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Open Source Le Prospettive Nel Contesto Europeo E Italiano Parte Ii

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OPEN SOURCE Le prospettive nel contesto Europeo e Italiano Parte II di Marco Pancotti In collaborazione con Destinazione >> .... Tavola dei contenuti 1. Open Source e software proprietario – il contesto competitivo................................. 3 2. Le dimensioni di analisi ............................................................................................. 3 3. Impiego dell’Open Source in ambito pubblico........................................................... 4 4. Impiego in ambito privato .......................................................................................... 8 5. Il contesto applicativo .............................................................................................. 10 5.1. Sistemi operativi ........................................................................................... 10 Ambito desktop ..................................................................................................10 Ambito server.....................................................................................................12 5.2. Office ............................................................................................................ 15 5.3. Database ...................................................................................................... 17 5.4. Web .............................................................................................................. 18 6. Prospettive per un investore ................................................................................... 19 7. Glossario ................................................................................................................. 21 Indice delle figure Figura 1 – Utilizzo di software libero nella PA Europea................................................... 4 Figura 2 – Utilizzo dei software Open Source su PC e server......................................... 5 Figura 3 – Sistemi operativi nelle imprese ....................................................................... 6 Figura 4 – Previsioni di utilizzo di software Open Source................................................ 7 Figura 5 – Previsione di utilizzo di OS nel privato negli USA .......................................... 9 Figura 6 – Hardware sostituito da Linux ........................................................................ 14 Pagina 2 di 22 1. Open Source e software proprietario – il contesto competitivo Nella prima parte del dossier dedicato all’open source abbiamo discusso alcuni dei principali elementi che caratterizzano questo fenomeno. Innanzi tutto abbiamo identificato l’Open Source come uno dei possibili elementi di discontinuità che caratterizzeranno questo decennio nell’ambito dell’ICT. Non si vede infatti, almeno per ora, nessun altra innovazione, oltre al mobile computing, che possa caratterizzare questo periodo così come gli anni 90 sono stati caratterizzati da Internet e gli anni 80 dai PC. Abbiamo visto come l’Open Source abbia dei fondamenti economici molto chiari e razionali. Il fatto che il software sia messo a disposizione di tutti in maniera gratuita non toglie alcuno spazio a chi correda il software stesso di servizi, di formazione e di altro valore aggiunto originale, riuscendo così a costruire, sul software Open Source, un modello di business solido e redditizio. In questa seconda parte cercheremo di ragionare sul contesto competitivo che caratterizza questo momento nel tentativo di delineare le caratteristiche principali di quanto sta succedendo e di prevederne l’esito più probabile. 2. Le dimensioni di analisi Per provare ad analizzare il fenomeno di mercato dell’Open Source è bene definire le dimensioni secondo le quali si vuole procedere nel valutare fatti e cifre. La prima dimensione che proponiamo è quella dell’ambito di impiego del software Open Source, se non altro in termini di impresa privata in contrapposizione con il mondo pubblico. La seconda dimensione di analisi è quella del contesto applicativo, in quanto l’offerta Open Source ha, al momento, appeal, utilizzo e prospettive molto diverse in funzione del tipo di applicazione che si analizza. Non potendo esaminare tutti i possibili contesti Pagina 3 di 22 applicativi ne abbiamo scelti tre, di primaria importanza, che sono l’Office, il Database ed il Web. 3. Impiego dell’Open Source in ambito pubblico Sull’impiego dell’Open Source in ambito pubblico abbiamo a disposizione dati recenti, frutto di una ricerca condotta dall’Università di Maastricht che è, al momento, il più articolato studio condotto sull’uso del software libero nella pubblica amministrazione europea. Sono stati intervistati più di 4000 enti pubblici di 13 stati europei ottenendo quasi 1000 risposte valide. Da questa ricerca emerge