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Musica Nella Liturgia Giugno 2005

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A cura del Dipartimento di Evangelizzazione Ucebi - sezione musica Cominciamo a camminare… I n molti hanno invocato l’uscita di questo numero. In effetti il precedente è datato Dicembre ‘04, ma purtroppo per adesso possiamo garantire tre numeri all’anno, forse quattro. Il numero precedente è stato un esperimento per verificare l’interesse dei lettori. Il risultato? Prima di tutto grande attesa …ma quando esce il prossimo? Poi tante considerazioni e molte offerte. Praticamente con le offerte ricevute è stato possibile non solo pagare tutte le spese del numero di Dicembre, ma anche pubblicare questo numero e avere un deposito per il prossimo. Davvero un bel risultato! Il nostro impegno verso i fratelli e sorelle che hanno voluto e vogliono sostenere questo lavoro, dunque, assume un peso di grande responsabilità. Per quanto riguarda le considerazioni, terreno un po’ più difficile è quello della rubrica Musica & Musiche. In generale vogliamo evitare selezioni rigide (la redazione di Musica nella Liturgia non è una commissione d’esame) e lasciare spazio alle proposte, a patto che non vengano proposti materiali “improponibili”! Innanzitutto la questione riguarda la sfera teologica: per l’analisi di alcuni testi, ad esempio, abbiamo chiesto collaborazioni a pastori/e, mentre per l’aspetto metrico e musicale verranno consultati musicisti/ste. Naturalmente ci riserveremo sempre di dialogare con gli autori e le autrici per migliorare e motivare certe scelte nello spirito di collaborazione, e non - lo ripetiamo - di giudizio. In questo numero, nella finestra delle composizioni, c’è una novità: un inno da interpretare, che nasce dalla richiesta di alcune comunità per meglio comprendere il carattere di un inno, la velocità consigliabile, il tipo di vocalità da usare. Insomma… cominciamo a camminare. E per farlo abbiamo bisogno del vostro aiuto, delle vostre proposte, delle vostre critiche. Quindi telefonateci, inviateci e-mail o lettere, come si faceva una volta, perché solo con il contributo di tutti e tutte potremo costruire qualcosa di importante e duraturo. Sempre alla gloria di Dio. Carlo Lella Su questo numero: Giugno 2005 Editoriale • Cominciamo a camminare Articoli di apertura • L’Animazione musicale: dal sacro al profano e viceversa • Punto di conclusione: l’inno vive • Le musiche e il canto nell’esilio Rubriche • Musicisti ieri ed oggi: Gustav Leonhardt • Dimmi che culto celebri e ti dirò che chiesa sei • NewsNuoveNotizie Finestra delle composizioni • Un inno da interpretare • Musica & Musiche La redazione presenta • Le offerte ricevute L’Animazione musicale: dal sacro al profano e viceversa L’esperienza dell’anima in azione con la musica chiaro, anche questa è un’attività professionale, ma non rientra nei compiti dell’animazione musicale per la liturgia o nell’ambito socioculturale. Dunque, come vedete, il percorso è ancora da esplorare. A cura di Carlo Lella N e lle nostre chiese la triade AML, Animazione Musicale per la Liturgia, sembra essere diventata ormai parte integrante della vita comunitaria, sia nel culto sia in tutte le altre attività comunitarie. Oggi, in genere, più facilmente troveremo un animatore o un’animatrice che presiede alle attività musicali, ne gestisce la metodologia, la creazione di gruppi musicali e propone (a volte “impone”) nuove proposte innologiche. Dunque è tutto chiaro? Ancora non del tutto. Ad esempio: il musicista e la musicista che suonano l’organo o la chitarra per la comunità, o dirigono l’orchestrina o il gruppo musicale, e che fanno cantare, sono loro gli animatori? Esiste una differenza tra animatore e musicista? E poi, quali sono i loro compiti? Antonio Celano, operatore socioculturale professionista, cioè, appunto, animatore musicale, ci guiderà in un percorso di conoscenza e di approfondimento. Dalle sue considerazioni emerge un primo dato interessante che giova qui anticipare: i confini tra una animazione per così dire “profana”, cioè al di fuori dell’ambito comunitario, ed un’animazione liturgica, non sono così netti, anzi. Ad Antonio, dunque, la parola con una intervista che continuerà anche nel prossimo numero. Per rispondere occorre partire dalle origini e vediamo subito che il tragitto non è semplice. Infatti, occorre fare attenzione che quando parliamo di animazione musicale o si comprendono effettivamente I suoi ambiti o si fa spesso confusione con un tipo di figura di animatore simile a quello turistico, pur esso definito animatore musicale. Confusione del resto plausibile in quanto effettivamente questa figura esiste, ed anche in ambito professionale. Potreste dire a questo punto: ma è chiaro che si tratta di un ruolo diverso. Davvero è così chiaro? Ne siamo proprio sicuri? Non accade, a volte, nelle nostre chiese, che si confonde l’animatore con l’intrattenitore, colui o colei che devono riempire degli spazi, farci cantare, magari farci anche un po’ divertire? Infatti, non poche volte capita di ricevere inviti per una serata particolare di evangelizzazione con lo scopo dichiarato di intrattenere le persone tra una predicazione e una preghiera per evitare che l’incontro sia “troppo pesante”. Dunque, un’animazione da “intrattenimento”. Nulla da discriminare verso l’animazione intesa in questo senso, sia • Allora Antonio, cominciamo la nostra chiacchierata con una prima domanda: cosa s’intende per animazione musicale? Quando è nato questo termine? È un termine appropriato? È corretto usarlo? Comincerei col dire che l’animazione è una pratica sociale più che una disciplina o una teoria. Parlo in primo luogo dell’animazione socioculturale e poi di quella musicale. Il termine è ormai entrato nel linguaggio comune in modo massiccio ed è usato ed abusato in tutti i settori. Mi capita spesso di essere definito da altri “animatore” più che definirmi tale. Sinceramente non so quando sia nata l’espressione animazione musicale. Il termine “animatore” era già noto ai latini e lo si incontra in tutta la tradizione occidentale. Certo negli anni cinquanta e sessanta l’animazione socioculturale getta le basi anche di quella musicale ed 2 a partire dagli anni settanta quest’ultima ha una sua legittima autonomia. È una espressione sicuramente appropriata e nel senso di “anima in azione con la musica” piuttosto che “dare anima con la musica”. Quest’ultima presuppone uno squilibrio di potere tra chi dà e chi riceve o comunque il non stare sullo stesso piano. Il potere sì, perché la nascita di queste pratiche ha a che fare proprio col potere e col suo uso consapevole o no nell’educazione e nella formazione. Non è un caso che dal mondo della marginalità, del disagio, della diversità nasce un nuovo modo di usare e produrre musica. “Animazione socio-culturale con la musica” rende bene il dar voce e presenza a persone, gruppi, ambienti diversi. Quel che mi viene di più essenziale provo a riassumerlo in due principi, senza nessuna pretesa di scentificità ovviamente e senza riferimenti a teorie correnti. Mi serve per proseguire in questa chiacchierata. 1. Principio del qui ed ora. 2. Principio del caos che produce senso. 