizzate più approfonditamente in questo lavoro. 3. La Sonata op.23 di Wenzeslaus Thomas Matiegka (1773-1830) 3.1 Wenzeslaus Thomas Matiegka: note biografiche Per una disamina approfondita delle fonti storiche relative alla biografia del compositore boemo rimandiamo all'esteso articolo di Francesco Gorio (Gorio, 1985) (Gorio, Francesco Wenzeslaus Thomas Matiegka, in "Il Fronimo", Milano, 1985 n. 52 p.24-41). In questa sede verranno quindi riassunte le notizie biografiche più significative traendole dal quadro cronologico contenuto nell'articolo di Gorio. Wenzeslaus Thomas Matiegka nasce il 6 luglio 1773 a Chotzen, Boemia (oggi Repubblica Ceca). Fino al 1788 vive in famiglia dove riceve dal padre, direttore del coro locale, i primi insegnamenti musicali e si avvicina allo studio del canto, del violino e del pianoforte. Nel 1788 entra come "Sopranist" nel seminario di Kremsier in Moravia dove studia il basso continuo e il violino. Dal 1791 frequenta la facoltà di Giurisprudenza presso l'Università di Praga e studia il pianoforte con l'Abate Jelinek. In questi anni inizia anche la pratica del violoncello. Nel 1798 entra alle dipendenze del principe Ferdinand Kinsky con la qualifica di attuario, ma nel 1800 decide di dedicarsi totalmente alla musica e si trasferisce a Vienna. Nei primi anni a Vienna incontra non poche difficoltà nel lavorare come musicista e trova, quindi, impiego nello studio legale di Leopold Hintergölpel. Dal 1802, infine, riesce ad accreditarsi nel mondo musicale viennese e raggiunge una discreta notorietà come insegnante. Contemporaneamente approfondisce lo studio della composizione con Joseph Herzdenreich e intraprende lo studio della chitarra e della viola d'amore. Nel 1817 ottiene l'incarico di direttore del coro nella chiesa di St Leopold di Vienna e riceve elogi per la composizione di una Messa. Nel 1820 gli viene affidata la direzione del coro della chiesa di St. Joseph di Vienna. Nel 1826 Wilhelm Klingenbrunner scrive la sua biografia per gli archivi della Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna. Matiegka muore a Vienna il 19 gennaio 1830 di tisi polmonare. Da queste note biografiche si possono trarre alcune osservazioni. La vicenda musicale Matiegka si caratterizza evidentemente come non legata esclusivamente alla chitarra. Non risulta infatti una sua attività concertistica di qualche rilievo ma, similmente a quanto avvenne per Molitor e Diabelli - gli altri due principali esponenti del chitarrismo viennese prima dell'avvento del "virtuoso italiano" Giuliani - l’influenza di Matiegka sul linguaggio della chitarra si esplicò più attraverso la composizione che tramite l’esecuzione pubblica. Il suo contributo principale appare, quindi, legato alla creazione di un repertorio solistico e cameristico che rispecchiasse gli stilemi del classicismo attraverso la chitarra, strumento emergente e a la mode nei salotti viennesi. Molto chiare, a questo riguardo, le parole di Gorio: “Avvenne invece che, anche per motivi contingenti, essi (Matiegka, Molitor e Diabelli ndr.)  furono costretti ad occuparsi di tutti quegli strumenti, tra i quali la chitarra, che a quel tempo godevano del favore della comunità cittadina. Il loro grande merito fu però quello di saper trasfondere nella chitarra l'idea musicale del classicismo, costruendo così uno strumento che potè vivere con pari dignità degli altri l'epopea dell'Ottocento viennese.”  (Gorio, Francesco Wenzeslaus Thomas Matiegka, in "Il Fronimo", Milano, 1985 n. 53 p.10-11). In quanto compositore “minore” la figura di Matiegka non destò particolare interesse nel mondo chitarristico fino a quando, nel 1931, la sua notorietà ebbe un'impennata grazie al ritrovamento, da parte del chitarrista danese Teodor Rischel, del Notturno op. 21 per flauto viola e chitarra, pubblicato a Vienna nel 1807 e conservato nella biblioteca di Copenhagen. Rischel, infatti, dimostrò così come il Quartetto D.96 per flauto viola chitarra e violoncello di F. Schubert (il cui manoscritto fu rinvenuto a Zell-am-See, Austria nel 1918) non fosse altro che una trascrizione proprio del Notturno op. 21 di Matiegka. L’intervento di Schubert si era manifestato con l'aggiunta della parte del violoncello, il riarrangiamento delle parti originali e la composizione ex novo di un trio del minuetto. L’interesse di un compositore del calibro di Schubert per l’opera di Matiegka testimonia sicuramente il livello di considerazione e di inserimento di quest’ultimo nella vita musicale viennese dell'epoca. 