un quadro articolato da cui abbiamo estratto pochi, ma rappresentativi, dati. Il primo dato è che nel 49% delle organizzazioni pubbliche Europee vi è un uso consapevole di software libero, ed in un altro 20% il software libero è utilizzato ma la direzione dell’ente non è consapevole del fatto che si tratti di software Open Source. Figura 1 – Utilizzo di software libero nella PA Europea 20,6 Utenti cosapevoli Utenti non consapevoli Non utenti 49,4 29,9 Fonte: Ricerca Open Source – Università di Maastricht – Aprile 2005 Pagina 4 di 22 Questa distinzione tra utenza consapevole ed inconsapevole può sembrare strana, ma è la conseguenza del fatto che certi applicativi sono così diffusi dall’essere considerati come commodity di cui si è a malapena a conoscenza. Ad esempio, una organizzazione che ha il proprio sito web sotto Apache potrebbe non sapere che si tratta di un prodotto Open, così come potrebbe ignorare il fatto che la propria posta elettronica è smistata da prodotti come Sendmail o Postfix. Questo quadro sembra estremamente positivo, ma la realtà è meno rosea, ed emerge appena si approfondisce il concetto di utilizzo e si discrimina tra uso completo (o quasi completo) ed uso parziale. In questo caso si torna a percentuali più modeste. I Desktop sono completamente, o quasi completamente, vestiti di software libero solo nel 1,6% dei casi, mentre contengono parzialmente software libero nel 16,3% dei casi. Figura 2 – Utilizzo dei software Open Source su PC e server Uso del software libero Su PC Percentuale (quasi) completamente parzialmente Sui server (quasi) completamente parzialmente Sperimentazione in corso 1,6% 16,3% 3,8% 40,3% 20,3% Fonte: Ricerca Open Source – Università di Maastricht – Aprile 2005 Lievemente più incoraggiante appare la situazione se si guarda ai server, dove quasi il 4% sono completamente sotto sistemi operativi Open mentre il 40% contengono almeno in parte software libero. Nel complesso quindi la presenza di software Open Source appare essere presente attorno al 20% dell’installato. Il restante 80% contiene esclusivamente software proprietario. Indagando poi su quale è la tecnologia di base dei propri sistemi informativi in termini di sistemi operativi il quadro è ancora più conforme alle attese. Pagina 5 di 22 La grande maggioranza si appoggia a Windows 2000 e Windows XP, spesso contemporaneamente presenti, seguiti dall’ormai vetusto Windows NT. Linux appare distaccato, con un 20% delle organizzazioni che lo considera come essenziale per i propri sistemi informativi ed il restante 80% che lo considera marginale o non utilizzato per nulla. Figura 3 – Sistemi operativi nelle imprese Fonte: Ricerca Open Source – Università di Maastricht – Aprile 2005 Pagina 6 di 22 Il quadro diventa più incoraggiante se si guarda alle prospettive. Figura 4 – Previsioni di utilizzo di software Open Source Tipo di utilizzo di software libero nell’organizzazione E’ opportuno estendere Uso Uso consapevole inconsapevole Si 70% No l’utilizzazione di Non uso Media 30% 38% 51% 11% 32% 28% 21% Non so 19% 38% 34% 28% Totale 100% 100% 100% 100% Open Source nell’organizzazione? Fonte: Ricerca Open Source – Università di Maastricht – Aprile 2005 Dal prospetto sopra esposto si può notare come il 70% delle organizzazioni pubbliche che stanno utilizzando consapevolmente software libero intenda incrementarne l’uso, ed un 30% di chi lo usa inconsapevolmente intende andare avanti su questa strada. Chi al momento non lo usa ne ha comunque sentito parlare, tanto che, nel 38% dei casi, pensa di provarlo. Complessivamente, quindi, da questi brevi cenni si possono trarre delle interessanti conclusioni: a) il software libero è entrato nelle maggioranza delle pubbliche amministrazioni, ma ancora in modo marginale, specie nei desktop b) l’infrastruttura informativa delle organizzazioni pubbliche è ancora fermamente appoggiata su software proprietario, sia di tipo Windows, sia di tipo UNIX, anche se un 20% dei server contiene almeno qualche applicazione Open c) la presenza del software libero è destinata ad aumentare in quanto chi già lo usa vuole usarne di più, e chi non lo usa lo vuole provare. Diversi episodi, alcuni dei quali verranno citati in seguito, dimostrano come alcune pubbliche amministrazioni si stiano muovendo in modo deciso nella direzione della Pagina 7 di 22 migrazione verso il software libero, attratte non solo dai possibili risparmi sulle licenze, ma anche dal diverso tipo di relazione che si viene ad instaurare col fornitore e dalla sicurezza intrinsecamente propria di un prodotto di cui sono disponibili tutti i dettagli tecnici. La Pubblica Amministrazione sarà quindi un’arena importante e, probabilmente, anticiperà il privato nell’adozione di alcune delle pietre fondamentali che costituiscono l’architettura del software libero. 