1. La famosa espressione “qui ed ora” si riferisce all’essere centrati efficacemente in una situazione di lavoro con gruppi e ad una azione di coinvolgimento a prescindere dai contenuti su cui si va a lavorare. Un lavoro che tiene conto della identità di ognuno, nello specifico della identità sonoro-musicale in primo luogo, e che nell’incontro con l’altro definisce un percorso comune (vedremo meglio parlando del metodo cosa significa questo concretamente). 2. Il caos sappiamo bene che non indica solo il disordine ma soprattutto l’apertura, la flessibilità, lo sguardo sul tutto. Esso sollecita ricerca, costruzione, produzione di senso. Il caos è l’opposto del progetto, del programma, ma ha a che fare con le persone in carne ed ossa e con la nostra capacità di ascoltare ed entrare in contatto con un mondo sconosciuto ed, appunto, caotico. Capisco quanto sia spiazzante questo secondo principio ma serve a non sentirsi insegnanti e lasciare l’abito del sapere consolidato. E’ proprio così che bisognerebbe sentirsi all’inizio di un’esperienza : spiazzati, fuori luogo, tesi a cercare nuova presenza. Tuffarsi in un’avventura rigenerante, questa è per me una possibile definizione di animazione. “L’altro” è un rischio, ma so che solo specchiandomi nell’altro posso capire qualcosa di me. • Quali sono i campi dell’animazione musicale? Ovunque c’è suono e musica per scelta, per obbligo o per caso, può esserci un progetto che metta in relazione singoli, gruppi o comunità. E’ importante attrezzarsi per una lettura attenta dei bisogni dei destinatari della nostra azione. I settori più interessati sono l’educazione, la prevenzione, la formazione di operatori, il tempo libero infantile e giovanile, ma negli ultimi anni anche anziani, disabili, detenuti ed ex detenuti, educazione interculturale. • Quali sono i principi che regolano una metodologia di animazione? • Che cosa s’intende per attività di animazione? Dici giustamente “attività” e centri in pieno lo specifico dell’animazione che è soprattutto pratico, più precisamente attività di laboratorio in cui ognuno si misura con le proprie capacità e parte da quella che da molti anni chiamiamo competenza musicale comune o di base: la competenza dei non musicisti che attinge ai vissuti di ognuno e ai mille mestieri che 3 particolare a quei movimenti di educazione nuova che hanno contribuito a svecchiare la nostra pedagogia e ci hanno fornito tecniche e strumenti più efficaci. hanno a che fare con la musica. Prima di parlarti e farti esempi di attività vorrei, però, introdurre un’altra considerazione di carattere generale. L’animare può riguardare una rete di interventi in comunità o istituzioni diverse e si riferisce alla capacità di tessere relazioni, progettare azioni sociali di cambiamento attraverso la musica ed è ovvio che in questo caso l’animatore musicale si fà organizzatore, progettista, creatore di modelli originali di intervento. L’altro aspetto è quello della conduzione di una sola esperienza in una sola realtà e quindi l’animatore è il conduttore di una specifica attività e cioè un gruppo di ascolto, un laboratorio di giochi musicali con bambini, un gruppo di improvvisazione, la creazione di un evento musicale pubblico, una esperienza di formazione, un gruppo di danza, un coro o altro. Sempre, comunque, per chi vi partecipa si tratta di esperienze in prima persona in attività ben strutturate, dove la quantità e qualità delle proposte e la molteplicità di relazioni in atto mette chiunque in grado di esplorare ed apprendere riscoprendo potenzialità nascoste. Un’esperienza di questo tipo non ha la freddezza di un seminario di studio, di un ciclo di lezioni, la sofferenza nello studio dello strumento in conservatorio. La psicopedagogia ci ha messo a disposizione importanti conoscenze sul come appprendiamo in modo significativo, conoscenze che non possiamo ignorare. Mi riferisco in • Che cosa s’intende per metodologia in un’attività di animazione? Butto giù alcuni aspetti, poi provo a parlarne: L’èquipe di conduzione, lo stage, i piccoli gruppi, i contenuti, l’atmosfera non valutativa. I principi si sostanziano secondo una rigorosa metodologia per cui mi piace affermare che la teoria è nel metodo. L’animatore per non sentirsi onnipotente deve, ad esempio, far parte di una èquipe di conduzione. Tre, quattro persone o minimo due per un gruppo di lavoro di venti adulti o bambini. E proporzionalmente alla crescita dei partecipanti cresce anche il numero degli animatori. Non è un rapporto rigido ma se si vuole qualità bisogna evitare un alto numero di persone affidate ad un unico conduttore. Di per sè questo non garantisce nulla, ma è un punto di partenza importante. Significa dover programmare insieme, confrontarsi, guidare separatamente o insieme momenti del lavoro, dare un esempio di gestione democratica di un gruppo. Essi si pongono come riferimento dentro un ruolo e una responsabilità riconoscibile. Come vedi se le mie affermazioni iniziali ti potevano far pensare ad una pratica spontaneistica ora ci inoltriamo in aspetti molto strutturati e che richiedono una lunga formazione per poter essere gestiti. Un animatore o animatrice efficace è consapevole dei suoi investimenti affettivi, dei suoi meccanismi proiettivi, ed è in continua crescita personale e professionale. Lo stage, una esperienza intensiva di più giorni, è lo strumento più importante per adulti e bambini per entrare appieno in una attività. Parlo sia della formazione degli adulti che di lavoro con bambini. Questo strumento è nato proprio con gli operatori del tempo libero, in particolare per i soggiorni vacanza per bambini. Oggi è usato da tutti anche dalle aziende e dalla scuola, ma è importante ricordarsi che 4 • Quali sono gli errori che occorrerebbe evitare? Di errori ne facciamo tutti ma, in un contesto facilitante sono più digeribili, ci fanno umani e non professionisti infallibili. Mi puoi dire però che questo è generico e allora provo a dire cosa non deve fare un animatore. Non parla molto. Non racconta la propria visione del mondo e della musica. Non si esibisce. Non giudica. E allora cosa fà? Presenta proposte di lavoro in modo sintetico, a volte senza neanche parlare, osserva, ascolta, facilita, insegue una sorta di presenza-assenza. A volte c’è ma non si vede. Il contrario di un animatore da spiaggia che c’è, si vede e spesso rompe. Ti starai chiedendo se un animatore come quello che sto descrivendo non rinunci in questo modo alla sua autorità. Penso proprio di no, è solo un altro modo di esser guida consapevole. (continua) è nato dal nostro mondo e che propone una esperienza di vita comunitaria dove a partire da una qualsiasi attività, in gioco è sempre tutta la persona nel corso degli innumerevoli momenti, strutturati e non, della giornata. Il lavoro in piccoli gruppi di sei o sette persone permette ad ognuno di trovare facilmente spazio per esprimersi e non annullarsi nel grande gruppo. La varietà delle proposte e dei contenuti specifici dovuti alla diversa formazione e competenza dei conduttori darà la possibilità di esplorare liberamente in attività previste in coppia, triadi, piccolo e grande gruppo, attività anche opzionali e non imposte. Il tutto in una atmosfera non valutativa dove la persona sceglie con chi, come e quando rivelarsi e certo non all’autorità ma agli altri in genere. La valutazione nella sostanza è una autovalutazione operata nel corso di riflessioni collettive, diari, resoconti di attività, verbali di osservazione, questionari anonimi. 