2.2 La sonata op. 23 di Matiegka e la Sonata Hob. XVI n.32 di Haydn Come evidenziato in un articolo di Mario Carreira (CARREIRA, Mario  Matiegka's sonata op.23 for guitar and  Haydn's pianoforte sonata in B minor, Hoboken XVI:32, http://www.tecla.com/authors/matiegka.htm) la Sonata op. 23 di Matiegka, pubblicata nel 1811 a Vienna, contiene molte analogie con la Sonata per pianoforte Hoboken XVI:32 appartenente ad un gruppo di sei sonate note come "Sonatas anno 1776" in relazione all'anno di pubblicazione e appartenenti al periodo cosiddetto Sturm und Drang della produzione haydniana. L'analogia fra le due sonate si limita ai primi due movimenti della Sonata di Matiegka il cui materiale musicale è chiaramente ricavato rispettivamente dal terzo (Finale, Presto) e dal secondo movimento (Menuet) della Sonata n. 32 di Haydn. Il terzo movimento (Rondò Allegro non tanto), invece, non sembra avere invece analogie con composizioni di Haydn, o altri compositori dell’epoca, e sembrerebbe quindi essere opera originale di Matiegka. Come giustamente fa notare Carreira, il fatto che la paternità del materiale dei due primi movimenti della sonata non venga dichiarato nel titolo o in altri luoghi da Matiegka non ci autorizza a parlare di un caso di plagio ma di un caso tipico della diffusa prassi dell'arrangiamento e trascrizione: “A charge of plagiarism, however is, is completely unjustified. Arrangements and adaptations of works by other composers often took popular works and adapted them for other instruments or  performing occasions. A good example, among many others, is that of the above-mentioned Schubert Quartet D. 96: this time in the reverse situation, in which a highly regarded composer "appropriates" the work of another, less known, one . (Carreira, cit. p.2)” (Una accusa di plagio, comunque sia, è completamente ingiustificata. Arrangiamenti e adattamenti di lavori di altri compositori spesso si basavano su opere note che venivano adattate per altri strumenti o per occasioni esecutive particolari. Un buon esempio di questa pratica, fra i tanti possibili, è quello del summenzionato Quartetto D.96 di Schubert: questa volta si tratta della situazione contraria, in cui un importante e stimato compositore si "appropria" del lavoro di un altro autore, meno noto). 3.3 Lo Sturm und Drang e Haydn Lo Sturm und Drang (Tempesta e assalto) è stato uno dei più importanti movimenti culturali tedeschi e convenzionalmente si colloca tra il 1765 e il 1785. Prende il nome dal dramma Wirrwarr  (caos), pubblicato nel 1776 da Maximilian Klinger. Proprio per la sua collocazione temporale e geografica lo Sturm und Drang venne profondamente influenzato dagli altri movimenti culturali ed influenzò i successivi al punto tale da poterlo vedere come una vera e propria evoluzione dell'Illuminismo tedesco e come origine del Romanticismo. Lo si può quindi a ben ragione considerare come un ponte ideale tra il primo e il secondo. Le caratteristiche poetiche dello Strum und Drang si possono riassumere in una critica al razionalismo illuminista della Francia settecentesca e alla rivalutazione della componente poetica insita nella natura anche nei suoi aspetti più oscuri e tenebrosi. Evidente è quindi il legame tra lo Sturm und Drang ed il Preromanicismo e, in seguito, il Romanticismo tedesco. Anche la musica subì l'influenza dello Sturm und Drang soprattutto come rifiuto dello Stile Galante contraddistinto per la piacevolezza melodica e la semplicità espressiva e formale. Le caratteristiche di questo stile si possono così schematizzare: - l'uso predominante di tonalità minori, particolarmente adatte a comunicare stati d'animo di tristezza e inquietudine; - i temi presentano contorni imprevisti con sospensioni inattese; - le dinamiche e tempo cambiano rapidamente ed in modo improvviso quasi a riflettere subitanei cambi d'umore; - sono comuni i ritmi sincopati e pulsanti così come veloci passi melodici nel registro acuto; - l'accentuazione e gli sforzati si fanno più frequenti. Negli anni dal 1770 al 1790 circa diversi compositori di musica strumentale trovano nello Sturm und Drang un motivo di ispirazione per un modo nuovo e particolare di comporre. Fra questi vanno senz'altro citati Boccherini, Clementi, Carl Philip Emanuel Bach, il giovane Mozart e non ultimo Franz Joseph Haydn. Anche senza che l'autore menzioni mai il movimento dello Strum und Drang o che vi siano dichiarazioni di abbandono degli ideali