4. Impiego in ambito privato I risultati di un'indagine Forrester su più di 500 aziende private USA1 mostrano come la domanda di Open Source stia emergendo in modo prepotente. Dai dati rilevati, circa il 14% delle aziende americane utilizza Linux in applicativi reali (cosiddetti “in produzione”). La penetrazione principale è nelle aziende di servizi con il 22%, seguite dalle aziende high-tech con il 19% e dalle aziende di produzione con il 14%. Alla domanda sulle prospettive di utilizzo di Linux, infatti, più del 70% delle aziende ha dichiarato di volerne incrementare l’uso, mentre solo il 20% ha dichiarato di non volerne fare maggior utilizzo. 1 Pubblicata nel mese di Aprile 2005. Pagina 8 di 22 Figura 5 – Previsione di utilizzo di OS nel privato negli USA Pianificat e un increm ent o dell'ut ilizzo di Linux nei prossim i due anni? 6,00% 2,00% 20,00% Si No, l'utilizzo rimarrà uguale No, l'utilizzo diminuirà Non sappiamo 72,00% Fonte: Forrester Research – Aprile 2005 Per quanto riguarda l’utilizzo reale, un sorprendente 53% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare Linux per applicazioni mission-critical. Più della metà delle aziende intervistate stanno costruendo nuove applicazioni utilizzando Linux, il 44% sta utilizzando Linux per portare vecchie applicazioni su nuovo hardware mentre il 33% utilizzano applicazioni che hanno specificatamente bisogno di Linux. In Italia il quadro è decisamente diverso. Una indagine MATE2 ha identificato nell’8% la percentuale di aziende private medio-grandi che stanno utilizzando Linux per applicazioni mission-critical. Naturalmente da questo calcolo sono state escluse le applicazioni di web server e di mail server, in quanto anche nel nostro paese gli share di Apache e degli MTA liberi sono così elevati dal dare l’illusione di un’adozione di software libero più importante di quanto in realtà sia. Il ritardo rispetto al contesto americano è normale e non stupisce nessuno. Ciò che è importante osservare, comunque, è che le diffidenze che erano molto comuni all’inizio del 2 Ricerca eseguita nel 2003, con revisione nel 2004, su un campione di circa 150 utenti. Pagina 9 di 22 decennio stanno lentamente scemando. L’azienda privata Italiana, almeno nelle sue frange più attente alla tecnologia, è ormai matura a sperimentare un modello di produzione che le vede prive della tradizionale controparte (il “fornitore”) e quindi maggiormente responsabilizzata nella scelta e nella gestione del progetto. L’azienda è consapevole che la partita non si gioca sul piano del costo, in quanto sa da tempo che il costo della licenza è solo una minima parte degli investimenti necessari per un serio progetto software. Cioè che l’attrae, come è emerso dalle interviste, è la possibilità di adattamento e di integrazione che il software libero, nato e cresciuto in un contesto multipiattaforma e cooperativo, porta nel proprio DNA. 5. Il contesto applicativo Nell’analizzare il contesto applicativo abbiamo preso tre delle principali arene che vedono oggi la competizione tra l’approccio proprietario e quello libero. 5.1. Sistemi operativi Il primo teatro di scontro è quello dei sistemi operativi. Si tratta senza alcun dubbio del più importante, dove l’esito dello scontro sarà determinante per gli equilibri che si verranno a determinare nell’offerta software alla fine del decennio. Il teatro dei sistemi operativi, a dire il vero, dovrebbe essere analizzato da tre punti di vista. Il primo è quello del desktop, cioè dei sistemi operativi destinati al supporto dei personal computer , il secondo è quello dei server, cioè dei sistemi utilizzati nelle aziende per le applicazioni condivise e per i sistemi gestionali, ed il terzo è quello per i palmtop, cioè per i dispositivi palmari e per i cosiddetti “smartphone”. Vediamo quindi i dati ed il tipo di competizione in atto nei primi due dei suddetti segmenti Ambito desktop Il mercato dei desktop è quello più consolidato, e vale, a livello mondiale, circa 200 milioni di pezzi venduti all’anno con una crescita che, da più un decennio, ha tassi di incremento superiori al 10% (il 14% nel 2004). Ognuno di questi pezzi è, normalmente Pagina 10 di 22 venduto già dotato di un sistema operativo che, al momento, è quasi sempre Windows XP nelle versioni Home o Professional. Linux sta insidiando questo mercato, in quanto, ormai da tempo, vengono prodotte e vendute delle collezioni di programmi (chiamate “distribuzioni”) appositamente pensate per un utente abituato a lavorare con Windows. Queste distribuzioni non si limitano a fornire il software di base, quello strettamente necessario per il funzionamento del PC, ma hanno a corredo migliaia di programmi, da word processor a programmi di grafica, fino a quelli destinati a rendere facile la gestione del PC anche da parte di utenti non tecnici. Alcune di queste distribuzioni si pongono ormai, dal punto di vista commerciale, in aperta competizione a Windows per desktop. Negli USA, ad esempio, in occasione del Natale 2004, la catena Wal-Mart ha proposto un PC con video a cristalli liquidi a 498$, che era