5 Punto di conclusione: l’inno vive I cantici sono sempre soggetti a trasformazioni scritto in lingua straniera bisogna che, nel testo italiano risultante, gli schemi ritmici della 1a strofa siano riprodotti esattamente uguali nelle strofe successive, fatte le debite eccezioni come ad esempio nei Salmi ginevrini...”. La terza ed ultima norma che conclude questa finestra di riepilogo dice che: “la persona più idonea per scrivere il testo di un inno, sia esso una traduzione o un testo di nuova invenzione, è quella che conosce bene la nostra lingua ed ha anche una discreta formazione musicale...” A cura di Ferruccio Corsani N e llo scorso numero di Dicembre 2004 in Musica nella Liturgia si è aperta una pagina di riflessione e di studio sulla composizione degl’inni curata dal maestro Ferruccio Corsani. Prima di riprendere con lui il discorso ripercorriamo brevemente alcuni principi da lui stesso enunciati nello scorso numero, invitando chi non possiede questa copia di Dicembre a mettersi in contatto con la redazione per riceverla. Dunque, molto sinteticamente, Corsani era partito dall’enunciazione che innanzitutto un inno è una cosa seria e una cosa complessa nel quale l’unità del testo con la melodia è il principio fondante. Spesso, continua, “in passato (e a volte ancor oggi! n.d.r.) in molti inni c’era il difetto della non corrispondenza fra gli accenti musicali quelli del testo: ma essa è necessaria...bisogna che lo spirito della melodia rispecchi la natura del testo...anche se gli accenti coincidono, e se la musica è in armonia con il concetto del testo, può avvenire che la scelta della melodia non sia opportuna per ragioni storiche o culturali oltre che teologiche: un testo che esalta l’opera redentrice di Cristo attraverso la croce non può essere applicato ad una melodia del popolo che queste cose non le riconosce…”.E così Corsani conclude questa prima parte con l’enunciazione di tre norme indicative: la prima norma afferma che “non conviene produrre un inno sacro servendosi di una poesia d’autore, per bella che sia: il suo autore non la concepì per quello scopo...”. La seconda norma è: “traducendo il testo di un inno P enso che le precedenti argomentazioni abbiano dato l’idea della complessità del soggetto “inno sacro” e di conseguenza, della redazione di un innario, sennonché in esse gli inni sembrano visti come una specie di oggetti da studiare in laboratorio, analizzandoli sotto il profilo tecnico (testo, melodia, loro concordanza ecc...). Ma gli inni sono anche e soprattutto possesso delle comunità; dai credenti essi vengono imparati, cantati, amati e talvolta dimenticati...Sono dunque qualcosa di vivente e non dei fossili o opere 6 inavvicinabili se non dagli specialisti: ciò va tenuto presente nel redigere un innario. Per un buon risultato in questo lavoro vanno tenuti presenti diversi criteri che rilevai partecipando alle Commissioni innario del 1969 e 2000. I testi vanno aggiornati, attenendosi per quanto possibile all’uso attuale della lingua; molti termini frequenti nell’innario del 1922 sono oggi obsoleti e la gente non li capirebbe. Vediamone alcuni: Pondo=peso (I.C. 1922, n. 56) / Denno=devono (I.C. 1922, n. 29) / Fia = sarà (I.C. 1922, n. 29) / Avello = tomba (I.C. 1922, n. 71) / Settemplice =abbondante, molteplice (I.C. 1922, n. 56) / Astergi=cancella (I.C. 1922, n. 90) / Vanni=ali e Possa =potere, potenza (I.C. 1922, n. 220) / Conte=conosciute, note (I.C. 1922, n. 247, che, inoltre, altro non è che l’inno nazionale inglese come melodia) / Appo=presso (I.C. 1922, n. 6) ecc...L’uso (e abuso) di tali forme arcaiche e comunque difficili da intendere si spiega in due modi: tra il italiani, me compreso, conosce solo i primi due versi. Rileviamo d’altra parte che già innari fine ‘800 e inizio ‘900 si preoccuparono di modificare testi difficili: l’attuale inno n. 239 (I.C. 2000), alla II strofe, suona “per sempre Egli cancella - la legge della morte; il verso negli innari del 1875, 1907, 1922e 1969 era: “l’antico Egli cancella - decreto della morte”. Tuttavia nel primo innario evangelico in italiano, pubblicato a Londra nel 1853 (cinque anni dopo lo Statuto albertino) quando sia i valdesi sia le altre chiese evangeliche iniziarono la loro opera di evangelizzazione in Italia, questo verso recitava: “Egli il fatal cancella - chirografo di morte...”; chirògrafo è parola direttamente derivante dal greco antico e appartiene al gergo notarile. Quante trasformazioni in questo e in moltissimi altri inni! Dunque possiamo trarre le nostre considerazioni e cioè che a) i cantici sono dunque soggetti a trasformazioni che possiamo considerare di tre tipi: 1°) modifiche arbitrarie a melodie di valore artistico, 2°) modifiche a melodie di valore puramente consumistico, come si usa dire. 3°) Modifiche ad inni dimenticati o abbandonati. Nel 1° tipo chi curò gli innari nel sec XIX e all’inizio del XX non seppe o non ritenne necessario distinguere fra melodie con valore d’arte e melodie 1850 e il 1920 si trattava di termini abbastanza diffusi, ed inoltre nel XIX secolo si riteneva (tra i letterati) che la vera poesia dovesse avere una forma dotta e nobile e in definitiva astrusa e complicata. Basti pensare a come risulta difficile capire il senso del famoso “Va pensiero...” del quale la maggioranza degli 7 banali, per quanto aggraziate o variamente espressive. Per di più si ritenne che, poiché l’inno doveva trasmettere un messaggio (cosa esatta) il suo testo contava più che la musica, sicché per rendere certe certe melodie storiche e artisticamente adatte a rivestire certi testi (o traduzioni “originali”) non si esitò a modificare il ritmo e talvolta la melodia stessa di inni come “Ein feste Burg” (Una Forte Rocca) di Lutero (I.C. 1922, n. 29) poi riportato nell’esatta veste ritmica, adottata in tutti gli innari del mondo, negli innari del 1969 al n. 142 e del 2000 al n. 45. Il ritmo del 1922 toglieva alla melodia tutta la sua carica robustamente aggressiva e piena di sicurezza e fede in Dio. Inoltre se evangelici italiani cantavano l’inno con fratelli tedeschi o svizzeri o francesi o spagnoli o inglesi e altri ancora si creavano cacofonie, specialmente alle cadenze. 8 Lo stesso fenomeno accadde per l’inno "Venite e lieti cantici" n. 1 dell’I.C. 1922, tornato al ritmo originale nell’I.C. 1969, n. 13 e nell’I.C. 2000, n. 167, ancora migliorato. Voglio citare ancora il n. 23 dell’I.C. 1922, "Scrivi Tu di propria mano", con la melodia snervata e lamentosa in confronto all’originale riapparso (con altro testo) al n. 148 dell’I.C. 1969 e al n. 27 dell’I.C. 2000; ora la melodia ha il suo giusto andamento sicuro ed incisivo, atto a celebrare la potenza di Dio. 9 Nel 2° tipo, trattandosi di inni non opera di autori illustri, talvolta un po’ banali o di sapore popolare, nulla vieta di apportare loro qualche ritocco, specie a fine verso, aggiungendo una notina che trasforma la cadenza da “maschile” (per parola tronca) in “femminile” (per parola piana); ciò si rende necessario per gli inni presi da innari tedeschi o inglesi o francesi, le cui lingue abbondano di parole tronche, mentre la lingua italiana ne è poverissima, così come è povera di monosillabi; il tedesco può esprimere un intero concetto in un solo verso, a furia di monosillabi, mentre noi dobbiamo usare parole di più sillabe: un raro esempio di verso fatto di monosillabi è il I verso dell’inno n. 29 dall’I.C. 2000 “O Re dei re che nel mio cuor...”