razionalistici, si può facilemte rinvenire nelle opere haydniane del periodo compreso fra il 1760 e il 1780 una maggiore propensione per le tonalità minori e per tratti espressivi più intensamente agitati ed inquieti. Basti citare qui le sinfonie n. 44 "Trauer" in Mi min e n. 45 "Addio" in Fa# min (entrambe del 1772) o i sei Quartetti op.20 oppure le sole sei sonate per pianoforte in tonalità minore (su un catalogo di ben 52 Sonate), tutte composte in questo torno di anni. E' proprio in questo periodo che Haydn si avvicina ad una scrittura più vicina alle forme fugate del contrappunto Barocco come si può riscontrare ad esempio nel fatto che tre dei quartetti op. 20 si concludono proprio con una fuga. Anche la Sonata Hob. XVI n.32 in Si minore (come più sopra ricordato) si può ascrivere al periodo "Sturm und Drang" di Haydn e vedremo successivamente come Matiegka, autore del Romanticismo, ne evidenzi particolarmente gli aspetti protoromantici. 4.4 Analisi comparativa Prima di procedere ad un’analisi comparativa approfondita delle due sonate è doveroso citare quale punto di partenza le iniziali osservazioni riportate da Carreira a sostegno del parallelismo fra le due sonate, come riassunte dall’autore nella tavola delle corrispondenze presentata qui di seguito. Oltre ai succitati parallelismi, intendiamo analizzare alcuni passaggi per mettere in luce il procedimento trascrittivo di Matiegka. Un'osservazione di carattere generale è quella che se il numero totale di battute fra le due versioni è sostanzialmente identico (Presto: 193 Haydn e 194 Matiegka, Menuet: 40 Haydn e 44 Matiegka), tale analogia è ottenuta da Matiegka non ricalcando l'originale ma omettendo alcune sezioni e ricomponendone altre, arrivando ad una nuova sintesi di misura sostanzialmente simile. Vediamo quindi il passaggio del presto fugato compreso fra la battuta 25 e la battuta 42: corrispondente al seguente passaggio della sonata di Haydn (battute 39-57): Possiamo notare come Matiegka prende l'idea del cambio di ottava della linea del basso a batt. 28 e segg. (in blu) dalla seconda presentazione della figura in Haydn a batt. 51 e segg. (blu) elaborandola in modo da renderla possibile nell'ambito limitato dell'estensione della chitarra. Vediamo anche come la versione chitarristica modifica il disegno della mano destra a batt. 39 e segg. (in azzurro) in un più realizzabile motivo a note ribattute (batt. 27) per poi recuperare il disegno circolare intorno alla nota Re della versione haydniana nella batt. 36 e 37 (Matiegka, azzurro). Ulteriore intervento di una certa importanza risulta la riscrittura del frammento delle batt. 35-39 (rosso) in cui il chitarrista modifica il ritmo armonico senza però sostanzialmente alterarne il percorso. Notiamo inoltre come Matiegka segue l'andamento dell'originale in un progressivo sfoltimento della scrittura giungendo ad un frammento monodico nelle batt. 38 e 39 similimente a quanto avviene nella batt. 48 (Haydn). A questo punto la formula di cadenza con l'accordo in quarta e sesta, seguito dalla dominante con il trillo nella mano destra (batt. 49, 50 Haydn, verde) viene trasformano in un ampio arpeggio che, in modo molto più congeniale alla chitarra, rende l'effetto desiderato (batt. 40,41 verde). Altri esempi di riscrittura attuati da Matiegka nella creazione della Sonata op, 23 si possono riscontrare in diversi passaggi del Menuetto: qui a confronto con la versione di Haydn: La parte evidenziata in rosso mette in luce la scelta del compositore boemo di modificare, anche senza una reale necessità, il disegno della quartina e del salto d'ottava presente nell'inciso iniziale della sonata di Haydn. L'intenzione non sembra quella di trasportare sulla chitarra il disegno originale ma, piuttosto, di usarlo come traccia della propria intenzione compositiva. In modo ancora più evidente, il passaggio in blu (che vede un riduzione di due misure) si configura come un’idea originale che, pur mantenendo la stessa direzione armonica dell’ipotesto di partenza, viene sviluppata su una base chiaramente strumentale e risulta di conseguenza totalmente difforme dall'originale. Coerentemente, come si riscontra nelle battute evidenziate in verde, Matiegka sviluppa nella seconda parte del minuetto i propri motivi e non quelli di Haydn, seguendo lo stesso procedimento di elaborazione delle due frasi contenute nella prima parte (le parti rosse e blu). Infine, la parte in giallo indica un'ulteriore modifica rispetto