dotato della distribuzione Linspire, una di quelle specificatamente rivolte all’utente finale da desktop. In pratica il valore attribuibile alla dotazione di software ottenuta tramite una di queste distribuzioni, il cui costo varia dai 50 ai 100 $, è equivalente, in termini di prodotti commerciali, ad alcune decine di migliaia di dollari di acquisto. Se invece si dovesse calcolare il valore del tempo uomo che è stato necessario, in più di quindici anni di lavoro, per produrre tutti i componenti inseriti in una siffatta distribuzione si può parlare di una cifra oscillante tra i due ed i quattro miliardi di dollari. Nessuno al mondo rischierebbe una cifra così alta per poi ritrovarsi a competere con un monopolista insediato da vent’anni e dotato di una liquidità sostanzialmente illimitata. Solo il modello di business dell’Open Source ha permesso la nascita di un fenomeno come questo. Chi prepara la distribuzione, infatti, nulla deve pagare per i componenti che inserisce nei suoi CD. Il suo lavoro consiste nel selezionare un sottoinsieme dei componenti disponibili (normalmente dai 4.000 agli 8.000 programmi per distribuzione), verificare che non vi siano conflitti tra loro, predisporre un programma che renda facile l’installazione degli stessi su un qualsiasi PC e, infine, predisporre una serie di strumenti utili per la configurazione e l’aggiornamento dei programmi senza che siano necessarie conoscenze tecniche. Alcune distribuzioni sono così smaccatamente a caccia di utenti Windows dall’aver simulato ed imitato i menu, i nomi delle cartelle e gli strumenti di amministrazione tipici di Windows XP, al fine di far sentire a suo agio un utente che sia appena migrato a Linux dopo anni di Windows. Al momento, comunque, si stima che non più del 3% dei desktop siano dotati di Linux, il che è comunque una quota rispettabile, essendo sostanzialmente equivalente a quella Pagina 11 di 22 detenuta dalla Apple che è una veterana del mercato e che, tra l’altro, per ritrovare competitività e clientela, alcuni anni fa ha messo al cuore del proprio sistema un sistema operativo di derivazione Unix (Mac Os X) su cui è possibile far girare un gran numero di programmi scritti per Linux. Le previsioni di IDC sono che questa quota di mercato raddoppi e raggiunga il 7% nel 2007. A parere di chi scrive questa stima è forse un po’ troppo prudente, in quanto molti elementi convergono a favore dell’adozione di piattaforme Linux nell’ambito dei desktop. A fianco di un’offerta sempre più concentrata sull’obiettivo della conquista del desktop, abbiamo, infatti, una domanda che, nell’ambito della pubblica amministrazione, ha un’attenzione alla riduzione dei costi ed al controllo del rapporto con i fornitori che è ancora più attento in aree ad alto potenziale come la Cina, il Brasile e in generale i paesi emergenti ad alta densità di popolazione. Un’adozione massiccia del software libero in questi paesi, peraltro già avviata, potrebbe portare Linux a sfondare molto rapidamente il tetto del 10% di share, con in prospettiva un 25% per la fine del decennio. Per capire l’impatto economico basti pensare che questo segmento di mercato, ipotizzando un prezzo medio di licenza di 50 Euro a desktop, ha una potenzialità teorica, per un distributore Linux, di 10 Miliardi di Euro all’anno. Uno share del 25% darebbe ai creatori delle principali distribuzioni, che oggi, arrivano, nel loro complesso, ad un fatturato derivante dalla vendita delle licenze non superiore ai 250 milioni di euro, la possibilità di decuplicare il volume d’affari, generando poi un’equivalente crescita nell’ambito dei servizi. Ambito server Il mercato dei server è numericamente più piccolo, ed è normalmente misurato in valori monetari piuttosto che in unità vendute, in quanto un grande server può costare anche venti o trenta volte di più di un server di piccole dimensioni. Nel 2004, sempre secondo IDC, il mercato dei server è stato pari a circa 49 miliardi di dollari, con una crescita del 6% in valore e del 19,3% in unità. La quota accreditata ai server Linux è stata, nel 2004, pari al 9% ma con un’impressionante crescita del 35% (29,1% in unità) rispetto all’anno precedente. Di questo passo, se non sorgeranno imprevedibili battute d’arresto, è facile prevedere una quota del 30% entro quattro anni ed il sorpasso per la fine del decennio. La battaglia in questo segmento è ancora più importante se si tiene conto del trascinamento di credibilità che si avrebbe nell’ambito del desktop nel momento in cui il software libero dovesse diventare il più diffuso nell’ambito dei server. Pagina 12 di 22 I fattori che contribuiscono a rendere cruenta la lotta per il dominio del segmento dei server sono, tra gli altri, il fatto che: • Nell’ambito dei server vi sono in gioco fatturati hardware significativi di aziende come HP, Sun e IBM che sono costrette ad elaborare una strategia nei confronti dell’Open Source per evitare di rimanere spiazzate in