. Sapreste trovarne altri? Nel 3° tipo si è detto che certi inni vengono dimenticati: inutile dunque ripescarli in successive edizioni. Ma se qualcuno di essi risulta avere il testo o la musica validi, val la pena di trasformarlo applicando al testo valido una melodia già nota, o, inversamente cercando per una melodia valida un altro testo, migliore, o frutto di ispirazione o tradotto da una lingua straniera, curando inoltre che esso sia nuovo e coinvolgente. Esempio di tali trasformazioni si trovano nell’I.C. 2000 ad esempio con il n. 248, Vieni fratello, vieni a Gesù che era sparito nell’edizione del 1969; il suo testo, un po’ modificato, ha ricevuto la melodia del Deh, più vicino (vd. 1969/247 e 2000/249). Le due melodie attualmente convivono. E così per molti altri esempi. 10 A questi tre criteri potremmo aggiungerne un 4°: occorre che il testo rispecchi fedelmente il messaggio della parola di Dio, senza intrusioni devozionali o sentimentali eccessive, e soprattutto senza devianze teologiche. Certe espressioni e metafore che oggi appaiono un po’ arrischiate possono essere ammesse considerando il loro valore documentario: rispecchiano la mentalità degli evangelici del XIX° sec. , educati alla scuola del romanticismo e del pietismo, quando si badava più al sentimentalismo che alla riflessione e ci si muoveva quasi del tutto sul piano dell’individualismo, tralasciando l’idea di comunità. Voglio concludere queste mie riflessioni con due pensieri che affi- do alla meditazione e all’eventuale critica dei lettori. Il primo pensiero è l’esortazione ad amare i nostri inni che ciò portano l’eco di tanto diverse epoche e culture; inoltre attraverso essi Dio, se vuole, ci parla: quante conversioni dovute all’ascolto di inni! Il secondo pensiero è che non è vero che gl’inni di un’epoca sono belli e quella di un’altra brutti. Ogni epoca e stile hanno dato frutti di alto valore, altri di onesto livello, altri ancora banali e dozzinali. L’importante è non fermarsi mai, accettare i “portati” validi e utili del passato e possibilmente produrne di nuovi, altrettanto validi. Purché tutto sia fatto, come diceva J. S. Bach, “Alla gloria di Dio”. 11 Le musiche e il canto nell’esilio Non cantare la Torah equivale a violare le leggi di Dio A cura di Deborah D’Auria testo. La musica è inscindibile da esso, anzi lo sorregge e lo giustifica, non costituisce un’aggiunta che rende più piacevole l’ascolto della Parola, ma non la si può comprendere se essa non viene modulata da una melodia. Perciò nel Talmud si afferma che non cantare la Torah equivale a violare le leggi di Dio. Questa modalità di leggere la Bibbia cantandola si è estesa a tutti i testi sacri, quindi le preghiere, lo studio della Torah così come del Talmud vengono fatte sempre con una lettura intonata: “E noi leggiamo la Haggadah, io e mio padre, a voce alta, come un tempo, anni addietro, modulandone la melodia, pagina per pagina…finché non giungiamo al Cantico dei Cantici, come un tempo, anni addietro, con una melodia tutta particolare…”. È Shimek a parlare, il protagonista del piccolo capolavoro scritto da Sholem Aleykhem “Il Cantico dei Cantici” che con delicatezza ci offre in queste poche righe uno spaccato di quella che è la celebrazione delle cerimonie rituali, di quelle preghiere e di quella lettura infinita che nel corso dei secoli, le toledot, cioè N e l primo articolo, uscito a Dicembre 2004, si è sottolineato lo stretto intreccio tra le espressioni artistiche (musica, canto, poesia ) che lungo i secoli i figli di Israele hanno sviluppato con la loro storia antichissima, la Parola rivelata e le culture con cui entravano in contatto. In particolare, i tragitti musicali che hanno accompagnato la preghiera e che hanno scandito il ritmo del tempo di questa vita e di questa storia sono legati all’ascolto della Parola di Dio. Ora facciamo un passo successivo. Come il Tempio, un luogo altrettanto importante è la sinagoga. La sua nascita avviene quando il Tempio era ancora in piedi e dunque non si sostituisce ad esso, ma il suo affermarsi come luogo di studio e di preghiera porta con sè la nascita di un nuovo modo di fare musica. Ciò che dalla musicalità più originalmente ebraica il mondo moderno ha ereditato è senz’ombra di dubbio il canto sinagogale che si caratterizza oggi come allora, per aver proposto un rapporto nuovo col testo biblico. Infatti la sua lettura viene ad essere intonata e quindi la musica, il canto sono un tutt’uno col significato del 12 le generazioni, con lo stesso ritmo ininterrotto hanno tenuto in vita. Sempre per ciò che concerne la stretta relazione tra Parola e musica, è importante tener presente che la Bibbia è stata trasmessa senza la vocalizzazione e mancante anche di quei segni musicali che indicassero la modalità per la lettura pubblica cantilenata e salmodiata. Questo “vuoto” veniva e viene ancora oggi ad essere colmato dal lettore che riceve in questa apparente mancanza il dono prezioso della libertà interpretativa che riguarda non solo la dimensione musicale, ma anche quella semantica, visto che l’assenza delle vocali nel testo biblico e dei segni di scansione musicale danno luogo ad infinite possibilità interpretative. Perciò i te’amim, vale a dire i segni musicali della Bibbia sono puramente accentuativi, indicano la scansione ritmico-sintattica della frase, cioè le sue pause, i respiri, i legami tra le parole o parti della frase, ma non ne indicano l’altezza permettendo così una assoluta libertà inventiva dal punto di vista melodico. Te’am, singolare di te’amim, può essere tradotto con sapore, ma anche con intelligenza, qualità e significato, una rosa di attributi così diversi ed anche opposti tra loro che però ci danno la m i su ra dell’intenzione della loro funzione cioè quella di dare sapore al testo, aggiungere alle parole e al loro significato un elemento che le rende più gradevoli all’orecchio così come alla mente, dolci e indispensabili come un condimento per l’appunto. I te’amim potremmo considerarli in ultima analisi, come una testimonianza vivente di quell’intreccio inestricabile tra osservanza rigorosa e spirito di libertà, elementi indic a t i v i t ra i t ant i, dell’identità ebraica. Ed è a partire da questo elemento di libertà che va fatto a questo punto un accenno al niggun, cioè al canto senza parole, o per meglio dire al canto che ripete nel suo libero melodicizzare alcune sillabe o poche parole prive di alcun senso concettuale (la la la, tra la la, bam bam, bam…) che caratterizza l’espressione più tipica della musica nel mondo dei chassidim. Il canto puro così concepito, che non è accompagnato da alcuna parola, per i chassidim ha valore di preghiera, di contatto diretto col divino, al di là e sopra ogni parola. In molti racconti chassidici, in primo luogo quelli attribuiti al Baalshem Tov e raccolti da Martin Buber, si esprime bene questo concetto. Ne ricordo uno tra i tanti che ha per protagonista la musica e che racconta di un suonatore di violino che un giorno suonava con una dolcezza tale da indurre alla danza tutti coloro che lo ascoltavano. Un sordo che non sape- Per tale motivo il chazan (cantore) di ogni comunità ebraica ha elaborato un proprio modello