all'ipotesto haydniano nella quale Matiegka interviene anche sotto il profilo formale. Nella parte terminale, infatti, qui, infatti, Haydn accorcia la ripresa proponendo solo la parte terminale della prima sezione (in blu), modificandola per concludere alla Tonica secondo lo schema ABA1 Matiegka, invece, sceglie di riproporre la parte iniziale in una sorta di ripresa letterale e conclude con il finale della prima parte ma nella tonalità d'impianto (parti rossa e blu), trasformando la forma del minuetto i n ABA. Un altro livello su cui agisce Matiegka nella sua trascrizione è quello stilistico. Notiamo infatti come alcuni aspetti della Sonata op.23 sembrano accentuare l'aspetto drammatico insito nel brano di Haydn. L’esasperazione in chiave romantica del carattere "Sturm und Drang" della sonata di Haydn nella riscrittura di Matiegka si evince chiaramente da numerosi aspetti: Nel presto fugato osserviamo: - la ricchezza di indicazioni dinamiche e agogiche ( pp,p,rfp, rf, f, ff, cresc, ritard, - le frequenti sospensioni e cambi di tempo di tempo (9 corone in Matiegka contro solo 2 in Haydn, più 2 Adagio e 2 ritardando non presenti in Haydn) Matiegka: Haydn: ) - La formula ritmica finale in contrattempo che crea un effetto sopresa: Matiegka: Haydn: - La varietà di articolazione del fraseggio. A questo riguaqrdo basterebbe notare la variabilità della disposizione della legatura nelle quartine di crome nelle prime due righe: Matiegka: Haydn: Nel Menuet possiamo notare anche come nella seconda parte del trio si osservi un'opera di riscrittura di Matiegka, attraverso una sospensione della regolarità ritmica data dalle quartine di semicrome presente in Haydn e sostituita da una figura di crome, a formare un motivo implorante che termina sull'indicazione "calando". Inoltre, alla fine del trio, Matiegka inserisce una cadenza d'inganno creando, quindi, una sospensione che viene ulteriormente accentuata nella sua drammaticità dalla assenza del battere nella misura successiva. Il passaggio, infine, si conclude in modo dolente attraverso un accordo di sesta napoletana. Matiegka: Haydn: Sulla base delle osservazioni compositive e stilistiche derivanti da questa analisi comparativa fra le due sonate si possono trarre due considerazioni principali: 1) il modus operandi di Matiegka nell'affrontare la trascrizione della sonata di Haydn è senz'altro da ricondurre al tipo b  (trascrizione creativa) della citata classificazione proposta dalla Caraci-Vela (vedi sopra). Si tratta quindi della creazione di un'opera nuova basata sull'ipotesto costituito dalla Sonata di Haydn e non di una mera trasposizione oggettiva dell'originale al nuovo mezzo strumentale. In questa "ricreazione" Matiegka giunge, quindi, ad una nuova sintesi. 2) Il carattere "Sturm und Drang" presente nella sonata di Haydn viene esaltato in chiave romantica da Matiegka, quasi a creare una modernizzazione del brano avvicinandolo al nuovo stile del Romanticismo in musica. 3.5 Il Terzo movimento: Rondò Abbiamo voluto affrontare l’analisi del terzo movimento della Sonata op. 23 separatamente in quanto, come fa notare anche Carreira nella sua comparazione fra le due Sonate, non esiste relazione alcuna fra il primo movimento della sonata di Haydn (Allegro moderato) e il terzo movimento della sonata di Matiegka (Rondò, Allegro non tanto). Inoltre non sono state rinvenute altre analogie con altre sonate di Haydn. A questo punto si pongono due alternative: 1) il rondò è una composizione originale di Matiegka che serve a suggellare la trascrizione dei primi due movimenti costruendo così una composizione nuova (questo spiegherebbe anche l'assenza della menzione nel titolo dell'origine di parte del materiale dalla sonata di Haydn); 2) il terzo movimento è ricavato da una composizione, di Haydn o di altro compositore, di cui si sono perse le tracce. In questo caso la versione chitarristica sarebbe l'unica fonte di una composizione non nota. Prima di passare ad una analisi più approfondita di vari elementi relativi alla trascrizione, vorremmo, però, soffermarci sulla struttura formale del movimento. La forma di questo rondò infatti, piuttosto che al consueto rondò, potrebbe essere meglio ricondotta alla tipologia del Rondò-Sonata. La composizione è imperniata su un ritornello nella tonalità di Si minore ma presenta anche un altro tema, dapprima esposto nel primo couplet nella tonalità di Re maggiore (tono relativo), che torna poi nella tonalità di Mi maggiore (nella