termini competitivi. • I fatturati in termini di licenze e, soprattutto, di servizi per le società che gravitano nell’ambito dell’offerta di software libero sono, potenzialmente, molto superiori a quelli ottenibili, almeno nel breve periodo, in ambito desktop. • Per la Microsoft è vitale non perdere posizioni in ambito server sia per non rinunciare a importanti revenues, sia, soprattutto, per non perdere la posizione dominante e rischiare un effetto domino su tutta la propria offerta aziendale. E’ importante comprendere il fatto che i primi ad entrare in difficoltà nell’ambito del server sono aziende come Sun e Ibm che hanno un’offerta, rispettivamente basata su Solaris e su AIX, che è oggi attaccata frontalmente dall’offerta Linux. La reazione di Sun è stata quella di rendere Open Source una versione di Solaris, denominata OpenSolaris, e di accompagnare questa mossa con un intenso sforzo di marketing teso a rendere disponibili al più presto, su piattaforma OpenSolaris, un pacchetto di 1000 e più applicazioni realizzate da società di software di tutto il mondo. Il tentativo di Sun è quello di tamponare il rischio di emorragia di server Solaris garantendo al mercato la disponibilità di un sistema diverso da Linux ma compatibile con l’offerta applicativa generata per Linux, che sia adeguatamente “vestito” di strumenti destinati all’uso in ambito aziendale mission-critical e nel cui sviluppo sia possibile coinvolgere la comunità Open. IBM ha invece preso una posizione più estrema, rinunciando a proporre proprie alternative ed abbracciando Linux sulla propria offerta parallela a quella AS/400 la quale, invece, rimane caposaldo dell’offerta proprietaria che, per svariati motivi tecnici e di mercato, non dovrebbe essere scossa più di tamto dall’avanzare di Linux. Queste considerazioni sono supportate da uno studio di Forrester Research che, nell’ambito dell’offerta Open Source su un campione di aziende americane, ha riscontrato che Linux non è una minaccia solo per la combinazione Windows/Intel, ma anche, se non soprattutto, per le offerte Unix-like tradizionalmente offerte dai grandi player di mercato. Pagina 13 di 22 Figura 6 – Hardware sostituito da Linux Che hardw are e sist em a operat ivo rim piazzat e con Linux? Wintel Sun e Solaris IBM e AIX HP e HP-UX IBM mainframe Altro 0 2,5 5 7,5 10 12,5 15 17,5 20 22,5 25 27,5 Fonte: Forrester Research Come si può vedere dal grafico soprastante, alla domanda relativa a quale tipo di sistema è stato rimpiazzato da un sistema Linux solo il 25% dei rispondenti ha risposto “Wintel”, mentre più del 20% dei rispondenti ha sostituito un sistema Sun/Solaris e poco meno del 15% sistemi IBM/AIX e HP/UX. Questi dati sono ulteriormente sorretti da un’analisi attenta di quanto dichiarato da IDC circa i tassi di crescita dei principali player nell’ambito mini, che dice: • in un contesto di crescita del 6,2% in valore e del 19,3% in unità (pari a 6,3 milioni di sistemi venduti nell’anno), solo il segmento di offerta più economico (mini dal valore unitario inferiore ai 25.000 $) cresce, mentre gli altri segmenti decrescono sia in valore che in unità. E’ evidente che, al momento, Linux trova il proprio humus prevalentemente nella fascia bassa di mercato, proprio quella che traina la crescita di tutto il settore. • Circa il 25% dei piccoli server venduti monta processori a 64 bit, dove Linux, dal kernel 2.6 in poi, si esprime al meglio delle sue possibilità e si è dimostrato un’alternativa eccellente, soprattutto in ambito multiprocessore, nei confronti dei suoi competitor. • La crescita dei sistemi Unix è stata, in valore, di solo il 2,7%, inferiore quindi alla crescita media del settore mini. Unix è quindi in declino, in termini di share. Pagina 14 di 22 • La crescita dei sistemi Windows è stata, in termini di unità, del 17,9%. Windows detiene attualmente il 32% del mercato, più di tre volte lo share di Linux, ma Linux cresce due volte più velocemente, il che permetterà l’aggancio molto presto, a meno di cambiamenti nel trend. 5.2. Office L’evoluzione dell’offerta applicativa destinata al supporto dell’attività impiegatizia “ordinaria”, è stata, nel tempo, abbastanza singolare. Fino alla fine degli anni 80 la presenza della Microsoft in questo ambito era marginale. Il foglio elettronico per eccellenza era Lotus 1-2-3, il word processor era WordStar ed il database era DBIII. Tra loro non comunicavano quasi per nulla, non erano dotati di interfaccia grafica e non erano neanche molto intuitivi. Eppure già avevano messo a soqquadro il tradizionale modo di lavorare, facendo sparire calcolatrici e macchine da scrivere e permettendo elaborazioni di budget e simulazioni prima impensabili. Con l’avvento della prima suite Office della Microsoft, che all’inizio non era molto coordinata, iniziò un cammino verso una uniformità del software destinato all’impiego d’ufficio che ebbe la sua svolta nel 95, con l’uscita di Windows 95. Questa