di cantillazione che sarà totalmente diverso da comunità a comunità, pur nel rispetto dell’indicazione fornita dai te’amim. 13 va nulla di musica, assistendo alla scena giudicò questo comportamento come privo di senso e da pazzi. Ovviamente la sordità a cui si riferisce il racconto è una sordità dell’anima che è incapace di cogliere il senso profondo della melodia senza parole del violinista, quella musica priva di regole, libera espressione sonora, che sgorga liberamente dal cuore riuscendo ad esprimere ciò che è inesprimibile con le parole andando oltre il loro limite elevando una melodia all’inafferrabile Dio. PER SORRIDERE Storia del cantore Si racconta che , in principio, Dio creò prima gli animali, poi creò l’uomo. Una volta creato, il cane si voltò verso di lui e domandò: «Che cosa farò nella vita, mio dolce Signore?» «Tu, cane, avrai un padrone che ti picchierà se non gli obbedisci, roderai gli ossi e abbaierai alla luna». «E quanto tempo vivrò., Signore?» «Settant’anni» «Settant’anni? Come! Dovrei condurre una vita da cani per settant’anni? Ma sono più che sufficienti quindici!». «Va bene» disse il Signore. Poi Dio creò il cavallo. Una volta creato, il cavallo si voltò verso di lui e domandò: Che cosa farò nella vita, mio dolce Signore?» «Tu, cavallo, trasporterai dei pesi e avrai delle frustate come ricompensa». «E quanto tempo vivrò., Signore?» «Settant’anni» «Settant’anni? Come! Dovrei condurre una vita da cavallo per settant’anni? Ma sono più che sufficienti venticinque!». «Va bene» disse il Signore. Poi Dio creò un cantore di sinagoga. Una volta creato, il cantore si voltò verso di lui e domandò: E io che cosa farò nella vita, mio dolce Signore?» «Tu, cantore, canterai alla sinagoga. Canterai per tutti i nostri matrimoni, i nostri bar mitzwah, le circoncisioni; per tutte le nostre festività canterai. E, ogni volta che aprirai la bocca, tutti saranno estasiati davanti a te. La tua vita non sarà altro che una lunga serie di godimenti senza fine». «E quanto tempo vivrò, Signore?» «Settant’anni» «Settant’anni…soltanto? Mio dolce Signore, fai in modo che possa vivere almeno fino a centovent’anni!!». «Va bene» disse il Signore. Ma dove poteva prendere il Signore gli anni supplementari richiesti dal cantore? Non li poteva prendere che da quelli che in origine aveva accordato al cane e al cavallo. Dunque, se vi capita di ascoltare un cantore di oltre settant’anni, non stupitevi se urla come un cane! E se vi capita di invitarlo alla vostra tavola, non stupitevi nemmeno se si abbuffa come un cavallo! PICCOLO GLOSSARIO Talmud – Dalla radice lamad significa “studiare”, “insegnare”, “imparare”. Si tratta di quel vastissimo insieme di tradizioni rabbiniche, che racchiudono il corpus della dottrina giudaica, soprattutto giuridica, redatto dai maestri di Babilonia e di Israele. Nato dalle discussioni dei maestri, il Talmud è diventato un immenso corpus letterario. Vi sono due Talmud: uno di Gerusalemme detto anche palestinese o gerolosomitano, e uno babilonese, che è il Talmud per antonomasia. La lingua del Talmud non è solo l’ebraico, ma anche l’aramaico, non mancano intrusioni del greco. Haggadah – Questo termine deriva dalla radice ebraica ngd, raccontare, e indica sia la parte narrativa della letteraria rabbinica che non ha scopi normativi o comunque relativi all’osservanza della Torah, sia il testo che si legge durante la celebrazione della Pasqua ebraica. Chassid (plur. Chassidim) – La parola indica l’uomo pio, devoto. Il termine indica anche gli appartenenti a gruppi mistico-pietistici che hanno svolto un ruolo decisivo nella storia del popolo ebraico dal Medioevo a oggi. 14 Musicisti ieri ed oggi: Gustav Leonhardt «Dopo la parola di Dio, solo la musica merita di essere celebrata» Martin Lutero A cura di Elisa Baglieri L e ggendario organista, clavicembalista e direttore d’orchestra, Gustav Leonhardt è uno dei più grandi maestri e interpreti del mondo nel repertorio antico. Nato in Olanda, il 30 maggio del 1928, ha intrapreso lo studio dell’organo e del clavicembalo presso la Schola Cantorum di Basilea con Eduard Muller. È stato in seguito nominato professore all’Accademia di Vienna (1952-55) e al Conservatorio di Amsterdam (1954) ove attualmente insegna. Da diversi anni è organista all’Eglise Wallone e, dal 1982, alla Nieuwe Kerk, entrambe ad Amsterdam. Grande esperto ed interprete della musica del Sei e Settecento, Leonhardt si è esibito in tutti i maggiori centri musicali d’Europa ed ha compiuto numerose tournées negli Stati Uniti d’America, Australia, Giappone. Professore ospite all’Università di Harvard nel 1969, ha ricevuto nel 1981, insieme a Nikolaus Harnoncourt, il Premio Europeo Erasmus (per la prima volta assegnato a musicisti). Ha inoltre ricevuto cinque dottorati honoris causa, gli ultimi dei quail dalle Università di Harvard e di Padova. Per chi voglia ascoltarlo dal vivo il prossimo concerto per Clavicembalo avrà luogo Mercoledì 5 ottobre 2005, Viterbo, Palazzo dei Papi eseguirà musiche di Couperin, Leroux, Pachelbel, Bohm, Fischer, Bach. Qualche mese fa la rubrica Protestantesimo ha avuto l'occasione di poter intervistare Gustav Leonhardt, uno dei quattro più grandi interpreti di J.S. Bach a livello mondiale. La sua testimonianza di fede durante l'esecuzione delle 3 cantate mi ha molto colpita e mi ha fatto riflettere circa la povertà, per certi versi della nostra nuova innologia, questo il motivo che mi spinge a rendervi partecipi dell'insegnamento che ho ricevuto da questo grande maestro. In quella occasione la redazione di Protestantesimo ha avuto modo di registrare l'esecuzione di alcune cantate sacre, eseguite dal coro del Friuli Venezia Giulia e dirette dal maestro Gustav Leonhardt riporto qui di seguito l'intervista realizzata da Protestantesimo e curata da Marco Davite. Bach è uno dei compositori più geniali di tutti i tempi. Nasce ad Eisenach, in Germania, nel 1685, la stessa città in cui Lutero, 150 anni prima, aveva iniziato la traduzione della Bibbia in tedesco. La sua fede luterana è alla base della sua musica: Bach scriverà nel corso della sua vita principalmente musica religiosa. Le sue cantate, i suoi corali, sono stati composti per inserirsi all interno dei culti domenicali, ed hanno sempre come base un testo biblico, normalmente il testo che quel giorno il pastore commentava dal pulpito. Per Bach la musica è innanzitutto uno strumento per comunicare la Parola di Dio: tutte le partiture più importanti recano, all inizio, le iniziali DSG: a Dio soltanto sia la gloria. 15 Corale BWV 99 Bach era immerso nella ortodossia protestante luterana, e questo emerge con forza dalle sue musiche. Oggi la situazione è molto diversa, e la religione non ha più l'importanza che aveva allora. Anche se, io credo, il fatto che così poca gente vada in chiesa al giorno d'oggi non deve indurci a pensare che tutti abbiano perso la fede. Una cosa però è certa: nessun compositore contemporaneo – per quanto ne sappia io – riesce a trasmettere alla sua musica una simile intensità di fede. testo: Ciò che Dio fa è ben fatto giusta è la sua volontà. Egli è il mio Dio nelle difficoltà sa come sostenermi. Disagi, morte e miseria possono spingermi su aspre vie; Dio però mi terrà nelle sue braccia per questo mi affido a lui. dalla lettera dell’Apostolo Paolo ai Galati Si sente, in queste note, una forza che parla, che convince anche quelli che non odono la voce della fede. Si sente che c è qualcosa che va al di là della semplice musica. 