sezione centrale) e che viene nuovamente riproposto in Si maggiore poco prima della conclusione. Oltre a questi due temi la composizione si caratterizza anche per un motivo conclusivo che appare ben cinque volte come coda delle varie sezioni e conferisce all'opera grande unitarietà e coesione. La struttura formale dell'opera potrebbe essere, quindi, così schematizzata: A, B, A, C (con tema B in Mi magg.), A, Coda (con tema B in Si magg.). Ulteriormente riassumendo: A, B, A, C, B1, A, B2 Primo tema (Refrain): Secondo tema (in Re magg.) in Mi maggiore: In Si maggiore: Motivo caudale: Passiamo ora ad analizzare i diversi punti che sono stati individuati durante la presente ricerca che possano sostenere o negare l’originalità dell’ipotesto di questo movimento. In primo luogo, quindi, verranno esposti qui di seguito gli elementi di scrittura non idiomatica che potrebbero lasciare ipotizzare che si possa trattare di trascrizione da composizione non nota: - successione di Settime diminuite in una presentazione assai poco usuale per la chitarra e arpeggio spezzato sull'accordo di si minore molto poco utilizzato nella scrittura strumentale specifica: - inusuale disposizione ad arpeggio dell'accordo di settima dimunuita - successione di accordi arpeggiati secondo una formula discendente che non è stato possibile ritrovare in nessun'altra opera di Matiegka: Qui di seguito, invece, verranno esposte le analogie riscontrate con il Finale dell'op.31 n.6, che potrebbero quindi far supporre che il movimento in esame possa rappresentare una composizione originale di Matiegka. - Successione accordale : op. 23 Op. 31 - passaggio costruito su pedale di tonica: op.23: op 31: Attraverso l'analisi della composizione non sembra possibile dare una risposta definitiva a favore di una o dell’altra ipotesi. Infatti, se per un verso in questo brano si possono riscontrare alcune particolarità di scrittura strumentale inedite per Matiegka che potrebbero far pensare ad una trascrizione di un tessuto musicale nato per un altro strumento e non appaiono evidenti elementi caratteristici della scrittura che possano essere ricondotti in modo univoco a particolarità stilistiche di Matiegka, d'altro lato è stato possibile riscontrare alcune analogie con l’ultimo movimento “Finale” della Sonata op.31 n. 6 del compositore boemo che potrebbero, quindi, deporre a favore di una composizione originale. 4. I "Quatre Divertissemens pour la guitare seule extraits des ouvres de J. Haydn" op.13 di François de Fossa (1775-1849) 4.1 François de Fossa: note biografiche Il maggiore contributo alla ricostruzione della vicenda umana ed artistica del compositore francese de Fossa si deve allo studioso americano Matanya Ophee, grazie al fondamentale studio sulla genesi dei quintetti di Boccherini con chitarra (OPHEE, Matanya  Luigi Boccherini guitar quintets. New evidence, Boston, Orphee, 1981). Nel suo lavoro, infatti, Ophee, dopo avere messo in evidenza come attraverso il chitarrista e compositore francese de Fossa si sia tramandato il manoscritto dei quintetti per chitarra del compositore lucchese, egli tratteggia un’iniziale biografia dell'autore francese. Questa sarà poi sviluppata in studi successivi collegati alla graduale riscoperta delle opere solistiche e cameristiche di de Fossa (Ophee, Matanya François de Fossa selected works for guitar sol, Columbus OH, Editions Orphee, 1990 p. I-IX). François de Fossa nacque a Perpignan il 31 agosto del 1775. Il padre era un importante giurista, direttore della facoltà di giurisprudenza dell'università di Perpignan e studioso della storia della regione della Catalogna francese chiamta Roussillon. Non molto è noto riguardo alla formazione del giovane François ma si può facilmente immaginare come la sua educazione sia stata permeata dall'erudizione che contraddistingueva la sua famiglia, di antiche tradizioni nobiliari. La musica avrà quindi sicuramente fatto parte del suo percorso educativo. Poco tempo dopo lo scoppio della rivoluzione francese, nel 1793, de Fossa lascia la Francia per emigrare in Spagna dove si unisce ad una compagnia formata da ufficiali e gentiluomini francesi chiamata la legione dei Pirenei. Inizia così la sua carriera militare che lo porterà nel 1796 alle dirette dipendenze di Miguel d'Azanza, ministro della guerra del Re Carlo IV di Spagna. Nel 1798 segue d'Azanza in Messico a seguito della nomina di quest'ultimo a vicerè della Nuova Spagna (Messico). Vi rimane fino al 1803 quando fa ritorno