release, infatti, rappresentò un significativo passo avanti rispetto a Windows 3.1 e facilitò la diffusione a macchia d’olio di Excel, di Word, di Powerpoint e, infine, di Access. Per tutti gli altri applicativi iniziò un declino sempre più rapido, fino alla quasi totale sparizione dal mercato. La diffusione degli applicativi Microsoft assunse alla fine degli anni 90 un carattere di monopolio, fino al punto di diventare estensione di linguaggio. Oggi, infatti, in molti uffici si parla di file Excel e non più di foglio di calcolo, oppure di file Word come sinonimo di testo in formato elettronico. E’ evidente come la sinergia tra Windows e Office sia fortissima in ambito Desktop. Di conseguenza nessun sistema operativo si è mai potuto affermare senza la presenza di una buona suite Office. Significativo, al riguardo, è quanto è successo ai sistemi Apple. I MacIntosh, negli anni 90, ebbero un iniziale supporto da parte di Microsoft, che rese disponibile Excel e Word su Mac Os in versione grafica ancora prima di poterlo fare per Windows 95. In seguito i rapporti tra le due aziende deteriorarono, e le versioni di Office disponibili per MacIntosh furono sempre peggiori, decretando la progressiva sparizione dei MacIntosh dalle scrivanie aziendali tradizionali. Ultimamente, anche in virtù di una partecipazione della Microsoft in Apple, il sistema Mac Os X è tornato ad essere dotato di una suite office allineata e assolutamente compatibile con quella Windows, garantendo agli utenti di questo sistema la possibilità di interscambio di documenti con l’esterno Pagina 15 di 22 senza timori di handicap. Come conseguenza la Apple ha recuperato alcuni punti di share nell’ambito aziendale, tornando a fornire sistemi anche al di fuori delle tradizionali nicchie del trattamento delle immagini e dei suoni. La mancata disponibilità di una buona suite Office è stato l’handicap di Linux fino ad un paio di anni fa. La Microsoft, infatti, non si è mai neanche sognata di rendere disponibile una versione di Office per Linux, sia pure a pagamento (con questo eleggendo Linux a peggior nemico, ruolo evidentemente non intravisto nella Apple). Su iniziativa della Sun, alcuni anni fa, è stato recuperato un vecchio prodotto di Office ormai in disuso, dal nome StarOffice. Il suo codice sorgente è stato reso aperto e disponibile alla comunità, con l’intenzione di creare un’alternativa credibile ad Office di Microsoft in grado di funzionare indifferentemente su Windows, su Mac Os X come su Linux. Il risultato è stato raggiunto e da circa un paio di anni è disponibile una eccellente suite, dal nome OpenOffice, totalmente gratuita e scaricabile da Internet in centinaia di lingue. La Sun ne commercializza una versione più “vestita” e supportata dal nome StarOffice ad un prezzo molto basso (circa dieci volte inferiore a quello Microsoft), dimostrando la possibilità di fare business anche all’interno di un modello open source. Al progetto hanno partecipato, gratuitamente, più di 5000 persone, oltre al nucleo di professionisti messo a disposizione dalla Sun per il coordinamento ed il test del software. La prossima uscita della release 2.0 (prevista prima dell’autunno 2005) colmerà anche il residuo gap esistente con Office nell’ambito del trattamento dei dati (Access, per intendersi) e consoliderà OpenOffice come il peggior incubo per la Microsoft. OpenOffice usa un formato dati standard (dalla release 2.0 in poi conforme a quello indicato dall’organizzazione internazionale OASIS) che non è compatibile, in natura, con quello utilizzato da Word, ma in Sun hanno curato in modo particolare la problematica della compatibilità con Office, per cui è possibile, con OpenOffice, leggere un documento Word o produrre un documento che può essere letto da Word senza alcuna difficoltà. OpenOffice costituisce una specie di Stalingrado nella lotta tra Microsoft e l’OpenSource. Se la Microsoft arginerà l’aggressione di OpenOffice riuscendo a relegarla a soluzione “minore” il desktop rimarrà Windows ancora a lungo, altrimenti ogni scenario diventa possibile, compresa la ripresa di quote da parte di Apple come conseguenza indotta dello sfondamento dell’accoppiata Linux/OpenOffice sul fronte del Desktop. Non vi sono significativi motivi tecnici per preferire Office ad OpenOffice, e viceversa. Per un uso normale, proprio del 99% degli utenti, la ricchezza funzionale di ambedue le applicazioni è solamente scalfita. L’unica motivazione che può far rimanere legati alla Pagina 16 di 22 proposta Microsoft è il timore di allontanarsi da uno standard consolidato. La compatibilità in lettura e scrittura garantita da OpenOffice potrebbe però essere sufficiente a far superare ogni residua perplessità e dare il via ad un fenomeno di adozione di massa della soluzione Open Source da parte delle grandi organizzazioni. Per di più l’adozione di OpenOffice non costringe alla contemporanea adozione di Linux, in quanto la versione per Windows non solo è