16 Corale BWV 115 sto sia un limite, anzi, credo che sia una grande opportunità, una possibilità di far giungere il messaggio evangelico là dove altrimenti non sarebbe ascoltato. L'unica cosa che mi da fastidio è l'applauso perché vuol dire che si è ascoltata la musica come se si fosse ad uno spettacolo. Che vuol farci: sono un calvinista! Per me, quello che conta, non è tanto la musica – certo bellissima – ma quello che conta è la sua forza spirituale, ed è quello che vorrei che la gente cogliesse anche oggi. Coro finale BWV 131 testo: Dal profondo grido a Te, o Signore Ascolta la mia voce. Le tue orecchie siano attente alla voce della tua preghiera. Io spero in Te, Signore, perché presso di Te è la grazia e in Gesù la redenzione. Egli ci salverà da tutti i nostri peccati. Salmo 130 testo: Preparati, anima mia: veglia, prega, invoca il Signore perché l'angoscia, i rischi e i pericoli si avvicinano sempre più. Prega continuamente e chiedi nella tua grande colpa perdono al tuo Dio. Così Egli ti libererà dai peccati e ti renderà giusto. dall’Epistola ai Filippesi L'interesse per la musica di Bach sta crescendo un po' ovunque: certo al di fuori dal suo contesto originario, che era il culto della domenica, ma non credo che que- 17 Animazione musicale nella liturgia Dimmi che culto celebri e ti dirò che chiesa sei a cura di Francesco Casanova N o n esiste un culto perfetto, né esiste una liturgia perfetta, come non esiste una chiesa perfetta. Il culto è il momento centrale della comunità dei credenti, il suo cuore, ma anche la sua carta di identità. Parafrasando un antico proverbio potremmo dire: «Dimmi che culto celebri e ti dirò che chiesa sei». Perciò ogni chiesa dovrebbe sforzarsi di creare una liturgia “a propria immagine e somiglianza", non solo per dire a se stessa e a quelli “di fuori” chi essa è, qual è la sua funzione, cosa ci sta a fare, ma anche per prepararsi al vero culto che è quello di uno stile di vita alla gloria del Signore (Rom. 12,1 ss.) Il culto può essere vissuto in un modo univoco (preparato sempre e solo da chi predica) e quindi schematico, ripetitivo, cadenzato, privo di fantasia, dove tutta l’attenzione è concentrata sul sermone. Oppure in modo corale, fantasioso, aperto, coinvolgente, comunicativo, ricco di pensieri e di immagini che aiutino a “tradurre” per gli altri la propria fede e a interscambiarsi l’amore, la voglia di lodare Dio e di servirlo. Il culto di tipo univoco, molto conosciuto dalle nostre chiese, per una serie di ragioni è entrato in crisi. Per cominciare una liturgia corale è necessario tenere presente quanto segue: 1) Ogni liturgia dovrebbe essere preparata coralmente, con il contributo di molti doni proprio per esaltare “i colori”, “le voci” e le varie forme della chiesa. Altrimenti risulta in bianco e nero, afona, piatta e poco incisiva. Evitare che si assista al culto passivamente, vivendo in uno stato d’infanzia spirituale perenne. 2) Il rinnovamento del culto deve accadere per gradi, in un “moto perpetuo”, cominciando dalle cose più semplici e periferiche, provando per tempi brevi, particolarmente in occasioni di culti speciali. 3) Non dimenticare che al culto siamo presenti con tutto il nostro corpo, spirituale: intelletto, sentimenti, emozioni, sensazioni, e materiale: braccia. mani, occhi, orecchie, bocca. Cercare, quindi, di valorizzare la gestualità e la corporeità usando molta fantasia e evitando di offendere la sensibilità dei meno “tagliati”. 4) Come chiese evangeliche abbiamo trascurato il simbolismo che andrebbe invece recuperato e riproposto come canale di trasmissione di concetti altrimenti difficili da spiegare e comunicare. 18 5) La liturgia risulterebbe fortemente significativa se arricchita da brevissime spiegazioni sul senso, ad esempio, di alcune delle sue parti: l’invocazione, il canto, la lettura biblica, la colletta, gli annunci...o di certi progetti della chiesa a livello locale, regionale, nazionale, federativo. Ciò potrebbe essere fatto nella sez. 1. 6) A volte (ma raramente) si potrebbe chiedere a persone diverse di presentare brevi testimonianze del tipo: chi è Dio per me? Perché prego? Perché credo nonostante tutto? Quale posto occupo e potrei occupare nella comunità dei credenti? Il segreto sta nell’immediatezza, nella semplicità e nell’autenticità. Andrebbero pianificate e preparate (meglio se in gruppo) preventivamente. 7. Prima della confessione di peccato presentare situazioni locali e leggere titoli di articoli di cronaca, commenti editoriali che facciano riflettere sul senso delle cose in cui siamo immersi, di cui a volte siamo corresponsabili (in negativo e in positivo). 8. Ogni tanto, nella liturgia, fare ricorso a stralci di pagine che aiutino a comprendere meglio il tema della predicazione (“La roba” di G. Verga; “Dalla parte di Abele” di R. La Valle, ed. Mondadori; “Il Profeta” di Gibran...) 9. Non trascurare i bambini, che sono la parte più bella e vivace della chiesa. La loro partecipazione al culto, anche se saltuaria, è fondamentale per la gioia e la cordialità di un culto cristiano. 10. Allenarsi a leggere i salmi in modo responsoriale, inizialmente a due voci sole e poi a più voci. Fare lo stesso con preghiere, canti alternati a letture, pagine bibliche. 11. Dare spazio al mimo, particolarmente in culti speciali in cui si ricorda un avvenimento (Riforma, XVII feb- braio, M. L. King) o si sottolinea un tema particolare. Mimare un messaggio può essere accattivante per tutti. 12. Avvalersi anche dell’ausilio di audiovisivi, filmati, con sottofondi musicali per dare risalto ai concetti proposti. È un’esperienza particolarmente suggestiva specialmente in certe occasioni liturgiche (avvento, settimana santa, culti speciali, apertura e chiusura delle scuole domenicali). 13. La musica, è utile sempre ripeterlo, è fondamentale per una buona liturgia. Non sempre la presenza di una corale che “dà spettacolo” è utile ai fini di un culto partecipato. È consigliabile anche organizzare un gruppo di “cantori” col compito primario di scegliere e insegnare alla chiesa canti da tutte le parto del mondo e di tutti i tempi. Un altro buon uso del canto è l’utilizzo di canoni. Ce ne sono moltissimi nella storia della chiesa ed è un vero peccato che siano stati letteralmente abbandonati. 14. Non trascurare gli stranieri che frequentano le nostre chiese, particolarmente quelli che si portano dal loro paese un bagaglio di traduzioni e di espressioni liturgiche che, se valorizzate e adeguatamente impiegate, potrebbero produrre forme di culto ricche di benedizioni per tutti. 15. Alcuni hanno una forte riserva mentale verso le preghiere meditate, scritte e poi lette in chiesa. È un pregiudizio privo di fondamento che va superato. Gli inni e i salmi non sono forse preghiere scritte (per giunta da altri!) che noi cantiamo e leggiamo in chiesa? Non si capisce perché una preghiera formulata con calma nella propria “cameretta” (Mat. 6,6) non possa essere condivisa dall’assemblea dei credenti. L’estemporaneità penalizza i più timidi. 