in Spagna per tornare successivamente in Francia seguendo sempre la carriera militare, questa volta sotto l'esercito francese. Sotto questa bandiera, egli partecipò a diverse campagne militari e fu decorato con la legione d'onore. Nel 1825 sposò Marguerite Sophie Vautrin di Strasburgo. Si ritirò dall'esercito nel 1844 e morì a Parigi il 3 giugno del 1849. Da una lettera che de Fossa scrisse da Madrid alla sorella nel 1808, sappiamo della sua attività come compositore di musica per chitarra. In questa missiva de Fossa lamenta di essere stato costretto dalle circostanze ad abbandonare la sua intenzione di dedicarsi professionalmente alla musica a causa della difficoltà di ottenere il giusto compenso dalla vendita delle sue partiture, nonostante il successo ottenuto dalle sue opere,. In questa lettera, inoltre, l'autore racconta come a causa della particolare raffinatezza del suo stile compositivo venne definito "l'Haydn della chitarra". De Fossa in effetti non fece mai della musica la sua professione anche se non smise mai di dedicarsi alla composizione e ci ha lasciato un cospicuo numero di opere sia solistiche che cameristiche. Particolarmente significativi sono i suoi legami con Dionisio Aguado di cui curò la traduzione in francese della  Escuela  del 1826. Questa collaborazione con Aguado non si limitò ad un lavoro tecnico e distaccato ma si estese fino all'inclusione nell'opera didattica del chitarrista spagnolo di una parte teorica originale di de Fossa stesso. Anche nel caso di de Fossa quindi, come già visto per Matiegka, non ci troviamo di fronte ad un virtuoso dello strumento, nè tantomeno ad una figura centrale nella vicenda chitarristica dell'epoca. tuttavia, la particolarità del suo contributo è da considerarsi con attenzione proprio grazie alla sua posizione di outsider della professione musicale. Le sue opere non sono legate a logiche commerciali o al desiderio di compiacere ad editori e ad un pubblico di amateurs o dil ettanti. 4.2 I “Quatre Divertissemens op.13” di F.De Fossa e le Sinfonie Hob I 53, 63, 85, 86: analisi comparativa Nella pubblicazione citata più sopra contenente opere scelte di de Fossa (Ophee, Matanya François de Fossa selected works for guitar sol, Columbus OH, Editions Orphee, 1990 p. I-IX) lo studioso americano Ophee aveva già individuato le corrispondenze fra le composizioni del chitarrista francese e alcuni movimenti tratti da sinfonie di Haydn. I risultati di questa analisi vengono riportati nella tabella riassuntiva qui di seguito: De Fossa Haydn Divertimento I in La magg. 1 Andante (in La minore) Sinfonia n. 63 Hob I 63 “La Roxelane” in Do magg. II mov. Allegretto (o più tosto allegro) in do min. 2 Menuetto Allegretto Sinfonia n. 85 Hob I 85 “La Reine” in Sib magg.(1785-86) III mov. Menuetto Allegretto Divertimento II in Fa# min. ???? Divertimento III in Sol magg. 1 Andante Sinfonia n. 85 Hob I 85 “La Reine” in Sib magg.(1785-86) II mov. Romance  Allegretto in Mib magg 2 Menuetto Allegretto Sinfonia.86 Hob I 86 “In nomine Domini” in Re magg. (1786) III mov. Menuet Allegretto Divertimento IV in Re magg. 1 Andante Sinfonia n. 53 Hob I 53 “L’Impériale” in Re magg. (1777-79?) II mov.  Andante in La magg. 2 Rondò Allegro Sinfonia n.85 Hob I 85 “La Reine” in Sib magg.(1785-86) IV Mov Finale allegro Da questa prima analisi possiamo subito notare come della sinfonia n.85 siano presenti ben tre movimenti, sui quattro complessivi, distribuiti su tre diversi Divertimenti. Gli ulteriori tre brani contenuti nei Divertimenti risalgono invece a tre diverse Sinfonie. Ulteriore osservazione preliminare può essere quella che in nessun caso de Fossa si cimenta con la trascrizione di un primo movimento di Sinfonia. La spiegazione potrebbe risalire al fatto che la forma del divertimento utilizzata dal compositore francese per raccogliere le sue trascrizioni suggeriva maggiormente l'utilizzo di brevi brani secondo l'articolazione lento - veloce e quindi i tempi lenti e i minuetti risultavano i più indicati. In ogni caso il primo movimento delle Sinfonie haydniane è senza dubbio il più complesso strutturalmente e quindi più arduo da adattare alle sei corde. Per entrare subito nel merito dell'analisi delle trascrizioni di de Fossa va subito detto che ci troviamo qui in una fattispecie del tipo c  (trascrizione oggettiva) della schematizzazione della Caraci-Vela. Il compositore francese, infatti, sembra essersi comportato in modo da limitare al minimo indispensabile le modifiche