disponibile, ma è così facile da installare e così simile ad Office da essere di rapidissimo apprendimento. Al riguardo è significativa l’esperienza della regione Extramadura, in Spagna, che ha portato alla migrazione verso OpenOffice di 80.000 posti lavoro. Altrettanto stanno facendo in Francia i ministeri della Difesa, dell’Agricoltura, degli Interni, le gendarmerie e le dogane, per un totale stimato di circa 100.000 postazioni OpenOffice. Il comune di Monaco, nella sua migrazione a Linux, ha portato circa 35.000 postazioni da Office a OpenOffice. In Italia la Sun ha concordato con la Pubblica Amministrazione l’installazione di decine di migliaia di licenze StarOffice nelle scuole, per facilitare l’alfabetizzazione informatica nelle scuole primarie. Se a questo si aggiunge ciò che si sta sperimentando negli uffici delle grandi banche e assicurazioni di tutto il mondo, dove OpenOffice si sta diffondendo a velocità crescente, possiamo dire che questo specifico contesto applicativo vedrà presto una presenza di una soluzione Open Source in quantità equivalente se non superiore alla presenza di software proprietario, ponendo fine ad un’anomalia monopolistica durata più di dieci anni. 5.3. Database Sul fronte del database possiamo distinguere due tipi di mercato. Il mercato di fascia alta, dominato da Oracle, che ha come unico competitor Sybase e, in minor misura Informix, ed il mercato di fascia bassa, dominato da Microsoft SQL Server con una parziale e residuale presenza di Informix e, in piccola parte, dalle stesse Sybase ed Oracle. L’Open Source si è presentato sul mercato della gestione dati da tanti anni, con due soluzioni. Una, denominata PostgreSql, è frutto dell’evoluzione del progetto Ingres che era nato nell’ambito dell’Università di Berkley negli anni 70. Ingres diventò poi un prodotto commerciale ma sulla base di quanto era disponibile, e sotto licenza aperta, il lavoro fu ripreso nel 1986 con il nome Postgres che, in seguito all’integrazione degli standard SQL92, diventò infine PostgreSQL. La seconda soluzione si chiama MySQL, ed è frutto del lavoro iniziato nel 1979 da Michael Widenius per conto di un cliente. Nel 1995, sull’onda della crescita di Internet, MySQL fu Pagina 17 di 22 reso disponibile sotto licenza libera e diventò rapidamente la prima scelta per applicazioni Web, grazie alle sue caratteristiche di facilità d’uso, di robustezza e di velocità. Attualmente si stima che, nel mondo, vi siano circa cinque milioni di applicazioni utilizzanti MySQL e poco meno di un milione utilizzanti PostgreSQL. SI tratta quindi di un successo straordinario, che ha permesso agli autori di MySQL di fondare un’azienda esclusivamente dedicata al supporto del proprio prodotto che conta centinaia di collaboratori. Nel frattempo altre aziende hanno deciso di cedere i sorgenti dei loro prodotti alla comunità per garantirne la sopravvivenza. Si tratta della SAP, che ha ceduto il glorioso Adabas, e della Computer Associates, attuale proprietaria di Ingres. Adabas si chiama ora MaxDB ed il suo sviluppo è gestito dalla stessa MySQL, mentre Ingres è rimasto in casa Computer Associates. In apparenza, quindi, l’offerta Open Source, per caratteristiche tecniche, fama e diffusione, sembrerebbe in grado di mettere a rischio i due leader di mercato, Oracle in fascia alta e SQL Server in fascia bassa. Di fatto, però, i database vivono in un ecosistema fatto di migliaia di applicazioni che usano uno specifico database e stabiliscono con esso una sorta di simbiosi. Il contesto applicativo “mission critical” legato ad applicazioni gestionali, di analisi dati, di analisi finanziaria, ecc. sono tutti legati o ad Oracle o a SQL Server e solo recentemente, e prevalentemente a favore di MySQL, si nota qualche apertura. Le aziende sono quindi di fatto costrette, per le proprie applicazioni mission critical, ad usare database proprietari. Una volta acquistati ed utilizzati per un’applicazione, le aziende tendono a far diventare il database scelto uno standard aziendale, in modo di sfruttare al massimo le competenze acquisite. Le prospettive per i database Open Source sono quindi, a parere di chi scrive, ancora relegate al supporto di applicazioni marginali, specie se web-based, per le quali il database ha un ruolo di commodity. Le cose potranno cambiare solo nel medio periodo come conseguenza di una sempre più vasta adozione di database open source per applicazioni gestionali “importanti”, fenomeno di cui però, al momento, non si vedono troppi esempi. 