19 NewsNuoveNotizie - NewsNuoveNotizie a cura di Elisa Baglieri • www.ilmondodellacetra.it C o ntinuiamo la nostra pagina di informazioni e notizie. Nello scorso numero abbiamo inaugurato questo esperimento di divulgazione che pare abbia riscosso un buon interesse. È chiaro che queste pagine potranno avere sempre maggiore diffusione se anche voi, lettori e lettrici, ci invierete materiali ed altro...Potrete, come già annunciato nello scorso numero, utilizzare la mia posta elettronica elisa. [email protected] o trovarmi al numero telefonico della Fcei (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia) allo 06/482.51.20. È il primo sito italiano interamente dedicato alla Cetra e al Salterio. Offre un ricco calendario di corsi di cetra per la liturgia. • www.evangelici.net/notizie/1115292435.html Un altro sito dedicato ad eventi vari dell’area evangelica compresi quelli musicali. • www.ceiam.net • www.Musicacristiana.it Un sito dedicato ad eventi musicali dell’area evangelica. Rock cristiano ecc... e condotto da Paolo Judovac, giornalista ed esperto nel campo della musica cristiana: ROCK ON THE ROCK Quando la musica Cristiana Si Fa Giovane Si avvicina l’appuntamento con l’importante festival dedicato alle band cristiane. Dal 23 al 25 luglio a Manerba del Garda sedici formazioni da tutto il mondo cantano la loro fede. Manca una settimana alla partenza di Rock on the Rock, l’evento che dal 23 al 25 luglio porterà per il secondo anno consecutivo sul Lago di Garda alcune tra le migliori band internazionali di area cristiana che si esprimono con i generi e gli stili preferiti dai giovani. Confermata la presenza delle sedici formazioni già annunciate: Zyllah [GB], Antidemon [Brasile], Day by Day [F], Pistis I.H.A. [D], Fort Knox Amsterdam [NL], Seekers Planet [HR], Crushead [D], Rescate [ARG], Altripercorsi [I]...per tre serate a tutto rock, heavy, punk, ska, funky, reggae, ma anche hip-hop e tecnodance. 20 E ancora eventi, musica, appuntamenti... • www.informusic.it Qui vengono riportati anche studi, riflessioni sull’animazione musicale liturgica. È di area cattolica ed oltre attività di formazione riporta anche eventi ed appuntamenti. Dal sito della chiesa luterana in Italia www.lutero.org un interessante concorso per nuovi inni. Concorso Musicale - sesta edizione Termine presentazione lavori 30 agosto 2005 E continuiamo... Regolamento Art 1 - Organizzazione e finalità La Comunità Evangelica Luterana di Napoli indice ed organizza la sesta edizione del Concorso di composizione che si articolerà in due Sezioni; La musica classica da ascoltare: www.viaggio-in-germania.de Il portale italiano sulla Germania Gli indici: www.karadar.com. Ecco alcuni esempi. Georg Friedrich Händel: Messiah: Halleluja Fireworks: Ouverture (a Johann Sebastian Bach: Concerto per due clavicembali in do BWV 1061 Concerto per due clavicembali e orchestra in do min. BWV 1060 Wolfgang Amadeus Mozart: Così fan tutte - Ouverture Eine kleine Nachtmusik - 1° mov. Prima Sezione - riguarda la composizione corale per coro polifonico a quattro parti a cappella o con accompagnamento di pianoforte o armonium. Seconda Sezione - riguarda la composizione di inni ad una o più voci da utilizzare liturgicamente durante i culti, con accompagnamento di organo, chitarra o flauto. Finalità del Concorso è quello di stimolare la produzione di nuova musica sacra su testo luterano ad uso concertistico o liturgico e di promuovere l’esecuzione sia in forma di concerto che durante le funzioni religiose del calendario luterano. Vi segnalo anche un sito di pubblicazioni musicali 16noni.it rivista quindicinale online via del Fosso 164e 55100 - Lucca. Direttore editoriale Marco Cavalleri. Segretario di redazione: Emanuele Pasquini . Qui ho trovato una curiosità: un compositore che si ispirò a Bach: Vedi anche: Storia della musica classica Tutte le pagine sulla musica E sempre su www.viaggio-in-germania.de: La musica al tempo della riforma Pagina a cura di Franco Morettini. Innario di Wittenberg del 1522, curato da Lutero La Riforma di Lutero non consistette soltanto nel dare nuove regole alla liturgia, ma rivoluzionò anche il concetto di musica sacra. Tra l’inizio del Cinquecento e la fine del secolo successivo, la Riforma luterana inserì molte novità anche nella musica. Martin Lutero, alla ricerca di nuove impostazioni sul rapporto tra i fedeli e Dio, introdusse il volgare nella liturgia riformata, la traduzione della Bibbia in tedesco è uno degli esempi più famosi... Martin: Golgotha, Messa per doppio coro a cappella Erato – ADD/DDD Le “Passioni” di Johann Sebastian Bach rappresentano senza dubbio l’apice irraggiungibile della musica Protestante. Ad esse si ispirò il compositore svizzero Frank Martin (1890-1974), figlio di un pastore calvinista che, nell’immediato dopoguerra, volle dare nuovo impulso ad un genere legato alla tradizione pasquale. Nacque così “Golgotha, oratorio in due parti per soli, coro misto, orchestra ed organo”, scritto fra il 1945 ed il 1948, che costituisce un grandioso affresco musicale... Su www.karadar.com tutte le biografie degli autori classici con file mide da ascoltare, foto, storie e tanto altro materiale. Vi segnalo inoltre un disco appena uscito sui canti delle donne Sarde, ci sono anche canti liturgici. Martin – Scheda tecnica Autore: Frank Martin Casa discografica: Erato 21 ACTORES ALIDOS Canti delle Donne Sarde Finisterre FTCD 31 Dalla Sardegna dei Tenores di Bitti, un originale progetto dedicato alla polifonia femminile. Canti di amore e canti liturgici, ninna nanne e danze popolari, lamenti funebri e serenate. Un quintetto polifonico di affascinanti voci femminili formato da Alessandra Leo, Roberta Locci, Valeria Parisi, Manuela Sanna e guidato dalla voce profonda di Valeria Pilia. A loro si affianca un grande interprete: il virtuoso polistrumentista Orlando Mascia, musicista fondamentale della musica tradizionale sarda e specialista di vari strumenti tradizionali – is launeddas, su sulitu, sa trunfa, su sonetu – che utilizza per dialogare costantemente con le voci del gruppo... Distribuzione Felmay-Egea (nei negozi specializzati e su www.finisterre.it) UFFICIO STAMPA: [email protected] MATERIALI, INFO: [email protected] Segnalo infine dal sito www.orfeonellarete.it un lavoro su cd/dvd di salmi cattolici e protestanti LEJEUNE, Claude Muze honorons l’illustre & grand Henry Les Pages & les Chantres Centre de Musique Baroque de Versailles Olivier Schneebeli ALPHA 032 1 CD/DVD 58’47 22 Un CD carico di buone intenzioni e di svariati motivi di interesse viene ad arricchire la collezione della casa discografica francese Alpha. La raccolta di mottetti per il culto cattolico e di salmi protestanti, scelta tra le opere di Claude Lejeune (circa 1530- 1600), si inserisce in un momento della storia francese che sancisce, con l’editto di Nantes del 1598, la libertà di culto per gli Ugonotti. Siamo sotto il regno di Enrico IV, re protestante che abbracciò il cattolicesimo per porre fine alle lotte che avevano caratterizzato gli ultimi trent’anni della storia francese, scelta che tutti abbiamo imparato ad associare alle famose parole che il re pronunciò per giustificare la sua conversione: “Parigi val bene una messa.” Salito al trono, Enrico IV chiamò Lejeune a corte come Compositeur de la Musique de la Chambre du Roy. Anche Lejeune era protestante, ma questo non gli impedì di scrivere musiche per i cattolici, una volta sancita la riconciliazione.... Associazione culturale Orfeo nella rete http://www.orfeonellarete.it/ [email protected] Arrivederci alle prossime...NewsNuoveNotizie! Un inno da interpretare a cura di Carlo Lella A priamo in Musica nella Liturgia un laboratorio di “analisi musicale” così come richiesto da alcune sorelle e fratelli delle comunità. Prima però occorre fare tre precisazioni. La prima è che è davvero difficile poter spiegare su carta ciò che solo la musica può suggerire; dunque, il nostro è un esperimento da valutare. La seconda è che nell’esposizione useremo un linguaggio che terrà conto soprattutto di sorelle e fratelli che non sono musicisti/ste di professione. La terza è quella più importante: nessun consiglio può effettivamente dire la verità assoluta su come un inno vada cantato. Esistono delle regole maturate nel tempo, stabilite per conservare il più possibile il carattere originale sia del compositore che della sua opera. Tuttavia esse non valgono per tutta la musica esistente, per cui se parliamo, ad esempio, di un corale, ci siamo, ma se ci poniamo di fronte ad un inno contemporaneo interverranno altri parametri. Dunque, chiarita la metodologia di questa rubrica, ed il carattere sperimentale, non ci resta che cominciare a lavorare. 1. Iddio conduce il suo gregge, lungo ruscelli, quieti, ombreggiati e in ridenti prati erbosi lo fa riposare. L'anima mia avrà conforto grazie al suo amore: Il Signore è il mio pastore, nulla mai mi mancherà. 2. Trascorro i miei giorni lieti nei sentieri della giustizia, perché la fiaccola del tuo amore illumina i miei pensieri. Non mi assalirà mai il timore nè della morte nè del male: è con me il grande Consolatore, da ogni affanno Egli mi libererà. Il Signore è il mio pastore, nulla mai mi mancherà. 3. Davanti a me è la tua mensa, ho una grande abbondanza dei tuoi beni; La tua gioia, o Signore, fa traboccare il mio cuore. Chi seguirà fedelmente il buon pastore sulla terra, nella casa del Signore abiterà per lunghi giorni. Il Signore è il mio pastore, nulla mai mi mancherà. (parafrasi di Ada Ciambellotti, chiesa valdese di Rovereto) L’inno che prendiamo in considerazione è tratto dall’Innario Fcei 2000, Lungi i rivi quieti, e ombrosi, n. 51. Abbiamo scelto questo inno per quattro ragioni. La prima, per soddisfare la richiesta di una comunità, la seconda perché ci aiuta a capire come far cantare inni ormai un po’ desueti, la terza perché è un inno dalla melodia molto bella (Shubert è il compositore, figuriamoci!) oltre che ricco di storia e di emozioni per molti delle nostre comunità, la quarta: la teologia! qui il Salmo 23 viene valorizzato ancor più di quanto non lo sia già di per sé. Da dove dovremmo cominciare? Il consiglio è di partire dal testo. Qui incontriamo la prima difficoltà: il linguaggio. Dunque, accanto al testo dell’inno elaboriamo, scrivendola, una parafrasi, cioè un modo di riscrivere il testo secondo la sensibilità linguistica del nostro tempo. Ve ne offro una come esempio. Ognuno di voi poi può cotruirne altre; l’importante è che non scriviate cose che il testo originale non dice! 23 La parafrasi sarà la prima cosa che presenterete alla comunità. Prima ancora di annunciare l’inno stesso. Potete o leggerla solo voi, in tal caso attenzione alla lettura, o fotocopiarla e leggerla insieme alla comunità, o proiettarla. La vostra lettura potrebbe essere accompagnata con proiezioni di immagini ad hoc, pratica che in alcune nostre chiese già si attua. La prima cosa che noterete è l’atmosfera che si viene a creare. Ci sarà infatti: l’ascolto, atto fondamentale dell’apprendimento. Ricordiamoci dunque di una buona “regola” per iniziare: per far sì che un inno venga cantato bene, occorre che innanzitutto venga ben presentato. E soprattutto non dovrebbe essere annunciato solo come un numero: cantiamo l’inno 51… perché così facendo, quasi come un numero, appunto, verrà cantato: un, due... cinquantuno! (continua) Musica & Musiche 24 25 26 27 28 29 30 31 Le offerte ricevute In questa finestra vogliamo aprire uno spazio particolare, nominando tutte le sorelle ed i fratelli che hanno contribuito con le loro offerte a coprire le spese del numero precedente e alla realizzazione di questo numero di Giugno, più una percentuale per il prossimo numero di ottobre. Non riporteremo le somme donate da ognuno ed ognuna, per una evidente questione di rispetto della gratuità e di privacy. Un ringraziamento va anche allo staff del servizio amministrativo dell'Ucebi, che cura l'elaborazione dei dati e l'organizzazione della distribuzione delle offerte per le spese di pubblicazione delle rivista. Ecco quindi il resoconto aggiornato a fine maggio 2005. Se qualche sorella o fratello ha inviato un'offerta che non viene qui menzionata può rivolgersi direttamente agli uffici dell'Ucebi, in riferimento sempre al servizio amministrativo. Berrios Clara e Carlo Lucarini-Chiesa Battista di Chiavari Chiesa Battista di Cagliari Chiesa Battista di Gravina Chiesa Battista di Rovigo Chiesa Battista Via del Lazzaretto Girolami Maurizio - Chiesa Battista di Torino, Via Passalacqua Dragone Maria- Chiesa Battista di Conversano Paschetto Emmanuele- Chiesa Battista di Torino, via Lucento Pizzulli M. Teresa- Chiesa Battista di Val di Susa Chiesa Battista di Pordenone Casonato Aldo- Chiesa Battista di Pordenone Chiesa Battista di La Spezia Marzioli Sara- Chiesa Battista di La Spezia Formica Nunziatina - Chiesa Battista di Lentini Loddo RobertoChiesa Battista di Gioia del Colle Arcidiacono Alessandra- Chiesa Battista di Gioia del Colle Lancellotti ErnestoChiesa Battista di Milano, via Pinamonte Samuele CurròChiesa Battista di di Milano, via Pinamonte Anna Maffei-presidente Ucebi Pietro Cruccas- Chiesa Battista di Cagliari Zugno Luciano- Chiesa Battista di Pordenone Elisa Vicentini e Nicola Sfredda- Chiesa Valdese di Verona Amy Ashwood-Chiesa Valdese di Verona Matteo Mollica- Chiesa Valdese di Torino, c. Vittorio Emanuele Francesco Romeo-Chiesa Battista di Casorate Primo Musica nella Liturgia è un supplemento al Seminatore Numero 1 - gennaio/marzo 2005 (Direttrice responsabile Marta D’Auria - Autorizzazione Tribunale di Roma n. 5894 del 23/7/1957) a cura del Dipartimento di Evangelizzazione dell’Ucebi, fotocopiato in proprio. Si regge soprattutto sulle offerte (inviare a: Segreteria Amministrativa Ucebi, P. zza S. Lorenzo in Lucina,35; 00186 Roma, specificando la voce: offerta per Musica nella Liturgia-Dipartimento di Evangelizzazione). Ogni autrice o autore di articoli ed inni è direttamente responsabile di ciò che pubblica e delle informazioni che divulga. Lo stesso vale per i materiali coperti da copyright per cui è a responsabilità delle autrici o autori che pubblicano inni o articoli coperti da copyright ottenerne l’autorizzazione d’uso. Musica nella Liturgia si propone come obiettivo quello di divulgare notizie, informazioni, storie, studi, inni, in riferimento a contenuti e spazi di fede nel Dio creatore del cielo e della terra. La redazione di Musica nella Liturgia: Carlo Lella, coordinatore (carlo.lella@ucebi. it); Virginia Mariani, della Chiesa Battista di Mottola ([email protected]); Francesco Romeo, della Chiesa Battista di Casorate Primo ([email protected]); Domenico D’Elia, della Chiesa Battista di Mottola ([email protected]); Pietro Romeo, della Chiesa Battista di Rivoli ([email protected]); Elisa Baglieri della Chiesa Ecumenica di Albano ([email protected]). 32