al testo originale, eventualmente omettendo alcune sezioni non facilmente adattabili allo strumento, piuttosto che ri-comporle in modo creativo. Da questo procedimento ne risulta che numerose sono le parti omesse in ciascun brano. Vediamo qui di seguito un elenco chiarificatore: 1) Divertimento I in La magg. 1. Andante – Haydn Sinfonia n. 63 Hob I 63 “La Roxelane” II Allegretto: soppresse le batt. 21-56 e 126-137 2. Menuetto allegretto – Haydn Sinfonia n. 85 Hob I 85 “La Reine” III mov. Menuetto Allegretto: soppresse le batt. 54-67 (trio) 2) Divertimento III in Sol magg. 1. Andante – Haydn Sinfonia n. 85 Hob I 85 “La Reine” II mov. Romance Allegretto: soppresse le batt. 72-94 2. Menuetto Allegretto – Haydn Sinfonia.86 Hob I 86 “In nomine Domini” III mov. Menuet Allegretto: soppresse le batt. 48-51 3) Divertimento IV in Re magg. 1. Andante – Haydn Sinfonia n. 53 Hob I 53 “L’Impériale” II mov. Andante: soppresse le batt : 65 – 128 (Fine) 2. Rondo Allegro – Haydn Sinfonia n.85 Hob I 85 “La Reine” IV Mov Finale allegro: soppresse le batt. 100-188 e lievi modifiche nel finale Da notare come in quest’ultimo caso de Fossa operi una riduzione molto cospicua del brano originale (rispettivamente 63 e 88 battute nei due movimenti). La composizione che ne risulta viene così riportata alla dimensione cameristica del Divertimento disimpegnato, allontanandosi quindi dalla severità e dalle ampie campate sinfoniche del testo haydniano. Vediamo comunque un esempio della modalità di adattamento oggettivo operata da de Fossa: Divertimento I in La magg. - Andante: e l'originale di Haydn: In particolare si può chiaramente osservare come de Fossa segua esattamente il profilo melodico e armonico dell'originale adattando solo la formula melodica finale senza però modificarla nella sostanza (rosso). Nonostante l’intento di de Fossa possa sembrare volto alla trascrizione dell’ipotesto di Haydn allo scopo di “mero” adattamento strumentale, talvolta egli risulta costretto ad intervenire in modo maggiormente creativo. Interessante a questo proposito è la prima parte del menuetto del III Divertimento in Sol magg.: De Fossa Haydn: Qui il chitarrista è costretto a modificare la parte superiore, eliminando la figura ornamentale di semicrome, senza però intaccare il senso armonico. Ancora più incisivo è l'intervento nella seconda parte del minuetto: Haydn: Qui nella parte evidenziata in blu si può osservare come de Fossa, costretto a scegliere se privilegiare la parte tematica degli archi o il gioco di dissonanze dei fiati, propenda per quest'ultima soluzione. In questo modo si perde parte della ricchezza costruttiva del passaggio ma si preserva il suo senso generale. Successivamente, come si evince dalle battute evidenziate in rosso, il compositore si trova invece a dover inventare un effetto strumentale attraverso la tecnica delle legature riscrivendo così totalmente il passaggio. Quest'ultimo procedimento, che va nel senso di una riscrittura più che di una riduzione, assomiglia a quello messo in atto con maggiore frequenza da Matiegka. Infine, un altro intervento creativo del compositore francese risulta evidente nel Rondò Allegro che conclude il IV Divertimento. In questo passaggio, infatti, de Fossa riesce a non far notare la mancanza della sezione centrale del movimento haydniano attraverso l'inserzione di un breve frammento originale sviluppato a partire da un inciso tratto dal tema principale. Tale passaggio, pur nella sua brevità, si integra perfettamente nella concezione più semplice del brano chitarristico. de Fossa: Haydn: (solo archi) 4.3 Il Secondo Divertimento in Fa# minore Per il secondo Divertimento in Fa# minore di de Fossa valgono le stesse considerazioni fatte per il terzo movimento della sonata di Matiegka: non essendo stata rinvenuta una corrispondenza fra le opere di Haydn e i due movimenti che compongono il Divertimento, potremmo trovarci di fronte ad un originale di de Fossa oppure alla trascrizione di due brani di Haydn non noti. Queste le parole di Ophee al riguardo: "In spite of rigorous search, we have not been successful in identifying the movements of this  Divertimento among the know works of Haydn. This fact leaves us with several intriguing choices.  