5.4. Web Nell’ambito delle applicazioni per il Web l’offerta Open Source è già da tempo dominante. Più del 60% dei web server nel mondo sono Apache (come già mostrato nella precedente Pagina 18 di 22 puntata di questo dossier). La diffusione di soluzioni open source nell’ambito della gestione della posta elettronica non è ancora equivalente a quella dei web server, ma non ne è troppo lontana. Gli applicativi gestionali per il web (portali aziendali, siti di eCommerce, ecc.) sono scritti in prevalenza utilizzando soluzioni basate su software Open Source. Tipico è l’accoppiamento del web server Apache con il database MySQL ed il linguaggio di programmazione PHP. Le applicazioni di fascia alta sono spesso basate su application server in architettura J2EE (Java per soluzioni di classe Enterprise) e fanno uso di strumenti liberamente disponibili come JBoss, Tomcat, JSP e la ricca produzione di software che sta sotto il cappello Apache/Jakarta. L’unico reale competitor all’Open Source è, manco a dirlo, la Microsoft, che con la sua piattaforma .Net ha proposto un ambiente di sviluppo di elevata qualità, flessibile e gratuito (se si usano strumenti di sviluppo free come Web Matrix). La piattaforma .Net è spesso la prima scelta anche da parte di programmatori che, in altri ambito, non utilizzano prodotti Microsoft, perché dotata di una serie di qualità che la rendono particolarmente adatta per applicazioni di taglio medio. Unico importante difetto è che .Net opera solo sotto Windows, a meno che non si vogliano usare dei prodotti Open Source come Mono che promettono di rendere eseguibile sotto Linux applicativi .Net scritti per Windows. Anche in termini di applicativi “finiti” vi è una notevole diffusione di soluzioni Open Source. Si pensi, ad esempio, ai sistemi di Content Management necessari per fare portali aziendali per cui è possibile scegliere tra prodotti PHP (Typo4), Python (Zope ed il suo derivato Plone), Java (OpenCMS e InfoGlue) e Perl (Interchange), tutti appoggiati a database open e disponibili sia per Windows, sia per Linux. Il Web e l’Open Source vanno a braccetto da sempre, e solo l’alta qualità dell’offerta Microsoft impedisce al software libero di avere il sostanziale monopolio di questo contesto. 6. Prospettive per un investore A questo punto, un investitore che si chiede se sia il caso o meno di investire su società operanti nel mondo Open Source potrebbe rimanere perplesso. In effetti il quadro è fatto Pagina 19 di 22 di luci (grandi prospettive di crescita) e di ombre (posizione attuale debole e competitors molto forti e molto liquidi). La nostra opinione è che l’investimento in un contesto Open Source può rilevarsi un buon affare, come lo è stato per gli investitori di Red Hat, di JBoss, di MySQL, di Zope e di tante altre aziende che hanno scelto questo modello di business. L’importante è che l’investitore comprenda a pieno le differenze tra questo modello di business e quelli tradizionali, che l’azienda sappia dedicarsi al servizio con la stessa passione e determinazione con cui si dedica alla produzione dell’applicativo, che la tecnologia proposta sia significativamente innovativa e che il contesto umano in cui l’azienda è calata sia di elevatissima qualità. In presenza di queste condizioni le soddisfazioni derivanti da un investimento nell’Open Source possono essere equivalenti se non superiori a quelle derivanti da un investimento in un business protetto da brevetti e copyright. Pagina 20 di 22 7. Glossario Software libero Software rilasciato sotto una licenza che garantisce all’utilizzatore un’ampia la libertà di utilizzo e di distribuzione del software stesso. Java Uno dei più diffusi linguaggi di programmazione, introdotto dalla Sun negli anni 80 ed ormai utilizzato in migliaia di progetti Open Source. Linux Sistema operativo entrato in competizione con Windows in grado di rendere operativo un computer. Benché tecnicamente Linux sia solo il cuore (kernel) del sistema, viene normalmente distribuito insieme a migliaia di altri programmi da molti ritenuti equivalenti, se non superiori, a quelli disponibili nel mondo Windows, il tutto a costi nettamente inferiori se non nulli. Linux è il frutto dell’iniziativa che l’allora diciannovenne Linus Torvald intraprese all’inizio degli anni 90. A lui si affiancarono presto migliaia di entusiasti collaboratori, con il cui aiuto si arrivò, all’incirca 10 anni dopo, ad un prodotto stabile e di elevata qualità. MTA (Mail Transfer Agent) Software dedicato esclusivamente allo smistamento della posta elettronica. I più famosi sono Exchange della Microsoft e prodotti Open Source come Postfix, Sendmail e Qmail. Web Server Strumento indispensabile per poter costruire un’applicazione web. E’ il software che risponde quando, ad esempio, dal proprio browser si clicca su un link. Il web server identifica la pagina da visualizzare, la infila sotto una testata di riconoscimento e la invia al richiedente. Pagina 21 di 22 .Net Piattaforma di sviluppo della Microsoft con la quale si possono scrivere applicazioni per Windows e per il Web condividendo parte della tecnologia (come ad esempio il linguaggio di programmazione, la tecnica di accesso ai dati, le librerie di base, ecc.) . Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/ Documento pubblicato su licenza MATE - IT RESEARCH AND CONSULTING Copyright MATE - IT RESEARCH AND CONSULTING Pagina 22 di 22