It is possible that the Divertimento is based on an original work of Haydn which has been lost. If so, then, this adaptation by de Fossa would be its only surviving version. It is also possible that the  Divertimento is a de Fossa original, or that is based on music by some other composer. If, in fact, it is based on a know work of Haydn, then, de Fossa must have altered it to such an extent that it is no longer identifiable." (Ophee, Matanya op. cit. p. III) (Nonostante rigorose ricerche, non siamo stati in grado di identificare i movimenti di questo Divertimento fra le composizioni note di Haydn. Questo fatto apre diverse possibilità. E' possibile che il Divertimento sia basato su un origianle di Haydn che è andato perso. In questo caso l'adattamento di de Fossa sarebbe l'unica versione sopravvissuta. E' anche possibile che il Divertimento sia originale di de Fossa, o che sia basato su musica di un altro compositore. Nel caso sia basato su un lavoro conosciuto di Haydn, la trascrizione di de Fossa sarebbe talmente alterata rispetto all'originale da renderlo irriconoscibile). In questo caso, a differenza della sonata op. 23 di Matiegka, l'autore dichiara nel titolo la provenienza del materiale musicale (extraits des ouvres de J. Haydn ). Se la cosa potrebbe deporre a favore di un originale haydniano perso, non è vincolante. Il compositore avrebbe potuto inserire una sua composizione originale per completare la raccolta, facendola passare per opera di Haydn. D'altronde de Fossa era stato definito "l'Haydn della chitarra". Anche qui, quindi, ci troviamo nell'impossibilità di poter avere una risposta certa e non possiamo far altro che lasciare aperta la questione. Ciò che ci interessa però è analizzare il Divertimento II ponendolo a confronto con gli altri tre e valutarne le caratteristiche di scrittura che possano fornire elementi di comprensione. Notiamo dunque che è l'unico, fra i quattro brani, in tonalità minore e che esso si discosta stilisticamente dagli altri tre presentando caratteri di drammaticità ed inquietudine tipici dello Sturm und Drang. A questo proposito però è necessario ricordare che le quattro sinfonie che forniscono il materiale agli altri Divertimenti non fanno parte del periodo Sturm und Drang di Haydn. Il primo movimento Largo cantabile presenta un andamento iniziale che ricorda un  Recitativo Successivamente si dipana una melodia in La maggiore che viene interrotta bruscamente e, dopo una implorante quartina di semicrome (evidenziata in rosso) che tenta di rimettere in moto l'andamento melodico, una tenebrosa settima diminuita nel registro grave (azzurro), riporta il clima espressivo verso l'andamento drammatico presentato all'inizio. Da qui, attraverso un audace passaggio cromatico su un pedale di Do# (giallo) che culmina su una cruda appoggiatura Do-Si (verde) nel basso di un accordo di mi minore in secondo rivolto, ci si avvia verso la dolente conclusione del brano. Siamo molto lontani quindi dalla leggerezza e semplicità dei movimenti presentati dagli altri Divertimenti. Anche il seguente Rondò  Allegro presenta caratteristiche inconsuete. Sotto il profilo formale ha una struttura tripartita in cui al refrain nella tonalità d'impianto (Fa# minore) segue un lungo couplet in la maggiore che conduce alla riproposizione del refrain e a una sua variazione e la composizione si conclude con una succinta coda di sei battute. Una forma quindi A B A1 e coda che è abbastanza inusuale. In effetti, lo squilibrio fra la lunghezza del couplet e quella del refrain e la presenza di due sole presentazione del refrain, potrebbero fare pensare ad un intervento di sfoltimento di una struttura originale più ampia similmente a quanto compiuto da de Fossa negli altri brani della raccolta. L’ipotesi dell’adattamento da una partitura orchestrale potrebbe inoltre essere supportata dal seguente passaggio: Le parti evidenziate in blu fanno pensare alla trasposizione di due sezioni di partitura riservate rispettivamente ai fiati e a strumenti gravi e sembrano alludere chiaramente ad una scrittura orchestrale. La parte evidenziata in rosso invece vede la presenza di una struttura a note alternate nel basso che, qui, viene interrotta per esigenze strumentali ma che, vista nel contesto di un tessuto orchestrale, si potrebbe presentare continua, contrapposta ad un agile disegno nella parte superiore di chiara ascendenza violinistica e di non facile realizzazione sullo strumento a sei corde. Anche in questo caso purtroppo non è possibile dare risposte definitive e, se è forte il dubbio che de Fossa si sia avvalso di un brano di Haydn andato perduto, solo un ritrovamento di un originale hayniano potrebbe dire una parola definitiva sulla questione.